OMELIA per il I ANNIVERSARIO della morte di Mons. MARIO BABINI

Faenza, Basilica Cattedrale 15 ottobre 2009
16-10-2009


Ricordare don Mario ad un anno dalla morte resta per noi un impegno di suffragio per la sua anima, che adempiamo con l’Eucaristia che stiamo celebrando, in questa chiesa cattedrale che fu il luogo principale del suo ministero, fintanto che la salute glielo ha consentito. Qui celebrava la Messa e predicava, qui confessava e guidava le anime nella vita spirituale, anche se il suo ministero per la verità si è svolto anche in altri luoghi, compresa casa sua.


Insieme alla preghiera di suffragio riconoscente e doverosa, dobbiamo impegnarci a fare tesoro di quanto il Signore attraverso di lui ha detto alla nostra Chiesa, con la sua testimonianza viva e anche con gli scritti che ha lasciato.


Ci si può fare un’idea della preziosità del suo messaggio dagli scritti riportati nel cartoncino che la famiglia ha preparato per questo anniversario. La forma della preghiera rivolta direttamente a Dio, dice la confidenza con cui egli sapeva esprimere nella fede i sentimenti più delicati e le riflessioni più profonde sulla vita e sulla morte, sulla vocazione e il suo ministero, sui familiari e su coloro che ha incontrato nella sua vita.


Don Mario non ha lasciato un testamento spirituale. Lo afferma lui stesso in calce ad un breve appunto in data 11 febbraio 2004: ‘Queste righe sono per quelli che mi hanno chiesto con insistenza un testamento spirituale. Non mi è ancora venuta l’ispirazione: lascio perciò queste poche parole’.


Per supplire a questa lacuna, si è pensato di pubblicare alcuni testi, che rendono con molta efficacia il suo mettersi di fronte alla morte, con grande fiducia nella misericordia del Padre, e con uno sguardo pieno di gratitudine sulla propria vita.


Il testo più efficace è indubbiamente il primo: ‘Ecco, io vengo’. Ma preferisco fare ora una breve riflessione sull’ultimo, proprio per il carattere di testamento che di fatto assume.


In questo scritto colpisce subito il riferimento esplicito alla SS.ma Trinità. Non è infatti consueto nelle nostre preghiere rivolgersi al Dio Trino della rivelazione cristiana. In questo testo si avverte il modo spontaneo di don Mario di tenere presente uno dei misteri principali della nostra fede. Il testo si conclude con una dossologia perfetta: ‘Gloria al Padre, per mezzo del Figlio, nella grazia dello Spirito Santo, con Maria e in Maria. Amen’. Le tre Persone della SS.ma Trinità non sono soltanto accostate alla pari, come normalmente si fa, ma vengono ricordate nella relazione che intercorre tra di loro e nella missione dell’opera salvifica.


Tutto ritorna al Padre: la proclamazione della gloria, il cammino della vita, l’essere accolto sulla soglia della casa del Cielo. Questo viene manifestato con una tenerezza filiale che si esprime con immediatezza: ‘Fin da giovane, o Signore, ho riposto in te la mia speranza, per il dono della fede accolto dal cuore di Mamma e Babbo’. Il cuore di Mamma e Babbo, (entrambe le parole sono scritte con la lettera maiuscola quasi a riconoscere l’origine divina del ruolo da essi svolto), richiama direttamente il cuore di Dio: ‘Oh Dio Amore, Trinità santa, che adoro, che amo, in cui mi immergo, possa per sempre inebriarmi in Te nella Città dei Santi’.


Don Mario si è messo alla presenza di Dio, e a Lui si rivolge esprimendo ciò che il pensiero della vita che volge al termine gli suggerisce. Non emerge nessuna paura, nessun rammarico per il passato, nessun rimpianto per ciò che dovrà essere abbandonato. Ciò che fiorisce in questa breve riflessione è solo amore, fiducia, serenità, speranza. ‘Ora sono avanti negli anni e il vigore si avvia al declino: non lasciarmi da solo, o Signore, ma continua a tenermi per mano’. Come non riconoscere in questa breve invocazione l’eco di quella dei discepoli di Emmaus rivolta a Gesù che aveva camminato con loro: ‘Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto’ (Lc 24,29)?


