Faenza - San Silvestro, 22 febbraio 2016
22-02-2016
Come abbiamo sentito dalla proclamazione del Vangelo odierno di san Matteo, Gesù domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo». Diverse sono state le risposte, ma quella che coglie nel segno è la risposta di Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 13-19). La professione di fede di Pietro deriva certamente dalla rivelazione del Padre ma anche dall’esperienza della misericordia di Cristo nei suoi riguardi.
Papa Francesco nel 50° anniversario del Movimento di Comunione e Liberazione ha ricordato che il luogo privilegiato dell’incontro con Cristo è l’esperienza della sua misericordia nei nostri confronti e del nostro peccato. Solo chi è stato accarezzato dalla tenerezza della misericordia conosce veramente il Signore. È grazie all’abbraccio di misericordia che viene voglia di rispondere e di cambiare e che può scaturire una vita diversa. Il comportamento morale del credente non è tanto l’adeguazione ad una dottrina etica quanto, piuttosto, la risposta gioiosa di fronte ad una misericordia che redime, risuscita, rinnova e infonde forza e speranza.
Queste riflessioni di papa Francesco ci consentono di vivere più intensamente il Giubileo che stiamo celebrando e, nello stesso tempo, di parlare del servo di Dio Mons. Luigi Giussani, fondatore del Movimento Comunione e Liberazione.
Come ha anche ricordato durante l’omelia delle esequie il cardinale Joseph Ratzinger, divenuto poi papa Benedetto XVI, sin da giovane Mons. Luigi Giussani aveva creato, con altri giovani, una comunità che si chiamava Studium Christi. Il programma era quello di parlare di nient’altro se non di Cristo, perché solo Cristo dà senso a tutto nella nostra vita. Detto altrimenti, Mons. Giussani e i suoi giovani amici, volevano porre al centro della loro esistenza Cristo, convinti che l’essere suoi voleva dire diventare rivoluzionari, persone capaci di rinnovare e di trasfigurare – come ci ha suggerito il Convegno nazionale della Chiesa italiana a Firenze – il mondo e la cultura, attraverso il dono di sé, assumendo la croce.
L’esistenza incentrata in Cristo, vissuta dimorando in Lui, consente di divenire capaci di rispondere alle sfide del proprio tempo, di essere protagonisti di un nuovo umanesimo. Per il credente, il nuovo umanesimo è anzitutto Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto. Dalla comunione con Lui deriva a noi una missionarietà efficace, novità di vita, libertà. Chi non vive unito a Cristo, come il tralcio alla vite, non è in grado di donarlo. Chi non dà Cristo dà troppo poco, ha ricordato il cardinale Ratzinger davanti alle spoglie mortali del servo di Dio. Chi non fa trovare Dio nel volto di Cristo non costruisce, ma distrugge perché fa perdere l’azione umana in dogmatismi ideologici e falsi. Solo chi incontra realmente Cristo e vive di fede in Lui vince le ideologie e rimane libero, perché incontra la Verità. Cristo stesso ebbe a dirci che è la verità che rende liberi. Sant’Agostino d’Ippona ha sintetizzato tutto questo affermando: «Ubi fides est libertas».
Proprio nell’esperienza del credente, che vive Cristo e inabita in Lui, trova le sue radici il Movimento che non casualmente è stato denominato «Comunione e Liberazione».
Noi oggi constatiamo come stiamo gradualmente perdendo la nostra libertà, divenendo sempre più succubi di una cultura massmediatizzata che sopravaluta il mondo virtuale rispetto al reale e che appare imbevuta da un individualismo libertario, tenendenzialmente radicale. La libertà di espressione della fede cristiana è oggi progressivamente ridimensionata anche con sentenze prive di fondamento razionale, coerente con la figura di uno Stato laico ed aconfessionale ma non laicista. Basti anche pensare ai tentativi della Corte europea di condizionare la libertà di coscienza dei medeci cattolici rispetto all’obiezione nei confronti dell’aborto. Così, non possiamo ignorare come, anche nel nostro territorio, si stia procedendo ad una tassazione iniqua delle scuole cattoliche e paritarie. Ma non bisogna dimenticare come sul piano politico la stessa libertà di eleggere i propri rappresentanti venga in parte intaccata. Non si può, inoltre, negare come i nostri Parlamenti appaiono ormai sottomessi, per molte questioni, agli ordini che provengono dal mondo finanziario, che ha ormai il primato sulla politica.
