Celebriamo oggi la solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo, dogma definito nell’anno del Giubileo 1950 da Pio XII, il primo novembre.
Colei che fu Madre di Dio, come fu preservata dal peccato originale, così lo fu dalla corruzione del corpo. Al pari del corpo del Figlio che risuscitò e salì al cielo trasfigurato anche il corpo di Colei che lo portò in grembo e lo generò è assunto in cielo integro, senza subire dissoluzione, ed è glorificato. Il Figlio e la Madre subirono la morte, ma non il disfacimento del loro corpo, a differenza del nostro, che sarà sottoposto alla corruzione del sepolcro.
Colei che ha generato il Signore della vita non poteva non essere rivestita dell’immortalità, oltre che nella sua anima, anche nel corpo. Maria, dunque, non subì la corruzione del sepolcro, né dovette attendere la redenzione del suo corpo alla fine del mondo.
A ben riflettere, nel periodo estivo, quello delle ferie agostane, la Chiesa ci sospinge a celebrare con gioia gli effetti della redenzione di Cristo, morto e risorto, sull’umanità, a cominciare da sua Madre. In questa «Pasqua dell’estate», san Paolo ci istruisce così: Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Se per mezzo di un Uomo, Adamo, venne la morte, per mezzo del Nuovo Adamo, Cristo, viene la resurrezione dei morti. E, così, dopo Cristo che è risorto, risorgeranno tutti coloro che sono suoi. Maria, assunta in cielo in anima e corpo, è la prima dopo la primizia che è Cristo, a condividere il destino di gloria del Figlio.
Guardando a Maria vediamo già realizzato il nostro futuro. La nostra esistenza, pur subendo il disfacimento nel corpo, non finirà definitivamente in un pugno di cenere, nella tomba. I cimiteri dei cristiani, non a caso, nel loro stesso nome indicano di essere dei «dormitori»: i corpi dei fedeli defunti dormono il sonno della pace in attesa del ricongiungimento, nell’ultimo giorno, con la propria anima gloriosa. Dopo la corruzione del corpo nel sepolcro saremo redenti e glorificati anche noi nel corpo. Se veniamo sepolti corruttibili, risorgiamo incorruttibili.
Il nostro destino, dunque, è quello di una vita non indebolita o depotenziata. Camminiamo verso un futuro di pienezza, uniti a Cristo, primizia di coloro che sono morti e risorgeranno. Durante il nostro pellegrinaggio terreno, al termine del quale condivideremo il destino di Maria, madre dei credenti, siamo chiamati a cantare anche noi il suo Magnificat, che abbiamo sentito oggi proclamare. Maria che lo canta e dona al mondo il Redentore, è misericordia vivente del Padre. È misericordia accolta, condivisa, testimoniata. Come Lei diventiamo protagonisti e testimoni di una misericordia globale, ossia di una misericordia per tutti gli ambiti della vita. Consentiamo l’incarnazione di Dio nella nostra storia e nelle nostre vite, nelle istituzioni. Ma dobbiamo essere attenti alle precondizioni di tutto questo. Detto altrimenti, non dobbiamo solo operare per una «rivoluzione» sociale. Come insegna il Magnificat, che è risuonato nella casa di Elisabetta e continua a echeggiare nelle nostre comunità, occorre prima credere, avere fede in Dio, nella sua misericordia, che è di generazione in generazione e, quindi, operare primariamente per una rivoluzione spirituale ed etica.
Per essere capaci di realizzare la rivoluzione di Dio, la sua «pazzia» d’amore, non possiamo trascurare il nostro incontro con Lui, mediante preghiera, comunione, richiesta di perdono e, in particolare, non possiamo rinunciare a vivere la misericordia suprema. La misericordia più grande che Maria di Nazaret ha vissuto nei confronti del suo popolo e dell’umanità è l’aver accettato di diventare Madre di Dio e di averLo donato. Come Lei dobbiamo imparare a generare Gesù Cristo nel mondo, nelle nostre famiglie, negli ambienti di vita. Solo donando il Figlio di Dio possiamo diventare generativi di un nuovo umano, di un nuovo mondo sociale, capaci di abbattere le cause strutturali della povertà, l’ingiustizia, l’illegalità.
Come la giovane donna di Nazaret abbiamo fiducia in Dio, ma anche nelle persone, nella loro capacità nativa di essere persone comunitarie, generatrici di dono e di servizio, ma soprattutto di Cristo. Allora, sarà tempo di messi abbondanti, di pace.
Preghiamo Maria, assunta in cielo, perché ci ottenga dal Signore operai per la sua messe. Preghiamola perché diventiamo capaci di educare le nuove generazioni al desiderio di Dio, all’incontro con Cristo, perché ne divengano annunciatori e testimoni credibili, collaborando a costruire le comunità cristiane e a renderle sempre più missionarie in tutto il nostro territorio.