In questa IV domenica di Avvento e ad anno straordinario del Giubileo della Misericordia iniziato, caro don Mirko Santandrea, prendi possesso della parrocchia di san Pietro in Fognano, ma anche delle comunità di Santa Maria in Poggiale, di santo Stefano in Casale, di san Cassiano e san Giovanni Battista in Ottavo. Giungi a questa tappa della tua vita sacerdotale dopo esserti dedicato, come vicerettore del Seminario regionale in Bologna, alla formazione di nuovi presbiteri. La Diocesi di Faenza-Modigliana ha così contribuito fattivamente ad un’istituzione indispensabile per preparare gli annunciatori del Vangelo nella Romagna, ove scarseggiano in maniera preoccupante.
Quanto tu ora farai sarà esattamente quello di continuare ad edificare, con l’aiuto del Signore, la porzione di Chiesa che vive ed opera in un ampio territorio ove i presbiteri si sono significativamente ridotti e da dove molti giovani, in cerca di condizioni più favorevoli di lavoro, se ne sono andati. L’emoraggia di forze giovani è congiunta alla carenza di adulti che si facciano carico di loro, accompagnandoli nel loro graduale inserimento nell’economia e nella società.
E così, una tardiva o mancata cooptazione, l’assenza di guide, assieme ad un ambiente culturale generale improntato al materialismo e al consumismo, avaro di prospettive di trascendenza, rendono i giovani particolarmente esposti alla deresponsabilizzazione, al non senso, all’edonismo, ed anche, purtroppo, alla droga.
La nostra società, l’economia e le comunità ecclesiali non possono permettersi il lusso di perdere i giovani, di lasciarli a se stessi, senza reali opportunità di impegno e di crescita in umanità e nella fede. Sarebbe resa vana la salvezza di Cristo. Ma verrebbe anche pregiudicato il futuro delle nostre parrocchie, delle associazioni e dei movimenti. I giovani, se responsabilizzati ed educati sanno rispondere con generosità ed entusiasmo. Occorre avere fiducia in loro. Solo così essi potranno dare il meglio di sé ed essere, come soleva ripetere Giorgio la Pira, il sindaco «santo» della città di Firenze, le rondini che annunciano una nuova primavera.
Caro don Mirko, la Chiesa ha bisogno, oltre che di nuovi santi presbiteri, anche di fedeli laici che sappiano essere nella comunità cristiana i protagonisti della sua costruzione in senso comunitario e missionario, secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II del quale stiamo celebrando il cinquantesimo anniversario con il Giubileo straordinario. Ma non basta. Come dice papa Francesco nell’ Evangelii Gaudium (=EG) , in un contesto di marcata sfiducia nei confronti del messaggio della Chiesa e un certo disincanto, occorre aiutare i vari operatori pastorali a vincere quella sorta di inferiorità che li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni. Ed, inoltre, va contrastata la più grande minaccia che è il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità. Si sviluppa la psicologia della tomba, che a poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo (cf EG n. 83).
Altri rischi, che vanno contrastati con determinazione ed intelligenza, sono quelli della mondanità spirituale e della estraneazione dalla vita sociale e politica. La mondanità spirituale consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. Può toccare tutti i credenti, compresi i presbiteri. Si tratta di un modo sottile di cercare i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo. Tra le espressioni della mondanità spirituale, presso alcuni fedeli laici impegnati nella comunità, può esserci la pretesa di «dominare lo spazio della Chiesa» (cf EG n. 95).
Detto diversamente, può emergere la voglia di farsi gruppo a sé stante, di pochi intimi, con l’obiettivo di imporre la propria esperienza spirituale e il proprio iter formativo a tutti gli altri, sganciandosi anche dal costante riferimento ai responsabili delle comunità parrocchiali e al vescovo.
Per quanto concerne l’estraneazione rispetto al sociale e alla politica, ecco quanto scrive papa Francesco: «Anche se si nota una maggior partecipazione di molti ai ministeri laicali, questo impegno non si riflette nella penetrazione dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico. Si limita molte volte a compiti intraecclesiali senza un reale impegno per l’applicazione del Vangelo alla trasformazione della società. La formazione dei laici e l’evangelizzazione delle categorie professionali e intellettuali rappresentano un’importante sfida pastorale» (EG n. 102).
Sono molte le esigenze delle nostre comunità, che si edificano sul fondamento della Parola di Dio, sull’Eucaristia e sugli altri sacramenti. Sono diverse le categorie di persone alle quali un parroco deve andare e far sentire la sua vicinanza di pastore, maestro e guida: bambini, ragazzi, giovani, professionisti, lavoratori, industriali, persone della cooperazione, amministratori della cosa pubblica, maestri, anziani, ammalati, divorziati. Il lavoro pastorale non ti mancherà. Non sarai certamente disoccupato. Ci può essere, piuttosto, il rischio dello stress. Ma quando gli impegni sono assunti con passione l’usura del proprio cuore e della propria mente è minore.
Consapevole delle molteplici comunità e categorie di persone che accompagnerai e guiderai, non desisto, tuttavia, dall’affidarti, in solido con gli altri confratelli parroci e presbiteri del territorio, l’incarico di coltivare e di accompagnare i giovani verso la montagna che è Gesù Cristo, per renderli capaci di annuncio e di testimonianza credibile anche presso i loro coetanei. È noto che molti giovani si allontanano dalle loro comunità ecclesiali perché non trovano risposte alle loro inquietudini o alle loro richieste. Occorre parlare con loro nel linguaggio che essi comprendono. Si deve riconoscere che, nell’attuale contesto di crisi dell’impegno e dei legami comunitari, sono molti i giovani che offrono il loro aiuto solidale di fronte ai mali del mondo e intraprendono varie forme di militanza e di volontariato. Alcuni partecipano, in vario modo, alla vita della Chiesa, ma sono troppo pochi. Devono, poi, essere di più quelli che donano al Signore se stessi nel sacerdozio o nella vita consacrata. È specialmente preso i giovani che devono trovare maggior ospitalità la forza e lo slancio missionario. Tu, come il parroco don Stefano Vecchi che ti ha preceduto e che ringraziamo per il suo prezioso servizio pastorale, non ne sei sprovvisto. Non perderli. Maria, Madre della Misericordia, ti assista e ti accompagni nel far vivere a tutti, piccini e grandi, la grazia speciale del Giubileo che abbiamo appena iniziato.