«Dai loro frutti li riconoscerete» (cf Mt 7, 15-20). Il brano del Vangelo proclamato in questa sera in cui ricordiamo san Josemaría Escrivá ci porta a pensare che una persona, ma anche un credente, rivela il proprio essere morale mediante le opere. L’Opus Dei fondata da Mons. Escrivá ci consente di comprendere la sua mens, il suo progetto, la sua visione di Chiesa. In un contesto ecclesiale e sociale in cui spesso si invita la comunità cristiana ad essere accogliente e povera, a spogliarsi di ciò che può essere di ostacolo all’annuncio del Vangelo, alcuni laicisti, ma non solo, pensano che tutto questo lo si debba realizzare trascurando le proprie istituzioni culturali, lasciando che le scuole paritarie siano tassate perché rappresenterebbero un privilegio, non coltivando i movimenti sociali di ispirazione cristiana perché sarebbero realtà arcaiche e superate, quasi che sia sufficiente suscitare nelle persone la fede in Gesù Cristo o accendere le candele in chiesa per educare cristianamente. Che dire? Sicuramente è prioritario e prima opera della carità annunciare il Vangelo, far coltivare la fiducia in Gesù Cristo, innamorare di Lui. Ma, poi, occorre che la fede sia approfondita, pensata, incarnata nella vita quotidiana ed anche nelle istituzioni pubbliche. In una società fluida, ove tutto è frammentato e disarticolato, e la vita è chiamata a salvarsi dalla tirannia dell’effimero, servono, invece, punti di riferimento chiari, nuove istituzioni capaci di elaborare una nuova cultura, capaci di irradiare nuovi umanesimi. Senza una società civile vitale ed eticamente strutturata è inutile sperare in una politica a servizio del bene comune.
Non si può pensare di incidere nell’ethos sociale odierno senza disporre di un tessuto relazionale rigenerato, di istituzioni culturali all’altezza delle sfide, capaci di smantellare i «miti» della modernità, gli idoli del denaro, del consumismo materialistico e della tecnocrazia, per proporre un nuovo modello di sviluppo integrale, inclusivo.
San Josemaría Escrivá conosceva molto bene il suo tempo, l’indebolimento della cultura cristiana e l’avanzare dello scetticismo, nonché dell’individualismo libertario. Proprio per questo non esitò a suscitare, con l’Opus Dei già menzionata, anche la Società sacerdotale della Santa Croce. Il suo obiettivo era quello di offrire una solida formazione dottrinale, ascetica e apostolica ai laici e ai sacerdoti. Detto altrimenti, egli è pervenuto per tempo alle conclusioni a cui stiamo giungendo nei nostri territori, divenuti inequivocabilmente terra di missione, ove è cresciuto un certo analfabetismo religioso e ove stanno diminuendo vistosamente i sacerdoti.
Una nuova rinascita del cristianesimo appare possibile solo investendo nuove energie sul piano dell’impegno vocazionale, rispetto a nuove generazioni di laici e di sacerdoti e, inoltre, sul piano di una solida formazione intellettuale e spirituale. Ecco alcune «opere» essenziali che dobbiamo mettere in cantiere, senza indugio, sostenendo la cultura cattolica e le istituzioni che la promuovono, pensando di collaborare all’organizzazione di nuovi movimenti rigeneratori della civiltà e della politica. Ecco i «frutti» dai quali saremo riconosciuti e grazie ai quali potremo ripensare quell’evangelizzazione di cui il nostro territorio ha un estremo bisogno. Preghiamo in questa Eucaristia san Josemaría Escrivá perché ci aiuti a capire le urgenze del nostro tempo e della nostra Chiesa e a mobilitarci senza ritardi, per costruire nel nostro territorio una nuova storia, inabitata dalla trascendenza. Percorriamo cammini d’azione e d’Amore. Viviamo, giorno dopo giorno, in unione filiale con Dio, facendoci cibo per i nostri fratelli, mostrando vitalità nella comunione ecclesiale.