Se Dio si è fatto uomo, lo ha fatto per l’uomo, il solo che poteva guadagnarci qualcosa, perché Dio non può avere vantaggi. Anche questo ci fa capire che Dio è amore, e non può fare altro che donare se stesso, così come ha fatto mandando suo Figlio.
Sia che ci accorgiamo della tenerezza del Figlio di Maria, il Bambino Gesù nato a Betlemme, sia che riflettiamo sul Verbo di Dio che si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi, ci rendiamo conto che è successo qualcosa dopo del quale il mondo non è più come prima. Da quel giorno nel mondo si è accesa una speranza che non delude.
Proprio perché il nostro Dio è entrato nel mondo, la speranza che Egli ci porta non può consistere nell’abbandonare il nostro mondo, magari per attenderne un altro. Egli ci ha portato una speranza che si realizzerà pienamente in un mondo in cui non ci sarà più né morte, né pianto, né sofferenza alcuna, ma fin da adesso sentiamo che dobbiamo fare qualcosa in questa direzione.
Leggiamo nel Concilio: ‘I beni quali la dignità dell’uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, ma illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre il regno eterno e universale’ (G.S. 39).
Il desiderio di ricevere del bene, come pure la spinta per farlo ad altri, sono un sintomo che ci rivela che siamo chiamati a questo; e siccome non siamo mai soddisfatti delle cose realizzate in modo incompleto e parziale, siamo sempre alla ricerca di qualcosa di più.
Scrive il Papa nell’Enciclica sulla speranza: ‘L’uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze ‘ più piccole o più grandi ‘ diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non abbia bisogno di altre speranze. Nella gioventù può essere la speranza del grande e appagante amore; la speranza di una certa posizione nella professione, dell’uno o dell’altro successo determinante per il resto della vita. Quando però queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere’ (n.30).
Il Natale ci dice che questo profondo desiderio è esaudito, perché Dio si è fatto uomo per darci la possibilità di raggiungere la beatitudine eterna.
E’ chiaro che non è stata la nostra condizione incontentabile a rendere necessaria l’incarnazione del Verbo, ma questo evento, che nasce dalla libera volontà di Dio di comunicare qualcosa di sé all’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, finisce per rispondere e soddisfare anche questa attesa.
Il cristiano è quindi l’uomo della speranza. Avendo una speranza sicura, fondata sulla promessa divina, è motivato anche per realizzare le piccole speranze della vita, perché ne conosce la vera portata; è colui che le può gustare pienamente, perché non resta deluso nel farne l’esperienza del limite, sapendo che non è lì tutto il senso della vita.
Dal momento in cui il Figlio di Dio è entrato nella nostra storia, noi tutti possiamo trovare la strada per diventare figli di Dio come Lui; e questo è il significato vero per fare festa per Natale, anche se per condividerla abbiamo bisogno dei regali, delle luci e della compagnia dei parenti e degli amici.
Quindi la verità del Natale sta proprio nell’avvicinarci a Dio nell’Eucaristia, nel sacramento della riconciliazione, nel compiere gesti di bontà e di amore, pregando che questo non sia solo per un giorno, perché l’oggi di Dio è per sempre.