Il racconto della guarigione del cieco di Gerico, più che un miracolo è una parabola del cammino di fede di un discepolo del Signore.
Il cammino di fede nasce dall’ascolto, diviene invocazione e preghiera; c’è poi l’accoglimento di una chiamata, l’incontro personale con Gesù e infine la sequela.
Questo cammino è proposto all’uomo che si trova nella sua condizione di miseria e cecità di fronte a Dio, il quale però ha già progettato la sua salvezza. Geremia profeta ci ha descritto la visione della nuova condizione in cui si verranno a trovare il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente; erano partiti nel pianto, Dio li ha ricondotti tra le consolazioni. La presenza di Gesù il Salvatore realizza ciò che il profeta ha previsto: Il Signore ha salvato il suo popolo, un resto di Israele.
Nel percorso che anche il cieco Bartimeo compie, si inserisce decisiva l’azione della gente, di chi lo vuol far tacere nella sua invocazione, e di chi lo incoraggia.
C’è sempre qualcuno che vuol risolvere il desiderio di verità, il bisogno di luce, la ricerca dell’infinito che è in ognuno di noi soffocando ogni anelito, mettendo a tacere tutto, rispondendo con surrogati. C’è un momento in cui l’uomo, anche quello più disgraziato, rientra in se stesso e sente il bisogno di aggrapparsi a qualcuno che gli passa accanto.
A volte è Dio stesso che ci visita con la sua presenza che può essere una gioia o una croce; la voce della coscienza che ci chiama dall’interno, oppure una parola che è pronunciata anche per noi. Dio ci passa accanto, e non è mai per caso. Ma per soffocare la voce di Dio che passa sono tanti che si danno da fare: si cerca di non far sentire la sua voce aumentando il frastuono, o di risolvere la situazione nello stordimento impedendo di pensare.
‘Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me’. Per passare dall’invocazione all’accoglienza della chiamata di Gesù occorre l’aiuto della comunità. ‘E chiamarono il cieco dicendogli: Coraggio! Alzati, ti chiama!’ La comunità rende più percepibile la chiamata di Dio e incoraggia nella risposta. E’ a questo punto che mi pare si possa collocare anche il ministero del diacono.
Il servizio del diacono nella Chiesa si pone accanto a chi è povero e solo, per fare arrivare l’aiuto della comunità, come segno dell’amore del Padre. Il diacono sa che non sarà mai lui colui che potrà risolvere i problemi della gente, ma avrà sempre l’umiltà di aiutare a trovare la strada per arrivare a chi può rispondere. A volte si tratterà di coinvolgere nei modi dovuti le risorse della comunità cristiana, oppure di arrivare anche alle strutture della società civile; altre volte si dovrà accompagnare il fratello a scoprire l’amore del Signore in un incontro personale con Lui.
Mettersi in mezzo tra le necessità dell’uomo e la salvezza di Dio è il servizio che Cristo ha fatto, e che ha trasmesso alla Chiesa, e che nella Chiesa è affidato in particolare ad alcuni ministeri, perché non venga mai meno la sua realizzazione efficace.
Mettersi accanto ad un fratello, vuol dire essere disposti a fare il cammino con lui; solo così si può aiutare in modo credibile e trovare nello stesso ministero l’occasione di santificazione personale.
Il servizio del diacono va quindi vissuto incominciando dall’ascolto di Dio che passa, e si manifesta nella sua Parola e anche nel più piccolo dei fratelli. Siamo tutti ciechi bisognosi di luce per riconoscere nelle persone e negli eventi la presenza di Dio. Quando il diacono legge il Vangelo, lo legge anzitutto per sé e poi per tutti.
Dall’ascolto si arriva alla preghiera, all’invocazione di aiuto. La preghiera che il diacono è chiamato a fare soprattutto con la liturgia delle ore, in qualche caso sarà l’unica risposta efficace che si può dare, e allora non ci si dovrà rammaricare di non aver potuto fare altro. A volte Dio ci fa incontrare qualche situazione impossibile per stimolare la nostra preghiera, per ricordarci che è Lui che salva l’uomo, per farci capire che quando abbiamo fatto tutto ciò che ci è chiesto dobbiamo dire: siamo servi inutili, perché senza di Lui non possiamo fare nulla.
Dalla preghiera viene anche la forza per rispondere alla chiamate di Gesù giorno per giorno, nella fedeltà alla chiamata alla vita cristiana e al ministero nella Chiesa. E’ necessario infatti ogni giorno ripetere al Signore la nostra disponibilità, per i fratelli che incontreremo.
Per rispondere a Gesù sarà necessario anche lasciare le nostre povere sicurezze, come ha fatto Bartimeo con il suo mantello. Per il povero il mantello è tutto quello che ha per proteggersi dal freddo e dalla pioggia. Eppure viene lasciato, perché ormai non serve più quando c’è Gesù. Lui avrà una salvezza più ampia, che va alla radice del nostro male, e ci darà la luce della fede per vedere. Quando si lascia qualcosa di nostro per il Signore, si riceve cento volte tanto.
La libertà dalle cose e la fede ci faciliteranno l’incontro con Gesù stesso, in modo personale, vivo e soddisfacente. Seguire Lui infatti significa realizzare la propria vocazione personale, nel progetto che Dio ha per ciascuno.
Per fare un servizio nella Chiesa molte volte non è necessario fare cose diverse da quelle che siamo chiamati a fare per essere cristiani, cioè per seguire la via della nostra santificazione richiesta dal Battesimo; già quello serve alla comunità, ai fratelli di fede e a coloro che cercano Dio.
Quando c’è una collocazione in un ministero, in particolare in un ministero ordinato come il diaconato, questo è per coloro per i quali è stato preparato. ‘Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne’ potremmo dire in analogia a quanto è detto nella lettera agli Ebrei per il sommo sacerdote. Anche il diacono, ‘è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza’, anche se sarà poi il sacerdote ad offrire per tutti sacrifici per i peccati.
Il ministero del diacono porta l’amore di Dio anche fuori della comunità cristiana, in una testimonianza di carità che non fa preferenze di persone, e allarga i confini della Chiesa secondo la misura infinita dell’amore.
Ringraziamo allora il Signore che ci dona fratelli disponibili per il ministero del diaconato, e ringraziamo anche quanti rispondono alla chiamata, affinché nella nostra Chiesa non venga mai meno lo spirito di servizio, per portare a tutti l’amore di Cristo, speranza del mondo.
OMELIA per l’ORDINAZIONE dei DIACONI PERMANENTI
Faenza, Basilica Cattedrale 28 ottobre 2006
28-10-2006