Nel primo giorno del nuovo anno abbiamo la gioia e la grazia di celebrare la Santissima Madre di Dio e, al tempo stesso, la Giornata Mondiale della Pace. In entrambe le ricorrenze celebriamo Cristo, Figlio di Dio, nato da Maria Vergine e nostra vera pace.
È stato il beato Paolo VI, il papa che portò felicemente a conclusione il Concilio Vaticano II, iniziato da san Giovanni XXIII, a volere l’abbinamento della celebrazione della divina Maternità di Maria con la Giornata mondiale della Pace.
Maria, donando al mondo il Figlio di Dio, offre all’umanità intera Colui che la riunisce in un’unica famiglia. Ma non solo. Grazie all’incarnazione di Gesù Cristo in ogni persona, tutti sono resi fratelli, figli di uno stesso Padre. Dal momento che Dio si unisce all’umanità, ogni persona è più che se stessa. È divinizzata. Ogni uomo è figlio nel Figlio. È reso più capace di vero, di bene e di amore nei confronti del proprio simile. E, quindi, è reso più capace di vincere i pregiudizi, l’odio e la violenza che sono all’origine delle guerre, dei terrorismi e delle ingiustizie che stanno colpendo la famiglia umana, precipitandola in una «terza guerra mondiale a pezzi».
Papa Francesco, in un mondo sempre più bisognoso di tenerezza e di redenzione, nel suo Messaggio per la giornata mondiale della Pace 1° gennaio 2016, intende attirare la nostra attenzione su un’altra causa dei conflitti: la globalizzazione dell’indifferenza.1 A motivo di questa, i popoli rallentano il loro procedere verso la costruzione della pace. Le persone appaiono incapaci di compassione, prive della volontà di essere giuste, di dedizione al bene comune, di prendersi cura del creato.
L’indifferenza assume molti volti: indifferenza nei confronti dei senza lavoro, tetto e istruzione; nei confronti della pena di morte, dei perseguitati per la loro fede religiosa, degli ammazzati per motivi di odio razziale, dei migranti troppo numerosi per poter essere aiutati secondo la loro dignità; nei confronti dei nascituri uccisi, del creato selvaggiamente depredato e ormai sull’orlo del collasso. Secondo papa Francesco, l’indifferenza nei confronti del prossimo e del creato è originata da un’altra indifferenza, quella nei confronti di Dio. Quando l’uomo pensa di essere l’autore di se stesso si sente autosufficiente. Mira a sostituirsi a Dio, a farne completamente a meno. Ritiene di essere misura di ogni verità, di non avere limiti ai suoi diritti. E così pensa di godere di una libertà senza confini. Gli interessa solo se stesso. Gli altri sono considerati antagonisti, avversari, mezzi o strumenti per la propria affermazione incondizionata.
L’indifferenza, dai rapporti interpersonali si estende alla sfera sociale e pubblica, investe le istituzioni internazionali, le relazioni tra gli Stati. Si traduce in progetti economici e politici che anziché esprimere collaborazione e giustizia nei rapporti, nascondono intenzioni di dominio sull’altro, di sfruttamento.
Orbene, suggerisce papa Francesco, se si vuole conquistare la pace, occorre vincere l’indifferenza. Questa può essere battuta solo convertendosi alla fraternità e, quindi, in ultima a analisi, a Dio, a Gesù Cristo, che è la misericordia fatta carne ed anche causa della nostra fraternità.
Solo accogliendo l’amore di Dio e riconoscendoci membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli noi siamo in grado di sconfiggere l’estraneità, l’inimicizia tra noi e tra i popoli della terra. Possiamo coltivare meglio l’unità, la dignità altrui, i diritti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Gesù ci insegna ad essere misericordiosi come il Padre, ovvero ad usare nei confronti dei nostri fratelli e sorelle la giustizia più grande, ossia quella giustizia che dà a ciascuno il «suo», non solo in conformità alla dignità umana ma anche a quella divina. Agli uomini, figli di Dio, spetta una giustizia più che umana.
La pace vera di cui ha bisogno il mondo è, dunque, frutto della misericordia di Dio, che presuppone e comprende la giustizia. Non la esclude. Tutt’altro. La rende più cogente. Senza giustizia nei confronti degli altri – persone, popoli, creato – non c’è misericordia, non c’è amore e cura per il loro bene. L’indifferenza, che può tramutarsi facilmente in odio e violenza, può essere vinta solo con una cultura della misericordia, della fraternità, della solidarietà e della trascendenza.
La pace è un dono dall’alto ma richiede anche la nostra collaborazione. Per noi che tendiamo a rinchiuderci in noi stessi, a non aprirci al bisogno dell’altro, Dio misericordioso rimane, specie all’inizio di un nuovo anno dedicato alla sua Misericordia, un punto di riferimento imprescindibile, come causa esemplare. Occorre guardare a Lui, vivere di Lui, venendone trasfigurati! Occorre guardare a Maria, Madre di Dio. Ella concepisce il Figlio di Dio prima nella sua mente e, poi, nel suo grembo, per donarlo al mondo. Maria, non a caso, è invocata come Madre del Principe della pace e Regina della pace. Noi saremo grandi protagonisti della pace se diventeremo testimoni credibili di un Dio Misericordioso, che non vuole la distruzione dei propri figli, bensì la loro conversione.
I vari educatori e operatori pastorali e culturali delle nostre comunità sono chiamati a ricordare che Dio non è indifferente e tantomeno un Dio violento. A Lui importa dell’umanità. Si interessa della sorte dell’uomo. Noi, figli e figlie di un Dio Misericordioso, non possiamo essere da meno. I credenti, per imparare a vivere la misericordia e a vincere l’indifferenza debbono vivere in comunione con lo Spirito del Padre e del suo Figlio incarnato, quello Spirito d’Amore che grida: «Abbà! Padre!» (cf Gal 4,4-7). Come narra l’Antico Testamento, quando i figli di Israele si trovano schiavi in Egitto, Dio interviene. Osserva, ode il grido del suo popolo, scende e libera. È attento ed opera. In maniera analoga si comporta il Figlio Gesù. Egli è Dio che scende tra gli uomini, si incarna, si mostra solidale con l’umanità, in ogni cosa, eccetto il peccato. Non si accontenta di insegnare alle folle, ma si preoccupa di loro, specialmente quando le vede affamate (cf Mc 6, 34-44) o disoccupate (cf Mt 20,3). «Il suo sguardo – si legge nel Messaggio per la pace 2016 – non era rivolto soltanto agli uomini, ma anche ai pesci del mare, agli uccelli del cielo, alle piante e agli alberi, piccoli e grandi; abbracciava l’intero creato. Egli vede, certamente, ma non si limita a questo, perché tocca le persone, parla con loro, agisce in loro favore e fa del bene a chi è nel bisogno. Non solo, ma si lascia commuovere e piange (cfr Gv 11,33-44). E agisce per porre fine alla sofferenza, alla tristezza, alla miseria e alla morte».2
Maria, Madre di Dio, ci insegni ad accogliere Gesù. Solo se abbiamo Dio nel cuore, siamo in grado di cogliere nel volto dell’altro un fratello in umanità, non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico, ma un altro me stesso, una parte dell’infinito mistero dell’essere umano. Senza Dio nel cuore è molto difficile che possiamo essere costruttori di pace, vittoriosi sull’indifferenza.
1 FRANCESCO, Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 2016, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015.
2 FRANCESCO, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1° gennaio 2016, n. 5.