Cari parroci, presbiteri e diaconi, cari fratelli e sorelle,
nel contesto dell’anno giubilare come possiamo partecipare alla Trasfigurazione del Signore Gesù che ci viene ricordata dal Vangelo di san Luca? La porta santa è già stata aperta. Dobbiamo aprire la porta del nostro cuore al Risorto, convertendoci. È vivendo il suo Amore che ci trasfiguriamo come persone in relazione con gli altri e con il creato.
Il racconto della Trasfigurazione del Signore, all’interno dei Vangeli sinottici, è collocato dopo due momenti significativi: la professione di fede di Pietro e il primo annuncio che Gesù fa della sua Pasqua.
Infatti, nei versetti precedenti al Vangelo che abbiamo ascoltato, dopo essere stato riconosciuto come il Cristo, Gesù annuncia ai suoi discepoli che «il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Poi, a tutti, dice: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,22-24).
Solo, dunque, unendoci alla passione d’amore di Gesù possiamo partecipare alla sua Trasfigurazione.
L’evangelista Luca quando scrive che Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, «parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme» (Lc 9,31) non stanno parlando dell’esodo di Abramo, del passaggio dalla sua terra ad una nuova terra promessa e ad una nuova discendenza; non stanno parlando nemmeno dell’esodo di Mosè e del popolo ebraico, ossia del passaggio dalla schiavitù alla libertà attraverso il Mar Rosso. Il passaggio di cui stanno parlando è proprio quello descritto dal prefazio di questa domenica: «Dopo aver dato ai discepoli l’annuncio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria […] e indicò agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della risurrezione» (Prefazio II domenica di Quaresima).
I credenti giungono alla trasfigurazione partecipando alla morte e risurrezione del Signore Gesù. Questo, in particolare, avviene durante la celebrazione dell’Eucaristia alla quale siamo presenti.
Il Figlio, che sceglie di consegnarsi alla croce, di prendere su di sé la nostra morte e la nostra debolezza le trasfigura nella sua risurrezione, in una vita nuova. In ogni Eucaristia – come Pietro, Giacomo e Giovanni – contempliamo la trasfigurazione o, meglio, la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue del Signore. Nella santa Messa annunciando la sua morte, proclamiamo la sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta quando «trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso» (Fil 3, 21). Già ora, quindi, pregustiamo una trasfigurazione completa. Non solo. Siamo anche chiamati a rispondere generosamente e con impegno all’invito del Signore, per continuare l’opera di trasfigurazione o rinnovamento che Egli ha iniziata con la sua incarnazione, morte e risurrezione.
Cari fratelli e sorelle delle comunità di Lutirano, Tredozio, Modigliana, Marzeno, Sarna e Rivalta, «continuiamo un’opera di trasfigurazione allorché camminiamo insieme, allorché rinforziamo i percorsi di condivisione fra le vostre comunità e con la Diocesi: siamo un unico Corpo, il Corpo di Cristo. La trasfigurazione delle comunità è la via per poter meglio affrontare le diverse sfide che si pongono davanti: passare da [tante] comunità [all’] Unità pastorale che sa vivere in comunione, sa attuare un discernimento comunitario, sa progettare insieme il futuro secondo uno stile sinodale» (Toso, Omelia all’UP Marzeno, 12 maggio 2024), nel territorio.
Sollecitate dalla Trasfigurazione del Signore, compiuta nella sua Pasqua, le nostre comunità sono, dunque, chiamate «ad un cammino di trasfigurazione!» (Toso, Omelia all’UP Marzeno, 12 maggio 2024).
Il discernimento dei “segni dei tempi”, la considerazione della situazione sociale ed ecclesiale del territorio, ci presentano alcune sfide: «l’importanza dell’unità, del concepirsi in rete con le altre comunità all’interno del contesto diocesano; la necessità di uno sguardo creativo ed estroverso in ordine alla missione; l’importanza di uno sviluppo continuo dei carismi laicali (che possono esprimersi anche in ministeri istituiti e nei gruppi ministeriali); l’accompagnamento spirituale delle persone, in particolare dei giovani. Queste sono sfide che non potranno essere ignorate. Su di esse si deciderà il futuro della presenza della Chiesa in questo territorio, non piccolo» (Toso, Omelia all’UP Modigliana, 10 novembre 2024).
