Nella prima domenica di Avvento, che stiamo celebrando, quest’anno abbiamo la ricorrenza della trigesima della morte di don Oreste Benzi. La nostra Chiesa diocesana ha un debito di riconoscenza verso questo sacerdote, per i segni della sua opera che ha lasciato in mezzo a noi, sia con le famiglie della Comunità Papa Giovanni, sia con il dono della sua testimonianza le varie volte che ha tenuto incontri nelle nostre parrocchie.
Le due circostanze si arricchiscono a vicenda, e ci consentono per un verso di celebrare l’inizio dell’Avvento con il realismo del ricordo di un nostro fratello che ha incontrato il Signore vegliando e lavorando per Lui, e per altro verso possiamo collocare il ricordo della morte di don Oreste nella luce dell’attesa del Signore che viene.
‘Andiamo con gioia incontro al Signore’ è stato il ritornello del salmo responsoriale, e può essere anche la sintesi di questa liturgia. Andiamo con gioia, perchè il Signore ci è venuto incontro e ha facilitato il percorso; andiamo con gioia perché siamo attesi nella casa del Padre; andiamo con gioia perché la notte è avanzata e il giorno è vicino.
Ha scritto don Oreste nel commento preparato per le letture del 2 novembre, il giorno poi in cui è avvenuta la sua morte: ‘Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio. Noi lo vedremo, come dice Paolo, faccia a faccia, così come egli è’ La morte è il momento dell’abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura’.
Se questo è l’incontro definitivo con Dio nell’eternità, mentre siamo nel tempo dobbiamo vivere sapendo che il Signore viene, ed essere vigilanti.
La parola di Dio ci aiuta a vedere in modo nuovo la realtà, e ci dà la speranza di poterla in qualche modo cambiare. Così il profeta Isaia, che considera la situazione dei popoli, vede la possibilità che questi trovino in Gerusalemme la via della salvezza. Guardando la storia umana verrebbe da disperare; e anche la situazione dei nostri giorni non lascia prevedere nulla di buono. Eppure Isaia annuncia: ‘Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo’. Se non altro questo sta diventando un desiderio sincero di ogni generazione; sono sempre più coloro che vedono nella pace l’unica possibilità di convivenza tra le genti. Non è una conquista da poco, se pensiamo quale era la mentalità a questo riguardo anche da noi solo pochi decenni fa. E l’impegno di don Oreste Benzi per educare alla pace i giovani, non era la scelta di un illuso, ma di uno che vedeva con gli occhi del credente e che leggeva la storia secondo il progetto di Dio.
Ma tutta la vita dell’uomo viene illuminata in modo nuovo dalla venuta di Dio sulla terra.
‘E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina’ Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente come in pieno giorno’. Sotto gli occhi di Dio, alla scuola di Gesù Cristo nostro fratello, non possiamo che comportarci da figli di Dio. Purtroppo la tentazione degli uomini è quella di vivere come se Dio non esistesse; come al tempo di Noè, così è stato in tutti i tempi, così è anche adesso e sarà così anche quando verrà il giorno del Signore. L’uomo preso dalle cose di questo mondo non alza gli occhi al cielo, e non vede la realtà nella nuova prospettiva portata da Cristo.
Tutta l’attività di don Oreste invece è stata all’insegna della convinzione che la nostra vita non può rassegnarsi ad essere smarrita e perduta nei bassi interessi della terra, ma deve muoversi cominciando dal riconoscere in ogni persona umana la stessa dignità di Dio.
Le scelte di campo in ambito culturale, gli impegni di carità e di promozione sociale, le campagne presso gli uomini politici a sostegno dei diritti dei più piccoli e abbandonati, non si spiegano in don Oreste se non si tiene presente la sua visione dell’uomo alla luce di Dio. E’ l’uomo contemplativo, che ha fatto l’esperienza dell’amore di Dio per sé e per gli altri ad avere la forza per conseguire ciò che vede giusto. E’ stato così anche per don Oreste; diceva: per stare in piedi bisogna stare in ginocchio. E ha voluto in ogni famiglia della sua Comunità la presenza di Gesù Eucaristia, perché senza di Lui non è possibile amare con il cuore di Dio.
Dalla certezza che Dio ama tutti e non vuole che nessuno si perda viene la forza per alcune delle scelte più coraggiose nell’impegno di carità di don Oreste, come quella di formare, nell’Associazione Papa Giovanni XXIII, una Comunità di consacrati, che per grazia di Dio dedicano la propria vita agli altri, per dare una famiglia a chi non ce l’ha, per accogliere chi è stato rifiutato dalla società, per ridare speranza a chi l’aveva riposta illusoriamente nelle sostanze devastanti della droga, per riconoscere la dignità e i diritti alle minoranze mal tollerate, per liberare dalla schiavitù del mercato del proprio corpo soprattutto le donne qui venute con ben altre aspirazioni, per cercare e dare un po’ di amore agli ‘invisibili’ delle nostre città.
Si può dire che dovunque c’era un uomo sofferente, lì don Oreste voleva fare qualcosa. E quando non si poteva fare niente altro, si poteva almeno pregare, come ha fatto di fronte alla cliniche dove si pratica l’aborto, con la recita del Rosario per i bambini uccisi e per le loro mamme.
Don Oreste Benzi è stato per il nostro tempo un dono del Signore. Egli ci ha mostrato che l’attesa del Regno di Dio non è una fantasia, ma può essere tradotta in passi reali verso un mondo nuovo, reso possibile dalla presenza di Cristo nel mondo e di quanti lo vogliono seguire ascoltando la sua parola e mettendola in pratica.
‘Vegliate dunque’ ci ha detto il Signore; ‘aprite gli occhi’, ci potrebbe dire don Oreste: non fatevi ingannare; è possibile fare come Gesù ci ha insegnato, certo non da soli, ma nella fedeltà alla Chiesa, nella comunione con i fratelli di fede, con il sostegno della preghiera.
Anche noi vogliamo pregare anzitutto per la pace eterna di don Oreste, perché il Signore l’accolga accanto a Sé in mezzo ai suoi Santi.
Poi chiediamo al Signore che il seme gettato da don Oreste anche nella nostra Chiesa diocesana con le alcune famiglie della sua Comunità, e diffuso in ogni parte del mondo possa crescere e portare ancora frutto.
Questi sono segni del Regno che possono alimentare in noi la speranza nella venuta del Signore. Egli, che è già venuto nel Natale di Cristo, verrà alla fine dei tempi a giudicare i vivi e i morti, e viene ogni giorno mediante la diffusione del suo Regno in mezzo a noi.