[dic 01] Omelia – Prima domenica di avvento anno A

Faenza, cattedrale 1 dicembre 2019
01-12-2019

L’Avvento è l’inizio di un nuovo anno liturgico. Esso ci vuole far spalancare gli occhi sulla rivoluzione d’amore che Dio pone in atto nascendo povero tra i poveri, sulla nuova creazione che è venuto a iniziare il Figlio di Dio con la sua presenza tra gli uomini. Ecco come il profeta Isaia descrive in anticipo le conseguenze dell’azione di Dio nella storia: l’umanità diventa una grande fiumana di gente che cammina nel tempo e nello spazio verso la nuova Gerusalemme, ovvero verso la città della pace. Ad essa affluiscono tutti i popoli. Il tempo del viaggio è caratterizzato dalla costruzione di una umanità e di una vita sociale nuove: le spade sono spezzate e ne vengono fatti aratri; le lance sono forgiate in falci (cf Is 2, 1-5). Non ci si eserciterà più nell’arte della guerra. Perché le risorse della terra anziché essere impiegate per fabbricare armi saranno impiegate, potremmo dire noi oggi, a vantaggio dello sviluppo integrale dei popoli e per la protezione dell’ambiente. Questa è la meta della storia: un nuovo mondo di giustizia e di pace. Chi è garanzia dell’ascesa dei popoli verso il loro definitivo insediamento nella città della pace? La risposta si trova nella Lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 13, 11-14). È il Figlio dell’uomo. È Lui che, venendo tra di noi, comincia a far germogliare un mondo nuovo, di giustizia e di pace: il Regno di Dio. Ma noi ce ne accorgiamo? Dobbiamo destarci dal sonno, perché il giorno della sua venuta è giunto. La nostra salvezza è più vicina. Dobbiamo essere popolo nuovo, ossia Chiesa che partecipa alla nuova creazione, inaugurata da Cristo. In particolare, siamo chiamati a non perdere di vista il traguardo, il punto di arrivo di tutto, e inoltre il ritorno del Signore, la sua seconda venuta alla fine dei tempi. Bisogna essere sempre pronti, perché non ne conosciamo il giorno e l’ora!

Che significa più precisamente?

Vuol dire, forse, guardare il cielo con il naso all’insù, rimanendo inoperosi? No! Come scrive san Paolo, occorre abbandonare una vita fatta di dissipazioni, di orge e di impurità. Occorre convertirsi dentro. E, soprattutto, bisogna rivestirsi del Signore Gesù (Rm 13, 11-14). Detto altrimenti, bisogna assumere la sua vita, i suoi sentimenti, divenire Lui. Sant’Agostino, a fronte di questa prospettiva, esultava così: «Rallegriamoci non soltanto perché Dio ci ha fatti diventare cristiani, ma specialmente perché ci ha fatti diventare Cristo stesso».

Se noi siamo le membra e Cristo è il Capo, Dio ci ha fatto diventare un unico corpo, un uomo completo, noi e il Figlio, la Chiesa e Cristo. L’invito «rivestitevi di Cristo» è sollecitazione ad appropriarsi del Figlio, a divenire figli nel Figlio. Detto altrimenti, a formare il «Cristo totale». E così possiamo dimorare nella sua vita e nel suo Amore, nella sua Verità, formando quel Corpo mistico di cui Egli è il Capo.

All’inizio dell’Avvento ci viene, dunque, insegnato a proseguire in un impegno incessante, senza soluzione di continuità, di cristo- conformazione, di assimilazione al Figlio. Ciò deve avvenire crescendo come persone più spirituali, meno carnali, superando cioè le nostre vedute terrene (gnosticismo), confidando non solo sulle nostre forze (neopelagianesimo), o facendoci legge a noi stessi, bensì aprendoci a Dio, abbandonando la ricerca della nostra mera affermazione umana.

In definitiva, non possiamo prepararci alla nascita di Gesù Cristo vivendo un cristianesimo fai-da-te, dimezzato, svigorito, impoverito nel suo dinamismo evangelizzatore. Il Salvatore è atteso da ogni uomo, dal mondo, dalla Chiesa stessa, perché anch’essa ha bisogno di essere sempre redenta. C’è bisogno di missionari, di evangelizzatori entusiasti, incandescenti.

Nella Lettera pastorale di quest’anno Voi siete la luce del mondo (cf Mt 5,14) vengono scelte almeno tre vie per creare le condizioni per un’accoglienza più piena e sincera del Signore Gesù, che viene sempre, ogni giorno, nella nostra Diocesi, nelle nostre parrocchie e nelle nostre famiglie. E ciò secondo urgenze di evangelizzazione che non possiamo ignorare: la formazione degli educatori alla fede; la riorganizzazione territoriale delle parrocchie, unitamente alla ricerca di nuove opportunità e modalità di annuncio e di testimonianza di Gesù Cristo (ad es., con l’istituzione di gruppi ministeriali); l’attuazione degli Orientamenti offerti dagli Atti del Sinodo dei giovani, in vista di un progetto integrato di Pastorale giovanile per accompagnare i giovani, vicini o lontani, nel loro cammino di fede accolta, celebrata, testimoniata.

Rivestirsi di Cristo, diventare Lui: ecco il compito che non dobbiamo mai lasciare. Significa diventare missionari col Missionario per eccellenza, che è Gesù Cristo. Accogliamolo nella nostra vita. Facciamo in questa santa Messa comunione con Lui. Diventiamo Cristo Eucaristia, cibo e luce per i nostri fratelli in umanità.

+ Mario Toso