[mar 26] Omelia – Pellegrinaggio giubilare a Roma, Messa a San Pietro

26-03-2025

PELLEGRINAGGIO GIUBILARE, MERCOLEDÌ 26 MARZO, BASILICA VATICANA DI SAN PIETRO

Eccellenze Reverendissime,

presbiteri e diaconi,

fratelli e sorelle,

siamo giunti come pellegrini in questa Basilica Vaticana, per celebrare l’Anno di grazia del Signore, il Giubileo della Speranza. In questi giorni, abbiamo varcato le Porte sante, simbolo dell’unica Porta, l’unica Via per la salvezza: Gesù Cristo! Ognuno ha portato lungo il cammino le proprie fatiche, le proprie attese e speranze, le proprie paure, come le proprie richieste di perdono.

Solo in Cristo tutte le aspirazioni buone che dimorano nel cuore dell’uomo trovano il loro senso pieno, il loro compimento. Inganniamo noi stessi e gli altri, quando nella vita riponiamo le nostre sicurezze e le nostre speranze in cose passeggere e caduche: solo Gesù, il crocifisso e risorto, è «l’unica vera speranza che supera ogni umana attesa e rischiara gli infiniti secoli».

 

Lo abbiamo ascoltato nel Vangelo di Matteo: è Lui il compimento della Legge e dei Profeti, l’atteso dall’inizio del mondo. La Legge e i Profeti, il contenuto vivo delle Sacre Scritture ci rivelano che «Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo» (Dt 4,7). Il vivere bene, la giustizia sociale, la fraternità fra i popoli e fra di noi, il dono di noi stessi che ci rende più liberi, meno schiavi del nostro piccolo io, l’educazione al rifiuto della violenza come strumento di risoluzione dei conflitti, la cura amorevole dei poveri, l’impegno per un’ecologia integrale, per la pace, per una democrazia a più alta intensità, la riduzione dei debiti esteri ed ecologici- abbiamo dei debiti anche nei confronti degli alluvionati delle nostre terre), tutto questo, ma sopra a ogni cosa l’annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, redentore di ogni uomo, di tutto l’uomo, contribuiscono a instaurare sulla terra il Regno di Dio. Senza il Verbo fatto carne, le creature del mondo, ci si presentano come una realtà meramente naturale. In realtà, il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza. Esse, pertanto, attendono l’opera sapiente dei credenti che le conducano all’unificazione con il loro Creatore, alla loro trasfigurazione finale. Non dimentichiamolo: Dio è davvero vicino. È presente nel suo popolo plasmato dalla fede, che divinizza ogni realtà terrena, per renderla sempre più corrispondente al suo disegno di amore. Non sempre riusciamo a vivere l’evangelizzazione del sociale, che corrisponde alla redenzione integrale dell’umanità. Non sempre riusciamo a conservare l’“ordine” della creazione che porta in sé, come spiegava san Bonaventura, l’impronta della vita d’amore della Trinità. Un’economia che non serve ma uccide, una politica che non sa rigenerarsi per meglio perseguire il bene comune, le innovazioni tecnologiche impiegate più per escludere che per includere tutti al banchetto della vita, rischiano di portarci lontano dalla civiltà dell’amore, di renderci “minimi” nel regno dei cieli, insignificanti in questo mondo. Per una profonda rinascita spirituale, morale, culturale del popolo di Dio, che rappresentiamo qui a san Pietro, è fondamentale che la nostra Romagna non chiuda le porte a Cristo. Sarà una disgrazia se diventerà indifferente rispetto al suo amore appassionato. È indispensabile che le nostre comunità ecclesiali, le associazioni, le aggregazioni e le organizzazioni sappiano assecondare, con la loro opera missionaria e educativa, l’incontro, specie delle nuove generazioni, con Cristo, l’Uomo nuovo, l’Uomo celeste, Colui che viene dal cielo ed è sempre il nostro aiuto. Egli è lo stesso ieri, è oggi e per sempre (cf. Eb 13, 8).

Siamo entrati in un periodo in cui le nostre comunità cristiane, specie durante il cammino sinodale, hanno preso coscienza della progressiva caduta degli involucri di una vecchia cristianità, del cambiamento d’epoca, della scristianizzazione. Ma il cristianesimo sempre vive, non tramonta mai, come Gesù Cristo, sempre veniente. Dobbiamo, piuttosto, essere capaci di quella profezia che declina nella cultura contemporanea ciò che è specifico del cristianesimo, in modo che si presenti ragionevole e praticabile anche per chi non crede. Il nostro linguaggio deve divenire sempre più capace di intercettare l’anelito di tutti al Padre, ascoltando e leggendo in profondità i molteplici linguaggi, compresi quelli digitali, quali luoghi in cui Dio parla.

Il Vangelo di Cristo ha bisogno di missionari dal cuore ardente, animati da una viva speranza, come lo furono: sant’Apollinare, forse proveniente dall’Oriente a Ravenna di cui ci parla il santo Dottore Pietro Crisologo; san Cassiano, martire insegnante di Imola; san Pier Damiani, legatissimo alla storia di Faenza; san Mercuriale, missionario armeno giunto a Forlì; san Marino, che si sentiva libero in Cristo. Mi piace ricordare anche sant’Antonio di Padova che visse a Montepaolo di Forlì per un solo anno, ma che lasciò con i suoi confratelli una grande tradizione di fede e di carità, affascinando i fedeli con la sua prima predica pubblica a Forlì nel 1222. Non possiamo dimenticare anche figure di testimoni come il Vescovo Costanzo, nel 313 Vescovo di Faenza, e Carlo Zucchini, che tanto operò per la presenza dei cattolici nel Novecento. Siamo chiamati a una nuova evangelizzazione, a dissodare il terreno, a seminare la speranza nei solchi della storia. Come Abramo dobbiamo essere convinti che il Signore manterrà le sue promesse. Siamo coscienti che, forse, non avremo il tempo di vederne la realizzazione.

Non dimentichiamo l’imprescindibile impegno pastorale dell’accompagnamento spirituale, personalizzato, dei giovani. Specialmente i pastori, scrive papa Francesco nel suo Messaggio per la 62ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, devono essere solleciti ad accogliere, discernere e accompagnare il cammino vocazionale delle nuove generazioni.

Come Chiesa che è in Romagna, presso la tomba di Pietro, preghiamo l’apostolo, sul quale Cristo volle edificare la sua Chiesa, perché possiamo vivere tutti insieme, camminando uniti verso quest’unico fine: «Che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché Cristo possa, con ciascuno, percorrere la strada della vita, con la potenza di quella verità sull’uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell’Incarna­zione e della Redenzione, con la potenza di quell’amore che da essa irradia» (RH n. 13).

Lasciamoci coinvolgere dal pellegrinaggio fatto a piedi per mettere in cammino la nostra interiorità, la nostra vita di fede, il nostro slancio missionario, una conversione a tutto tondo, comprensiva della conversione pastorale. Lasciamoci afferrare da Cristo. Speriamo contro ogni speranza. Lui è vicino alla nostra vita, alle nostre comunità. Vive con noi, per noi.

Rivolgiamo, in particolare, il nostro pensiero affettuoso al Santo Padre Francesco. Il Signore vicino al suo gregge è anche vicino al Pastore che, tornato finalmente dall’ospedale, vive un ministero più intenso.

Preghiamo il Signore perché lo aiuti. Sia suo sostegno e sua consolazione. Amen.

 

                                        + Mario Toso

                            Vescovo di Faenza-Modigliana