La conclusione del Vangelo: ‘Siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare’, ci dà una prima indicazione per comprendere il valore della vita contemplativa. Infatti la gente si chiede: ‘A che cosa serve?’. Appunto, è inutile, come i servi del Vangelo, a confronto con le utilità a cui siamo abituati. Ma proprio per questo ha un valore grande, perché ci fa scoprire una dimensione nuova nella vita, quando viene spesa non per un interesse o un vantaggio, ma per donare noi stessi a Qualcuno, cioè a Dio, che amiamo perché sappiamo di essere da Lui amati.
Carissima Suor Irene, in questi anni vissuti all’Ara Crucis hai già scoperto l’amore del Signore e hai dato prova della tua fedeltà alla vita consacrata in questa Comunità. Con il gesto di oggi esprimi la tua volontà decisa di rimanere fedele al Signore, sapendo che la serenità in questo passo viene dalla convinzione che sarà Lui ad essere fedele a te.
Anche tu avrai chiesto al Signore, come gli apostoli: ‘Accresci in me la fede’; e Lui ti avrà fatto sentire che non era tanto importante la quantità della fede, quanto un rapporto confidente con Lui. In altre parole dobbiamo cercare di accendere un rapporto vero di ascolto, di fiducia e di amore con Gesù, pronti a donare tempo per la sua Parola, a stare alla sua presenza davanti all’Eucaristia, a mostrare la nostra attenzione ai fratelli e alle sorelle. L’esempio paradossale di spostare un gelso con un pizzico di fede è solo per dire che non c’è confine a ciò che possiamo ottenere con la fede, sapendo che senza di Lui non possiamo fare nulla.
È vero: la vita contemplativa è inutile, come è inutile l’amore, la bellezza e la gioia. Ma senza tutto questo la vita non ha senso, come non ha senso quando ci si accorge che tutto questo è effimero o per i nostri limiti o per un errore di impostazione.
Il dono veramente grande è la scoperta dell’amore vero, che non viene mai meno perché è quello di Dio, si scopre la bellezza che non passa perché è fatta di virtù e di armonia, e si sperimenta la gioia di aver donato qualcosa di sé per amore.
In un mondo dove si crede di poter comprare tutto con i soldi, dove tutto deve essere pagato, la dimostrazione che invece esiste la realtà della fede e del gratuito è una speranza per tutti. Con Dio questo succede.
L’enciclica Lumen fidei di Papa Francesco ci ricorda Abramo nostro padre nella fede, perché a lui Dio si manifestò come il Dio di una persona, ‘capace di entrare in contatto con l’uomo e di stabilire con lui un’alleanza. La fede è una risposta a una Persona che interpella personalmente, a un Tu che ci chiama per nome’ (n. 8).
Anche tu, Suor Irene, fosti chiamata da Dio per nome fin dal Battesimo e ancora sei chiamata per nome oggi nella tua donazione totale a Lui; come Abramo anche tu sei stata chiamata ad uscire dalla tua terra, ma soprattutto sei chiamata ad uscire da te stessa, per essere creatura nuova.
‘La fede, afferma ancora Lumen fidei, non solo guarda Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere’ (n. 18). San Paolo ci ha ricordato che questo non è facile, ma con l’aiuto di Dio è possibile: ‘Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto’.
Già nel battesimo tutti noi siamo diventati nuove creature, chiamati a diventare santi secondo una misura alta della vita cristiana; con l’adesione volontaria ad una vita di speciale consacrazione il cristiano sceglie di seguire totalmente Cristo sposo nella via della povertà, castità e obbedienza. Viene da Lui la grazia per vivere nella fedeltà la nostra risposta, tramite la mediazione della Chiesa, di cui l’Ordine domenicano è una realizzazione.
San Paolo ha esortato, ‘per la misericordia di Dio, a offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il nostro culto spirituale’. È l’invito ad offrire tutto noi stessi, compreso il nostro corpo, con il quale entriamo in relazione con gli altri ed è lo strumento per fare il bene o fare il male. Tutto di noi deve essere offerto come un sacrificio vivo e santo, gradito a Dio, senza difetti e senza macchia.
L’offerta in sacrificio a Dio gradito rimanda direttamente all’Eucaristia e all’esercizio del sacerdozio dei fedeli, i quali, come afferma il Concilio, ‘ concorrono all’offerta dell’Eucaristia e esercitano (il sacerdozio) col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, coll’abnegazione e l’operosa carità’ (LG,10).
Con la professione solenne nella famiglia domenicana dell’Ara Crucis
Oggi tutta
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