La dimensione della formazione alla fede e alla vita, e l’accompagnamento spirituale e vocazionale dei giovani, in modo personalizzato (!), vanno uniti sia all’accompagnamento degli ammalati e delle persone anziane che, pur in case protette, rimangono sempre legati alle loro famiglie, sia all’esercizio creativo della carità nei confronti dei poveri e degli immigrati bisognosi. Questi sono aspetti sui quali è necessario investire maggiori risorse pastorali, mostrando tutta la tenerezza di Gesù Buon samaritano. Tutti hanno bisogno di sentire il suo Amore. Ricordo bene i volti dei nonni che ho avuto la grazia di incontrare durante le visite pastorali. Li porto tutti nel mio cuore.
Dopo il terremoto e le alluvioni – l’ultima è stata proprio il 14 marzo 2025, e ha particolarmente colpito Marradi e Brisighella -, «oltre ai muri, bisognerà “ricostruire le persone”, far crescere le persone nella loro dimensione spirituale, morale, culturale» (Toso, Omelia all’UP Modigliana, 10 novembre 2024). Dobbiamo rimettere al centro della comunità la fede in Gesù Cristo. Tutto dipende dall’autenticità del nostro incontro con il Figlio di Dio, dall’immersione nella sua incarnazione e nel suo cuore, fornace ardente di Amore. Le opere e le iniziative sono poca cosa, umanisticamente parlando, se non sono la conseguenza e la risposta a una intensa comunione con Colui che è ricco di Misericordia, con il Missionario per eccellenza.
È necessario che cresca un laicato formato, corresponsabile: l’amore per Gesù Cristo non si esercita solo dentro i confini della comunità parrocchiale, ma va vissuto anche nella comunità civile, nel territorio. Siamo chiamati a mantenere viva la relazione fra fede e vita, poiché la fede nel Signore porta ad un rinnovamento integrale dell’umanità e della creazione, in tutti i suoi aspetti, anche quello sociale. Abbiamo bisogno di laici e laiche che siano in grado di mantenere i fili della relazione fra comunità ecclesiale e comunità civile, dando un apporto significativo alla progettualità del territorio, per il futuro della comunità, per invertire, tutti insieme, animati dall’amore di Cristo, la tendenza allo spopolamento, perché non siano negati i diritti costituzionali (diritto all’istruzione, alla salute) alla gente. Si va incontro, infatti, ad una sensibile diminuzione dei servizi pubblici nei territori collinari, ad un progressivo spopolamento, soprattutto giovanile, dovuto anche al calo della natalità. Eppure, ci sono giovani che desiderano restare! Per loro e grazie a loro si può progettare un nuovo modello di vita sociale, con al centro la cura dell’ambiente e gli investimenti nel territorio, per conservare e potenziare i servizi, per rendere le comunità collinari accoglienti e attraenti nei confronti delle famiglie e delle imprese, con adeguate politiche per la casa e il lavoro. A riguardo ci vorrebbe un’adeguata evangelizzazione del sociale!
Rimanere nella propria terra non deve essere un sacrificio, ma deve presupporre un rinnovato impegno nel renderla abitabile, accogliente, anche incentivando i percorsi spirituali e religiosi. Penso ai cammini sulle colline che attirano tanti escursionisti e pellegrini. Ricordo l’Eremo di san Barnaba in Gamogna, l’opera dell’eremita fratel Moreno, che si pongono in continuità con la spiritualità del nostro patrono S. Pier Damiani.
«Abbiamo davanti un ampio orizzonte, una prospettiva esigente. Siamo chiamati a crescere secondo la misura della pienezza umana di Cristo. Ma questo non ci deve spaventare, perché come ci dice il Vangelo di Marco “il Signore agiva insieme con loro” (Mc 16, 20). Lui è il vivente, è il Dio-con-noi, l’Emmanuele: non ci abbandona, continua a zappare con noi la sua vigna che è la Chiesa» (Toso, Omelia all’UP Marzeno, 12 maggio 2024).
Chiediamo al Signore la forza per proseguire il cammino giubilare intrapreso, domandiamo di non avere paura nel seguirlo nelle croci della nostra quotidianità, perché la nostra vita possa essere trasfigurata dal suo amore.
La Quaresima ci aiuti a purificare il nostro spirito e a intensificare la nostra vicinanza al Cuore di Gesù risorto. Preghiamo per la salute di papa Francesco. Ci protegga la Beata Vergine delle Grazie.
+ Mario Toso