La Parola di Dio di questa domenica XXIX del Tempo Ordinario aiuta gli sportivi a vivere il loro Giubileo in una maniera meravigliosa.
La prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo ( Es 17, 8-13), ci narra di come Mosè, tenendo alzate le braccia, in atteggiamento di preghiera, aiutò Giosuè a sconfiggere Amalèk, che l’aveva attaccato. Quando Mosè lasciava cadere le braccia, e cioè non pregava, prevaleva Amalèk. La lettura ci fa capire che per sbaragliare i nemici di tutti i tipi, non solo quelli con l’esercito, occorre pregare senza sosta. Se non si prega si fa fatica a sconfiggere il male, il peccato, l’egoismo, la violenza, la voglia di barare per vincere. Chi prega vince le tentazioni, specie la pazzia di buttare via la propria vita, volendo assumere sostanze dopanti o addirittura provando la vertigine, frequentando falsi amici che spingono a perdere la felicità rovesciandoti dentro al cuore solo spazzatura e basse morbosità.
Come Mosè, cari giovani, bisogna saper pregare senza stancarsi mai. Occorre allenarsi nello spirito come fanno i grandi campioni che per vincere si sottopongono a fatiche diuturne. Chi prega entra nel mondo di Dio e viene inondato di luce e di gioia. Chi non prega è troppo solo. Corre il rischio del vuoto interiore, di diventare schiavo delle sensazioni passeggere, di essere rassegnato di fronte alle sconfitte.
Nella seconda lettura, tratta dalla seconda Lettera di san Paolo a Timoteo (2 m 3,14-4,2) si viene a rispondere ad una domanda importante che ogni giovane prima o poi si pone. La domanda è: io che sono anche sportivo sono prima di tutto cristiano -, desidero essere un giovane o un uomo completo, ben preparato nella vita, per fare il bene? La risposta è: per esserlo devi fare due cose. La prima: conoscere, fin da piccolo, la Parola di Dio, la Sacra Scrittura, non solo leggendola, ma cercando di incontrare, mediante essa, Gesù, diventandone amico. La Sacra Scrittura va letta per arrivare a Gesù, per conoscerlo, sperimentandone l’amicizia, parlandogli, innamorandosi in certo modo di Lui, ritenendoLo la persona più importante della propria vita. La seconda è: annunciare Gesù agli amici. Ma non solo. Farlo conoscere ed amare. Come tu hai avuto il bene di incontrarLo e di diventarne amico inseparabile, così aiuta i tuoi amici a incontrarLo e a riconoscerLo come il centro della loro vita.
Il Vangelo di Luca (Lc 18, 1-8) vuole farci comprendere la stessa cosa del libro dell’Esodo e cioè che non dobbiamo stancarci mai di pregare. Se si vuole avere fede, ossia fiducia in Gesù, non dobbiamo smettere di pregare Dio. La fede, che ci fa avere l’esperienza di Gesù, ci aiuta ad essere persone complete, a compiere opere buone, a donare Gesù ai nostri amici, a non vergognarci di Lui.
Chi possiede una fede sincera in Gesù, Uomo Nuovo, persona tutta d’un pezzo, si sente sostenuto sempre da Dio, anche quando pratica lo sport o l’organizza per gli altri, come fanno i vostri animatori o allenatori. Igor Cassina, un grande ginnasta italiano, davanti a papa Francesco, il 5 ottobre scorso, giorno in cui gli sportivi riflettevano sul rapporto tra fede e sport, ha raccontato a tutti il suo modo di fare sport da credente. Egli, fra l’altro, ha detto che lo sport è una scuola di vita. La fede, da parte sua, insegna ad essere positivi, a non scoraggiarsi, a ritornare in piedi anche quando si cade. Aiuta a realizzare i propri sogni di campione, a diventare seri professionisti. Daniele Garozzo, un professionista della scherma, siciliano che ha vinto l’oro olimpico a Rio, alla conduttrice Lorena Bianchetti ha detto che lo sport e la fede vanno a braccetto e aiutano le persone a crescere armoniosi. Thomas Bach, ex schermidore tedesco e presidente del Comitato olimpico internazionale, ha sottolineato che sport e fede condividono molti valori, ma lo sport non dà risposte sul significato dell’esistenza umana, sulla morte, sull’aldilà. Solo la fede può farlo.
Cari amici, in questa santa Messa ricordiamo che per essere campioni nello sport, per essere persone complete umanamente, per conquistare Gesù, abbiamo bisogno di credere in Lui e di amarLo. Aumentiamo la nostra fede alzando le braccia, ossia pregando, annunciando e donando Gesù. Otterremo una corona incorruttibile (cf 1 Cor 9, 24-25).
A Cracovia papa Francesco ha ricordato ai molti giovani lì arrivati da tutto il mondo che essi non debbono essere giovani-divano, né rassegnati né rinunciatari rispetto ai grandi ideali che abitano nel loro cuore. Non debbono essere nemmeno disuniti, incapaci di fare «massa critica» rispetto ad una società che li snerva e li riduce a zombi, deprivandoli dei loro sogni. Per reagire a questa situazione c’è una sola strada da percorrere. Per non diventare pensionati anzitempo, rinunciatari, giovani che gettano la spugna prima di incominciare a lottare, occorre riunirsi attorno a Cristo, fare comunione con Lui, come state facendo anche voi in questo momento di Giubileo a Faenza. La risposta alla nostra debolezza morale e al nostro disorientamento è Gesù Cristo, che non è una cosa, non si compra in un negozio di articoli sportivi, ma è una persona. Gesù Cristo, che è più facile incontrare e coltivare in un circolo parrocchiale, è colui che sa dare vera passione alla vita, è colui che ci porta a non accontentarci di poco e ci sospinge a dare il meglio di noi stessi. Egli ci sollecita ad alzare lo sguardo e a sognare alto.
Lo troveremo qui, specialmente sotto le specie del pane e del vino consacrati, oltre che presente nella Parola di Dio e nei fratelli e nelle sorelle. Assumiamolo, non solo col pensiero ma anche facendo comunione con Lui, mangiando il suo Corpo. Il vero Giubileo, come per ogni credente, è riceverLo per donarLo.