La fiducia con cui viene chiesta questa vicinanza nel momento ultimo è fondata sull’esperienza di tutta la vita: ‘Tu per mano, mi hai preso e mi hai guidato: spero dalla tua bontà di essere accolto insieme ai fratelli e alle sorelle, che mi hai fatto dono di incontrare nella mia lunga vita su questa terra e a tutti gli uomini tuoi figli’.


Si manifesta qui un’altra delle caratteristiche di don Mario: non dimenticare mai nessuno, né coloro che ha conosciuto, né coloro che solo Dio conosce. Pensa agli altri istintivamente e li affida alla bontà del Padre, tutti indistintamente. Direbbe S. Paolo: ‘Forse Dio è Dio soltanto dei Giudei? Non lo è anche delle genti? Certo, anche delle genti! Perché unico è Dio’.


‘Oh Padre, tu sei l’orizzonte ultimo del mio pellegrinaggio verso la Casa, dove Tu sulla soglia mi attendi’. Anche qui una risonanza evangelica evidente, della parabola del Padre misericordioso che attende il figlio prodigo, che ritorna a casa.


Tutto il cammino della vita e del perdono verso il Padre che è nei cieli ha un protagonista che l’ha ottenuto con la sua vita morte e risurrezione. ‘È Gesù, il Figlio tuo fatto uomo, che col dono dello Spirito mi porta a Te, dopo averci dato, in un gesto infinito di amore, la Mamma sua, come Mamma di tutti noi peccatori’. ‘Mi porta a Te, dopo averci dato’: una sgrammaticatura che salva però la verità della salvezza personale, nella comunione della Chiesa, di cui la Vergine Maria è Madre.


Lo Spirito Santo, dopo essere stato ricordato nella sua opera santificatrice, è invocato anche come Dio Amore, nell’intimità della Trinità santa.


Infine il ricordo di Maria, la Mamma affidata a noi da Cristo sulla croce, che svolge la sua intercessione materna insieme alla mediazione del Signore Gesù. ‘Con Maria e in Maria’: il ricordo della Madre secondo l’ordine della grazia è fatto con sobria precisione teologica, e ugualmente con grande affetto.


‘Non mi è venuta ancora l’ispirazione’. Possiamo davvero riconoscere la modestia con cui don Mario ci ha lasciato questi spunti. In essi la vita nel tempo e nell’eternità è presentata come un dono che nasce, cresce e cammina nell’amore per riposare nel grembo della SS.ma Trinità, con Maria nella Città dei Santi.


Il brano è firmato: ‘Mario Babini, prete diocesano’. Può essere una cosa ovvia, ma l’averlo scritto è segno che non lo è, nel senso che don Mario ha voluto mettere in evidenza il suo rapporto con la Chiesa diocesana in quanto presbitero. Chiesa che ha amato e servito nella sua ricchezza e nella sua povertà, ma sempre con affetto perché è nostra madre.


È bello inoltre notare che il giorno precedente la sua morte si celebrava la festa dell’anniversario della dedicazione della Chiesa cattedrale, cioè la festa della Chiesa diocesana.


Nel brano del Vangelo di Luca Gesù ha rimproverato coloro che uccidono i profeti e coloro che non li ascoltano: ‘Avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito’. Il Signore in tutti i tempi diffonde i messaggeri del suo amore. Tocca a noi accoglierli e ascoltarli, e lasciarli parlare per tutti coloro che desiderano entrare in rapporto con Dio. Anche noi possiamo ripetere con don Mario: ‘Aumenta la nostra sete di conoscerti; acuisci il desiderio di incontrarti’.