Maria, Madre di Dio, è qui venerata come Madonna delle Grazie, come anche a Faenza, perché protegge il popolo di Dio dalle calamità, dalle guerre, dalla peste, dalla fame, dai terremoti, dai mali fisici e spirituali. Ma la grazia più grande a noi elargita è certamente suo Figlio generato per l’umanità come Salvatore.
Riuniti attorno a Lei dobbiamo esserle riconoscenti soprattutto per questo. Grazie al suo sì il Verbo si è fatto carne, Dio ha assunto la nostra condizione umana. È divenuto uno di noi, siamo suoi. Non siamo terra abbandonata, bensì sposata, persone abitate da Lui. Egli è con noi, cammina, soffre con noi, ci aiuta a portare le nostre croci, e ad essere offerta gradita al Padre.
Domenica scorsa il Vangelo di Luca ci ha presentato tre condizioni per essere veri discepoli del Cristo. Si può dire che esse si riassumono in una sola: è autentico discepolo colui che sa amare Gesù più di ogni cosa, dei propri parenti, degli amici, di tutti i beni, e questo sino all’ultimo, non a metà.
Maria è fonte di grazia per noi anche perché con la sua vita ci ha insegnato ad amare Dio sopra ogni cosa. Lei è la discepola per eccellenza. Ricordiamo le parole di Gesù a proposito di sua Madre. Alla donna che gli diceva: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato», Gesù rispose: «Beati, piuttosto, coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano» (Lc 11, 27-28). Con simili parole Gesù non intendeva sminuire sua Madre. Al contrario, la onorava e la poneva sul gradino più alto. Infatti, secondo Lui, è beato e può portare in sé Dio non chi ha nobili natali o possiede beni su questa terra, bensì chi ascolta la sua Parola e la mette in pratica. Gesù, in altri termini, spiegava alla donna che più che lodare il grembo e il seno di sua Madre bisognava, piuttosto, benedirla perché era stata docile alla Parola sino a darle un corpo, a generarla in sé. Maria di Nazareth, infatti, come ebbe a scrivere sant’Agostino, prima di concepire il Figlio di Dio nel suo grembo l’accolse nella sua mente. La Madonna generò Gesù Cristo nel mondo, per il mondo, perché seppe prima dire di sì, amandolo con tutto se stessa, offrendo se stessa come casa.
I veri discepoli amano Dio con tutto il cuore, sopra ogni cosa. In questa maniera diventano capaci di generarlo negli altri, vivendolo prima in sé, mostrandolo con la loro vita, imprestandogli le mani, come seppe fare anche santa Teresa di Calcutta, recentemente canonizzata. Questo è il compito dei credenti, sull’esempio della Madre di Gesù: essere evangelizzatori, ossia missionari che generano figli di Dio; sentire questa vocazione come propria. La festa di Maria, Madre delle grazie, ci ricorda, dunque, la nostra vocazione, che è quella, proprio come Chiesa, di generare figli per Dio. La Chiesa che diventa incapace di generare alla fede nuovi figli mostra sterilità, vecchiaia spirituale. Domandiamo a Maria la grazia di essere credenti capaci di ascoltare la Parola di Dio e di essere, quindi, generativi nella comunità cristiana. La Chiesa diventa più giovane quando è capace di generare più figli. Diventa più giovane quanto più diventa madre.
Nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium (=EG) papa Francesco ha indicato la strada per diventare comunità giovane non tanto anagraficamente quanto, piuttosto, spiritualmente, apostolicamente. Proprio per questo la nostra Chiesa di Faenza-Modigliana, in questo nuovo anno pastorale, come le altre diocesi d’Italia, sarà impegnata, con tutte le sue componenti, ad approfondire e a recepire l’EG. In vista di ciò è stato predisposto, anche perché richiesto dal consiglio pastorale diocesano, un sussidio, composto da schede, che verranno presentate a breve e fatte pervenire a tutti gli animatori e catechisti. Al fine di diventare Chiesa sempre più capace di evangelizzare, in un contesto secolarizzato e ove cresce l’analfabetismo religioso specie tra i giovani, papa Francesco ci domanda una quadruplice conversione: sul piano religioso, pastorale, pedagogico e del discernimento. E, cioè, un cambio nei rapporti con Gesù Cristo, facendogli più spazio nella nostra vita, dimorando in Lui, sentendoci suoi, non riponendolo in un angolo; un cambio nell’evangelizzazione, che da semplice azione di conservazione dell’esistente deve divenire più decisamente missionaria, di modo che non si abbia paura di essere e di dirsi cristiani, ma sia moltiplicato l’impegno nel cercare i lontani, nel portare Cristo a tutti, nel riformare le strutture, le associazioni, i movimenti, affinché tornino all’ispirazione originaria; un cambio nell’educazione alla fede, formando gli operatori a superare una sorta di complesso di inferiorità, che conduce a relativizzare o a occultare la loro identità cristiana, ad agire come se non ci si dovesse relazionare, all’interno della comunità, con le altre componenti, ad impadronirsi di settori nella Chiesa. Urge formare, dice papa Francesco, un laicato non introverso, bensì capace di far penetrare i valori cristiani nel mondo sociale, giuridico, economico, politico e culturale; un cambio nel leggere la storia, le leggi, la politica e l’economia alla luce del Vangelo, ossia non dimenticando che il punto di riferimento per noi imprescindibile è Gesù e il suo insegnamento.
Ecco le conversioni che siamo chiamati a compiere tutti insieme, per essere creativi e propositivi. Portando Maria, Madre delle grazie, in processione per le vie della nostra città, preghiamola per essere, come Lei, vitali, costruttori di una nuova umanità, perché docili alla Parola di Dio.