SANTA CHIARA
Faenza, Convento di santa Chiara, 11 agosto 2015.
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La scelta di Cristo
Chiara, rinuncia a nobiltà e ricchezza, per vivere umile e povera, per essere tutta di Cristo. Questa sua scelta è frutto di molte concause. Essa, però, per essere ben compresa, va letta in particolare, come suggerisce nella prima Lettura il profeta Osèa, in termini nuziali. Proprio nella sua giovinezza, allorché si è chiamati a decidere o a confermare l’orientamento della vita, sente di essere irresistibilmente attratta dal suo Signore. Si verifica per Chiara ciò che è avvenuto e avviene per l’umanità, per la Chiesa: Dio in Gesù è innamorato di noi ed esercita, in mille modi, una forma di seduzione pervasiva ed avvolgente, finché non ci si innamora di Lui, non ci arrendiamo a Lui, come accadde per i profeti (cf ad es. Ger 20,7-9). E, così, si avvera per Chiara quanto è stato profetizzato da Osèa: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore» (2, 16b.17b.21-22).
Dio ci chiama ad essere suoi, vivendo della sua tenerezza, della sua fedeltà. Non siamo noi a sceglierlo per primi. Egli ci ha pensati, voluti, creati per l’amore con Lui, per essere e vivere nella giustizia e nel diritto, per rispondere al suo amore con amore, ed essere suoi sposi per sempre.
Dio pensa un’umanità in piena comunione con Lui, sostenuta ed alimentata dalla sua Vita di Amore e di Dono, perché possa godere della sua pienezza e della sua felicità.
A 18 anni, con un gesto audace, con la spregiudicatezza di chi è invaghito della vita ed è attratto dalla sua sorgente incontaminata e altissima, Chiara lascia la casa paterna. Raggiunge segretamente altri giovani, i frati minori di Francesco, presso la piccola chiesa della Porziuncola. Là, la domenica delle Palme del 1211, l’attendono fratelli innamorati di Dio, che per Lui avevano abbandonato tutto e si erano consacrati ad annunciare la bellezza del suo amore, vivendo la spogliazione di Cristo, fattosi umanità, tutto a tutti.
Francesco tagliò i capelli a Chiara che indossò un rozzo abito penitenziale. Era un gesto chiaramente simbolico: da quel momento Chiara era diventata la sposa di Cristo, umile e povero. Tutta per Cristo, solo per Lui e la sua Chiesa, per l’umanità, con cuore indiviso, con uno stile di vita segno dell’abbandono totale a Lui, alla sua Provvidenza.
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La fecondità del suo esempio
Nella Vita di santa Chiara, attribuita a Tommaso da Celano, si racconta del contagio provocato dall’esempio di Chiara, con la sua decisione, con il suo proposito di essere, assieme ad altre compagne di viaggio, comunità nuova sul monte, luce per il mondo: una comunità che viveva non nella separatezza, nella chiusura al mondo e alla Chiesa. Era, infatti, comunità che viveva nella Chiesa, per essere di, in e per Cristo in maniera emblematica ed eroica; era comunione di credenti, che viveva dei doni materiali e dell’affetto degli altri credenti: questi ne erano beneficati con lo splendore e l’attrazione di un’esistenza che si mostrava più conforme a quella di Cristo, traendone energia e capacità di dono nel proprio stato di vita.
L’esempio di Chiara, delle altre sorelle minori, come già accennato, provoca in Italia e in Europa una forte emulazione, che si spande a macchia d’olio, specie tra i giovani, coppie di sposi, nobili, regine ed eredi al trono. Molti di essi desiderano essere testimoni di una mistica sponsale e fare di Cristo il loro amore più grande. Ecco quanto si può leggere nella Vita di santa Chiara: «Sul suo esempio si affrettano le vergini a conservarsi come sono per Cristo; le donne sposate stabiliscono di vivere in modo più casto; le nobili e aristocratiche, disprezzati i grandi palazzi, si costruiscono stretti monasteri e considerano grande gloria vivere per Cristo in cenere e cilicio. Ed anche l’impeto dei giovani è sospinto verso battaglie immacolate ed è provocato al disprezzo dei piaceri della carne dai forti esempi del sesso debole. Molti coniugi, infine, scelgono di mutuo accordo la continenza: i mariti entrano in ordini religiosi, le mogli in monasteri. La madre invita la figlia e la figlia invita la madre a seguire Cristo, la sorella attrae le sorelle e la zia le nipoti. Tutte desiderano servire Cristo con lo stesso fervore» (cf MARCO BARTOLI, Chiara. Una donna tra silenzio e memoria, Edizioni san Paolo, Milano 2001, pp. 167-168).
