Carissimi, il Messaggio del santo padre Francesco per la 54.a Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni ci ricorda la dimensione missionaria della vocazione cristiana. Il tema Sospinti dallo Spirito per la missione dice che siamo inviati proprio perché ci è donato lo Spirito di Cristo e di Dio. La vita del cristiano è, in forza dello stesso Spirito, missionaria. Una tale vocazione è comune. Ossia di tutti: giovani, sposati, consacrati, sacerdoti.
Cosa ci costituisce missionari? Il nostro desiderio, semplicemente? No. Noi, ci troviamo ad essere costitutivamente missionari. Lo siamo in quanto inseriti, grazie allo Spirito, nel Missionario per eccellenza, Gesù Cristo.
La vocazione missionaria è, dunque, un seme fatto germogliare in noi dal Figlio di Dio. Va cresciuto, accudito. Specie mediante la comunione con l’Inviato; mediante l’ascolto della Parola di Dio; mediante la partecipazione all’Eucaristia, il sacramento che fa la Chiesa, rendendola comunione con Cristo e missione; mediante la preghiera, nella quale dichiariamo, come Maria, «eccomi».
Qual è il compito del credente missionario? Portare sé? No. Egli porta soprattutto Gesù Cristo, vivendo Lui. «Ogni discepolo missionario – scrive papa Francesco nel suo Messaggio – sente nel cuore questa voce divina che lo invita a “passare” in mezzo alla gente, come Gesù, “sanando e beneficando” tutti (cf At 10,38). Ho avuto modo – soggiunge – di ricordare, infatti, che in virtù del Battesimo, ogni cristiano è un “cristoforo”, cioè “uno che porta Cristo” ai fratelli».
La vocazione che abbiamo, anzi che siamo, dev’essere solo custodita? No. Non va solo conservata. Dev’essere cresciuta, rafforzata. Peraltro, non è raro che venga saggiata proprio da contrasti coi famigliari.
Nel contesto di questa sera desidererei presentarvi la bellissima figura di un grande testimone e missionario. Ossia il cardinale François-Xavier Nguyen Van Thuan e che, qualche giorno fa, è stato dichiarato venerabile. Vietnamita, nominato arcivescovo coadiutore di Saigon da Paolo VI, fu arrestato dal regime comunista. Rimase in carcere dal 1975 al 1988. Ebbene, durante la sua prigionia, ha trascorso 9 anni in isolamento. Sono stati momenti molto duri. Viveva in uno spazio ridottissimo, senza finestre, talvolta sempre al buio, talaltra sempre con la luce accesa. Nei giorni pieni di afa ed umidità per respirare si prostrava per terra, mettendo il naso davanti ad un buco nel muro, che serviva per lo scolo dell’acqua. Spesso la lucidità gli veniva meno sino all’incoscienza. Ciò che lo salvò dal crollo psico-fisico fu il pensiero di poter vivere la propria vocazione in senso missionario. A cominciare dalle due guardie che lo vigilavano. Aveva pensato che, rinchiuso nella sua prigione, non poteva far nulla, non poteva dare nulla, nemmeno un vestito, una moneta. Una cosa sì poteva ancora fare: regalare Gesù Cristo, annunciarlo e testimoniarlo. Durante la sua prigionia convertì tutte le guardie che gli assegnavano, tant’è che i responsabili del campo decisero di non cambiargliele più.
Il cardinale Van Thuan, a coloro che desiderano portare il messaggio di Gesù ed essere suoi missionari, ha lasciato diversi punti fermi da tener sempre presenti. Eccone alcuni:
-
Tu vuoi operare una rivoluzione: rinnovare il mondo. Potrai compiere questa preziosa e nobile missione, che Dio ti ha affidato, solo con la «potenza dello Spirito Santo». Ogni giorno, lì dove vivi, prepara una nuova Pentecoste.
-
Impègnati in una campagna che ha lo scopo di rendere tutti felici. Sacrìficati di continuo, con Gesù, per portare la pace alle anime, sviluppo e prosperità ai popoli. Tale sarà la tua spiritualità, discreta e concreta ad un tempo.
-
Resta fedele all’ideale dell’apostolo: «Dare la vita per i propri fratelli». Infatti, «nessuno ha un amore più grande di questo» (Gv 15,13). Spendi, senza sosta, tutte le tue energie e sii pronto a dare te stesso per conquistare il tuo prossimo a Dio.
-
Grida un solo slogan: «Tutti uno», cioè: unità tra i cattolici, unità fra i cristiani e unità fra le nazioni. «Come il Padre e il Figlio sono uno» (cf Gv 17, 22-23).
-
Tu credi una sola forza: l’Eucaristia, il corpo e il sangue del Signore che ti darà la vita: «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Come la manna nutrì gli Israeliti nel loro viaggio verso la terra promessa, così l’Eucaristia ti nutrirà nel tuo cammino della speranza (cf Gv 6,50).
-
Indossa una sola uniforme e parla un solo linguaggio: la carità. La carità è il segno che tu sei una discepolo del Signore (cf Gv 13,35). È il distintivo meno costoso, ma è il più difficile da trovare. La carità è la “lingua” principale. San Paolo la riteneva molto più preziosa «del parlare le lingue degli uomini e degli angeli» (1Cor 13,1). Sarà la sola lingua che sopravvivrà in cielo.
-
Attieniti saldamente ad un unico principio guida: la preghiera. Nessuno è più forte della persona che prega, perché il Signore ha promesso di concedere tutto a coloro che pregano. Quando siete uniti nella preghiera il Signore è presente fra voi (cf Mt 18,20).
Altri punti fermi il cristiano missionario li potrà trovare di seguito nel volumetto del Cardinale intitolato Cinque pani e due pesci (Edizioni san Paolo, Milano 1997, pp. 73-78) dal quale abbiamo tratto quelli letti qui.
Cari giovani, in questa Pieve, che ci parla dei cristiani dei primi secoli, lasciamoci attrarre dalla voce di Dio e poniamoci alla sequela di Gesù Cristo, il missionario per eccellenza. Siamo, siate missionari di Cristo, specie per i vostri coetanei. La Madonna, Vergine delle Grazie vi accompagni.