La presentazione del Rapporto povertà e risorse 2021 della Caritas della Diocesi di Faenza-Modigliana è davvero importante non solo e tanto per i dati che fornisce, ma soprattutto per le relazioni di persone che interagiscono fra loro: relazioni che, in definitiva, sono espressione di un grande cuore palpitante di empatia nei confronti delle persone incontrate. Dopo aver letto il Rapporto in me si è confermata una convinzione – che è condivisa dagli operatori della Caritas – e cioè che nella Diocesi di Faenza-Modigliana esiste per davvero un grande tesoro in umanità e in grazia. Per cui, unendomi ai protagonisti della Caritas diocesana, dell’associazione Farsi prossimo, del Policoro, della Fondazione Pro Solidarietate, mi sento di dover ringraziare il Signore che continua a compiere prodigi di bontà e di giustizia nel suo popolo con il suo popolo. Si tratta di un popolo che è impegnato in un continuo cammino che sprigiona dall’evento eucaristico, dato fondativo della sua identità e della sua prassi, della sua sinodalità. Pone in atto cose piccole e grandi allo stesso tempo, sul piano del coinvolgimento personale e comunitario.
Il grazie va, in particolare, a ciascuno dei responsabili, a cominciare da don Marco Ferrini, don Emanuele Casadio. Grazie a tutti gli operatori ai vari livelli, ai volontari, ai collaboratori, a tutti coloro che hanno donato tempo, denaro, vestiario, alimenti, cure mediche, assistenza nei dormitori, accompagnamento e sostegno psicologico e morale ma soprattutto intelligenza d’amore, un servizio generoso personalizzato. Un grazie va anche a coloro che hanno compaginato questo Rapporto, prezioso ed utile nel raccontarci le relazioni intessute anche tra credenti, uomini e donne di buona volontà. Il Rapporto mostra un notevole spessore culturale, per l’approccio documentato alle varie tematiche della povertà (un concetto che cambia col mutare del tempo), del lavoro, della casa, dell’educazione dei giovani, dell’accoglienza e dell’integrazione degli stranieri.
In questa sede mi limito a sottolineare tra i vari capitoli quello relativo alla parrocchia «che abita accanto» e che si pone in rete con altre parrocchie e con i comuni. Le Caritas parrocchiali in questi ultimi anni si sono moltiplicate notevolmente, anche grazie al generoso ed intelligente supporto di Damiano, che ha dato il meglio di sé. Ma accenno anche al sesto capitolo che ci parla di stranieri, accoglienza, integrazione dei profughi ucraini a santa Chiara (29 persone) e alla villa Bersana (24 persone), ma anche presso varie realtà parrocchiali.
A conferma della valenza della parola chiave del Rapporto, ossia la parola relazione, rimando all’esperienza dell’accoglienza dei profughi ucraini., come descritta a pagina 67: La prima fase dell’accoglienza è stata decisamente quella più delicata. L’umore era generalmente basso e poca era la voglia di ambientarsi e integrarsi…ma grazie al potere della relazione e della condivisione, gli animi si sono gradualmente alleggeriti ed è stata proprio la dimensione del gruppo ad aiutare a partire. Ciò è avvenuto nonostante le differenze culturali tra gli ospiti provenienti da parti diverse dell’Ucraina. Dopo le prime settimane c’era già più affiatamento. Fin dai primi giorni le ospiti hanno manifestato la volontà di mettersi in gioco domandando di poter lavorare. E così alcune mamme hanno accettato di diventare operaie nell’agricoltura e hanno domandato che i loro figli fossero accettati nelle scuole di Faenza. Decisiva è stata l’accoglienza delle famiglie italiane e dei vari plessi scolastici. Mi fermo qui perché ci saranno altri interventi più utili del mio nell’illustrare l’operato della Caritas. Grazie a tutti.
+ Mario Toso