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Il nostro impegno oggi
Leggendo la vita di santa Chiara e di san Francesco, si scorge che la loro vita di totale consacrazione a Cristo si traduce nell’impegno di rendere più giovane e bella la Chiesa, ricostruendola là ove è cadente. Non va dimenticato, infatti, che Francesco si convertì più convintamente all’amore di Cristo e al servizio della Chiesa di fronte al Crocifisso di san Damiano, una chiesetta diroccata. Mentre era in ginocchio davanti alla Croce una voce gli fece udire: «Francesco, va’ e ripara la mia casa che vedi tutta distrutta». Francesco, i suoi frati minori e le sorelle minori di Chiara, si sentivano impegnati non solo a ricostruire le chiese fatte di pietre materiali, ma specialmente la chiesa costruita con pietre spirituali.
Questi semplici cenni storici su Chiara e su Francesco d’Assisi, maestro di fede, amico spirituale della santa, ci fanno riflettere sulla novità di vita che portarono nella Chiesa del loro tempo. Abbiamo noi oggi altri san Francesco o altre santa Chiara che provocano nella Chiesa un movimento di rinascita e di consacrazione a Cristo? Riusciamo noi ad accompagnare i nostri giovani nel rispondere al fascino che Dio esercita su di loro, sino ad innamorarli di Lui?
In una società che tiene i giovani in panchina – molti né studiano né lavorano – oppure addirittura li scarta o li abbandona ad esperienze pericolose come quelle delle discoteche insicure; in una società in cui i giovani sono sollecitati a vivere né come padri né come madri, né come vergini, siamo noi figure carismatiche e profetiche come Chiara e Francesco, capaci di mostrare la bellezza dell’amore di Cristo e del donarsi a Lui totalmente? Impegniamo i giovani nel rinnovare o nel ricostruire la Chiesa? Riconosciamo che, anche noi, nella nostra Diocesi, senza ignorare il bene che si compie e i giovani che con entusiasmo si donano al Signore, abbiamo non solo l’urgenza di riparare i tetti delle chiese, di vendere proprietà per pagare i debiti, ma anche di ricostruire un tessuto comunitario e culturale che si sta sfilacciando e impoverendo: per scarsità di nascite, per calo di vocazioni sia religiose che laicali, per diminuzione di scuole e istituzioni cattoliche, per associazioni ed organizzazioni che perdono di vista la propria identità e funzione in linea con l’ispirazione cristiana, per mancanza di visione, di sguardo verso il futuro? Non abbiamo la necessità di convertirci pastoralmente, pedagogicamente, spiritualmente, come sollecita a fare papa Francesco? Per ritrovare la dolcezza e la pace incredibile dell’essere totalmente di Cristo, per ritrovare slancio missionario e desiderio di essere portatori della sua gioia, guardiamo a santa Chiara, ma anche a santa Umiltà, che le somiglia molto e che è co-patrona della nostra città. Sono i santi che ci aiutano a cambiare la Chiesa e il mondo in meglio, li trasformano in modo duraturo, immettendo le energie che solo l’amore ispirato dal Vangelo può suscitare. I santi sono i nostri grandi benefattori, le nostre guide nel forgiare progetti di rinnovamento spirituale e culturale! Essi sono per noi fonte di gioia e di speranza. Preghiamoli. Chiediamo che ci portino a Gesù!
Nella Solennità di S. Chiara rendiamo grazie al Signore per il dono delle Sorelle Clarisse che continuano la speciale missione dell’umile pianticella di S. Francesco a favore dell’umanità intera. Siano esse fedeli a quello stile di vita che le contraddistingue quali «pellegrine e forestiere in questo mondo»: lo siano con tutte le creature del mondo, come sollecita a fare la lettera enciclica Laudato sì’ di papa Francesco.
+ Mario Toso, vescovo