Faenza, cattedrale, lunedì 1 novembre 2021.
Cari fratelli e sorelle, la solennità di tutti i santi, ci pone in uno stato di gioia. È bello essere e sentirsi salvati, perché raggiunti ed avvolti dall’Amore di Dio. È consolante pensare che siamo stati voluti dal Padre e, grazie a Gesù Cristo incarnato, siamo stati inseriti nella sua numerosissima famiglia. Siamo così un grande popolo che attraversa i tempi, e composto da molteplici Nazioni, viventi uno stesso Bene trascendente, si stabilizza come immenso noi nell’eternità, confluente nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, nel loro circolo d’amore. Quale gioia essere stati scelti ed amati da Dio. Quale felicità sentirsi partecipi della pienezza di vita di Dio Amore! La sua comunione d’amore non intende rimanere chiusa in sé stessa. Desidera raggiungerci, dimorare in noi, per farci vivere di Lui. La solennità di tutti i santi ci dice quanto è grande Dio, quanto è il suo affetto per noi. Non si scorda mai di noi, esseri piccoli, mortali, bisognosi del palpito eterno della sua vita.
Cari fratelli e sorelle, celebriamo la comunione di tutti i santi proprio all’inizio del cammino sinodale, appena incominciato e che si protrarrà sino al 2025. Che cosa può voler dire questa coincidenza? Significa prendere una maggior coscienza del nostro essere un noi di comunione con Gesù Cristo, un noi che partecipa alla vita della Trinità, un noi che condivide la missione del Signore Gesù. In particolare, la solennità odierna ci mostra che siamo popolo pellegrino che, seminando nei solchi della storia la vita di Cristo, anticipa su questa terra la città celeste, la città degli ultimi tempi.
Saremo santi e beati se, camminando insieme su questa terra, vivremo in comunione con Gesù Cristo e tra di noi. La gioia dei credenti non sta nell’essere divisi e contrapposti. Sta nell’essere uniti nell’unico amore, nel gareggiare a stimarsi a vicenda, nel portare i pesi gli uni degli altri.
Saremo santi e beati se costruiremo il Regno di Dio già su questa terra, quando cioè vivremo da figli di Dio i nostri impegni di cittadini, di imprenditori, di genitori, di educatori, di amministratori della cosa pubblica, di rappresentanti politici.
È difficile immaginare che possano essere santi e beati quei cittadini che non adempiono gli inderogabili obblighi di solidarietà politica, economica e sociale nei confronti della comunità; è difficile immaginare che possano essere santi e beati quegli imprenditori che svolgono un’attività economica che reca danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità della persona, all’ambiente. Come pure è difficile pensare che possano essere santi e beati quegli educatori che non aiutano i giovani ad accogliere e a vivere la vita buona secondo il Vangelo; quei rappresentanti parlamentari cristiani che si rattristano se non viene approvato il disegno di legge che, pur difendendo sacrosanti diritti relativi alla dignità della persona o che vietano atti discriminatori o violenti, vorrebbe anche codificare visioni della persona non conformi alla ragione.
Saremo santi e beati se non saremo ipnotizzati dai beni terreni, se non ci lasceremo prendere dalla cupidigia. Saremo santi e beati se sapremo rinnegare noi stessi e prenderemo la croce di Cristo per seguirlo; se sapremo annunciare Cristo non solo a parole, ma con la vita; se sapremo moltiplicare i beni ponendoli al servizio del bene comune, pensando di prenderci cura anche delle generazioni future.
Sempre la Chiesa è stata e sarà un cammino fatto insieme, attraverso i tempi della storia, nella comunione, nella partecipazione, nella missione. La mappa del suo cammino ci è stata indicata dalle beatitudini che abbiamo sentito proclamare. Beata, dunque, sarà quella Diocesi e quella comunità parrocchiale che saprà incrementare la comunione con Gesù Cristo e tra i credenti, la partecipazione alla vita trinitaria, alla missionarietà. Come ci ha insegnato san Giovanni Paolo II, la via da percorrere è la stessa percorsa dal Signore Gesù con la suaincarnazione nell’umanità e nella storia. Beata sarà quella Diocesi che, con tutte le sue comunità parrocchiali e componenti associative vivrà l’incarnazione di Cristo, portando nei vari ambienti la vita dei figli di Dio. Beata la nostra Diocesi, beate le nostre unità pastorali se, per facilitare l’annuncio di Gesù Cristo e l’incarnazione della sua vita, del suo amore redentore e trasfiguratore, continueranno ciò che hanno già iniziato, ossia un percorso di conversione pastorale delle nostre parrocchie per renderle più missionarie, più partecipate da gruppi ministeriali di laici, più capaci di catechesi, più popolate da giovani, costruttori della Chiesa e della società.
Nell’Eucaristia odierna sentiamoci uniti con la Chiesa pellegrinante, purgante e gloriosa, con tutti i nostri fratelli e sorelle in Cristo. È Lui il ponte che unisce le sponde tra la nostra esistenza mortale e l’immortalità ove approderemo. È il Cristo incarnato, morto e risorto che ci unisce in una solidarietà eterna. Grazie a Colui con il quale faremo la comunione abbracciamo i nostri cari defunti, li amiamo ancora. Riceviamo da loro un affetto intramontabile. Essi, grazie a Cristo, diventano nostra consolazione, dono incessante che perpetua la nostra profonda riconoscenza a loro.
+ Mario Toso