Sicuramente dal nostro essere in Cristo non proviene la libertà di cui si è fatto paladino Charlie Hebdo, il periodico settimanale satirico di Parigi, ossia una libertà di espressione senza rispetto per il diritto altrui di libertà religiosa. La libertà dei cristiani, invece, si configura come libertà che si lega alla verità e che è per il dono, per il rispetto e la cura dell’altro.
Solo se si è centrati in Cristo e nel Vangelo noi possiamo essere più liberi, essere braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa «in uscita». Uscire significa respingere l’autoreferenzialità, l’immobilismo, la fossilizzazione delle strutture, delle associazioni e dei nostri movimenti.
Papa Francesco, l’ha ricordato al Movimento Comunione e Liberazione il 7 marzo 2015. Ma questo vale per tutti. Per non perdere freschezza e vitalità nei nostri Centri di pastorale, nelle nostre istituzioni ecclesiali e culturali occorre rinnovare ed approfondire la nostra comunione con Gesù Cristo, sentendoci missionari, inviati nel mondo per migliorarlo, a seconda delle nuove situazioni ed esigenze. L’autoreferenzialità ci «pietrifica». La comunione ci fa crescere e ci rende fecondi nelle nostre comunità e nel mondo. Rende il genio del cristianesimo più luminoso e creativo di una nuova civilizzazione.
Celebrando l’Eucaristia di questa sera ricordiamo sempre che è proprio la comunione con Cristo, morto e risorto, che ci edifica come persone nuove, come famiglia di Dio. Maria, madre della Chiesa, ci aiuti ad essere per Cristo, di Cristo, con Lui, sempre
Papa Francesco nel 50° anniversario del Movimento di Comunione e Liberazione ha ricordato che il luogo privilegiato dell’incontro con Cristo è l’esperienza della sua misericordia nei nostri confronti e del nostro peccato. Solo chi è stato accarezzato dalla tenerezza della misericordia conosce veramente il Signore. È grazie all’abbraccio di misericordia che viene voglia di rispondere e di cambiare e che può scaturire una vita diversa. Il comportamento morale del credente non è tanto l’adeguazione ad una dottrina etica quanto, piuttosto, la risposta gioiosa di fronte ad una misericordia che redime, risuscita, rinnova e infonde forza e speranza.
Queste riflessioni di papa Francesco ci consentono di vivere più intensamente il Giubileo che stiamo celebrando e, nello stesso tempo, di parlare del servo di Dio Mons. Luigi Giussani, fondatore del Movimento Comunione e Liberazione.
Come ha anche ricordato durante l’omelia delle esequie il cardinale Joseph Ratzinger, divenuto poi papa Benedetto XVI, sin da giovane Mons. Luigi Giussani aveva creato, con altri giovani, una comunità che si chiamava Studium Christi. Il programma era quello di parlare di nient’altro se non di Cristo, perché solo Cristo dà senso a tutto nella nostra vita. Detto altrimenti, Mons. Giussani e i suoi giovani amici, volevano porre al centro della loro esistenza Cristo, convinti che l’essere suoi voleva dire diventare rivoluzionari, persone capaci di rinnovare e di trasfigurare – come ci ha suggerito il Convegno nazionale della Chiesa italiana a Firenze – il mondo e la cultura, attraverso il dono di sé, assumendo la croce.
