Meditazione alla Via Crucis cittadina

28-03-2018

«E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12, 32).

La croce di Gesù Cristo è per noi credenti un segno non solo di morte, ma soprattutto di vita, di vittoria del bene sul male, della risurrezione sulla morte. Non è l’ultima parola. Non è la collocazione definitiva di Cristo, perché il Padre lo risuscita. È collocazione provvisoria, diceva don Tonino Bello. E, tuttavia, esprime uno stato permanente della vita cristiana: essere sempre dono, essere per il dono, per il Padre, per la creazione nuova. Cristo crocifisso rivela non solo il grande amore di Dio Padre che offre il proprio Figlio per aiutarci a rinascere, ma anche quanto Gesù ci ha amati: immobilizzato sulla croce, con le braccia aperte sul mondo, mostra una vita donata sino all’estremo della morte.

Perché Cristo sulla croce attira tutti a sé? Perché è dono di sé allo stato puro. È bello da vedersi, nonostante i segni di una flagellazione che gli ha tumefatto e lacerato il corpo.

Se desidero conoscere meglio Gesù Cristo dove devo guardare e cercare? Devo guardare alla sua croce, nella croce. Chi vuole vedere e conoscere di più Gesù deve cercare dentro alla croce, ove Egli si rivela per quello che è: Amore assoluto, supremo atto d’amore, atto d’amore perfetto, amore che si consuma per il Padre e per noi.

Dobbiamo volgere lo sguardo a Colui che anche noi abbiamo contribuito a crocifiggere. Guardando a Lui apprendiamo l’amore più forte, riceviamo lo Spirito che l’ha sorretto sino a giungere sul Golgota da dove l’ha effuso sul mondo. Il suo Spirito ci rende partecipi di Dio, essere trinitario di comunione e di dono! Il suo Spirito ci trasfigura, ci rende simili a Lui, ci costituisce palpito incessante d’amore.

Ricevendo lo Spirito del crocifisso veniamo guariti dall’egoismo, impariamo a farci dono. Lo Spirito di Cristo contraddistingue l’esistenza dei credenti che, vivendo il suo amore senza limiti, trionfano sul nemico antico: il diavolo. Possono vincere l’odio, il peccato, le ingiustizie, le guerre, le persecuzioni. Il sangue dei martiri, come ebbe a scrivere Tertulliano, è seme di nuovi credenti. Seppure muoiono e sono contrastati, generano altri credenti. Cristo stesso, ormai vicino alla sua morte, ci ha ricordato: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se, invece, muore, produce molto frutto» (Gv 12, 20-33).

Con la croce, eretta sul Golgota, luogo del cranio, l’amore di Cristo è piantato in terra, nell’umanità. È così causa di una grande lotta cosmica tra il bene e il male. Come canta l’inno dell’esaltazione della Croce: «Le potenze sotterranee, avversarie della croce, tremano di fronte a quel segno, impresso nell’aria in cui esse si aggirano, ma gli abitanti del cielo e della terra piegano il ginocchio di fronte a Cristo che elargisce la pace alle nostre anime».

Come gli Israeliti, che nel deserto erano stati morsi dai serpenti brucianti, appena alzavano lo sguardo verso il serpente di bronzo eretto sull’asta da Mosè erano guariti (cf Nm 21, 4-9), così noi, guardando al Cristo crocifisso e facendo nostro il suo Amore, vinciamo i morsi devastanti dell’odio, dell’individualismo, della superbia, dell’autoreferenzialità, della menzogna, della doppiezza, che nelle nostre comunità spezzano i vincoli della fraternità e portano al disfacimento del corpo mistico di Cristo e della comunione.

L’amore rigeneratore di Cristo, susciti nei credenti rinnovate primavere dello spirito, frantumi le paure, le solitudini. Aiuti a risanare le nostre famiglie divise dall’indifferenza, a migliorare le nostre città e le nostre comunità con l’accoglienza reciproca.

Preghiamo così la croce di Cristo:

O albero glorioso, mistero di pietà!

Confitta in te, trionfa l’eterna carità.

All’uomo sei sorgente di vita e libertà: converti al Redentore l’intera umanità.