L’esistenza incentrata in Cristo, vissuta dimorando in Lui, consente di divenire capaci di rispondere alle sfide del proprio tempo, di essere protagonisti di un nuovo umanesimo. Per il credente, il nuovo umanesimo è anzitutto Gesù Cristo, incarnato, morto e risorto. Dalla comunione con Lui deriva a noi una missionarietà efficace, novità di vita, libertà. Chi non vive unito a Cristo, come il tralcio alla vite, non è in grado di donarlo. Chi non dà Cristo dà troppo poco, ha ricordato il cardinale Ratzinger davanti alle spoglie mortali del servo di Dio. Chi non fa trovare Dio nel volto di Cristo non costruisce, ma distrugge perché fa perdere l’azione umana in dogmatismi ideologici e falsi. Solo chi incontra realmente Cristo e vive di fede in Lui vince le ideologie e rimane libero, perché incontra la Verità. Cristo stesso ebbe a dirci che è la verità che rende liberi. Sant’Agostino d’Ippona ha sintetizzato tutto questo affermando: «Ubi fides est libertas».
Proprio nell’esperienza del credente, che vive Cristo e inabita in Lui, trova le sue radici il Movimento che non casualmente è stato denominato «Comunione e Liberazione».
Noi oggi constatiamo come stiamo gradualmente perdendo la nostra libertà, divenendo sempre più succubi di una cultura massmediatizzata che sopravaluta il mondo virtuale rispetto al reale e che appare imbevuta da un individualismo libertario, tenendenzialmente radicale. La libertà di espressione della fede cristiana è oggi progressivamente ridimensionata anche con sentenze prive di fondamento razionale, coerente con la figura di uno Stato laico ed aconfessionale ma non laicista. Basti anche pensare ai tentativi della Corte europea di condizionare la libertà di coscienza dei medeci cattolici rispetto all’obiezione nei confronti dell’aborto. Così, non possiamo ignorare come, anche nel nostro territorio, si stia procedendo ad una tassazione iniqua delle scuole cattoliche e paritarie. Ma non bisogna dimenticare come sul piano politico la stessa libertà di eleggere i propri rappresentanti venga in parte intaccata. Non si può, inoltre, negare come i nostri Parlamenti appaiono ormai sottomessi, per molte questioni, agli ordini che provengono dal mondo finanziario, che ha ormai il primato sulla politica.
Sicuramente dal nostro essere in Cristo non proviene la libertà di cui si è fatto paladino Charlie Hebdo, il periodico settimanale satirico di Parigi, ossia una libertà di espressione senza rispetto per il diritto altrui di libertà religiosa. La libertà dei cristiani, invece, si configura come libertà che si lega alla verità e che è per il dono, per il rispetto e la cura dell’altro.
Solo se si è centrati in Cristo e nel Vangelo noi possiamo essere più liberi, essere braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa «in uscita». Uscire significa respingere l’autoreferenzialità, l’immobilismo, la fossilizzazione delle strutture, delle associazioni e dei nostri movimenti.
Papa Francesco, l’ha ricordato al Movimento Comunione e Liberazione il 7 marzo 2015. Ma questo vale per tutti. Per non perdere freschezza e vitalità nei nostri Centri di pastorale, nelle nostre istituzioni ecclesiali e culturali occorre rinnovare ed approfondire la nostra comunione con Gesù Cristo, sentendoci missionari, inviati nel mondo per migliorarlo, a seconda delle nuove situazioni ed esigenze. L’autoreferenzialità ci «pietrifica». La comunione ci fa crescere e ci rende fecondi nelle nostre comunità e nel mondo. Rende il genio del cristianesimo più luminoso e creativo di una nuova civilizzazione.
Celebrando l’Eucaristia di questa sera ricordiamo sempre che è proprio la comunione con Cristo, morto e risorto, che ci edifica come persone nuove, come famiglia di Dio. Maria, madre della Chiesa, ci aiuti ad essere per Cristo, di Cristo, con Lui, sempre