Carissimi, in questa 16.a Assemblea diocesana dell’AC, il mio più sentito saluto a tutti voi. E subito il mio ringraziamento per l’impegno profuso dalla vostra Associazione nelle parrocchie e nella Diocesi di Faenza-Modigliana, a servizio dell’evangelizzazione. Ringrazio, in particolare, coloro che – dalla Presidente diocesana ai Presidenti parrocchiali – hanno avuto una responsabilità apicale di coordinamento e di animazione, ma anche i singoli associati per la loro testimonianza cristiana nei vari luoghi di vita. Non intendo escludere dal ringraziamento gli Assistenti. Formulo i più fervidi e cordiali auguri alla futura dirigenza, per chi sarà Presidente diocesano, scelto o scelta da una terna di nomi, come previsto dal vostro Statuto, sottoposta al vescovo.
La verifica del cammino triennale già trascorso aiuterà sicuramente il rilancio del vostro prossimo compito di servizio alla Chiesa locale, in uno spirito di comunione col Vescovo e le altre componenti della comunità cristiana. Sarò contento, dopo la proclamazione dei nuovi Presidenti parrocchiali, che sarà fatta più avanti, di dare a loro il mandato, di durata triennale, come segno anche della loro stretta collaborazione con il vescovo.
Una guida – oltre alla vostra bella e gloriosa tradizione faentina – la offre l’esortazione apostolica Evangelii gaudium (=EG), che tutte le diocesi italiane, ma non solo, sono dedite a recepire e a tradurre in vita apostolica, mediante una coraggiosa conversione pastorale, in uno slancio missionario, caratterizzato dalla gioia del Vangelo. Secondo papa Francesco occorre entrare decisamente in una nuova tappa evangelizzatrice. Si tratta di un’evangelizzazione che deve compiersi nella sinodalità, respirando con due polmoni – parrocchia e diocesi, diocesi e Chiesa universale -, operando su due versanti, ad intra e ad extra della Chiesa stessa. Questa è comunione con Cristo e tra noi, in vista della missione, ossia è comunità permanentemente «in uscita».
Non bisogna dimenticare che l’evangelizzazione include una dimensione sociale, come ha ampiamente illustrato papa Francesco nell’EG, specie nel IV capitolo. Non ci può essere una Chiesa a metà, come anche il laicato non può essere impegnato solo ad intra e non ad extra.
Nell’EG il pontefice invita i christifideles laici a non rinunciare, in particolare, al realismo della dimensione sociale del Vangelo (cf EG n. 88). Non bisogna promuovere, allora, né un laicato affetto da una sorta di complesso di inferiorità, che conduce a relativizzare o ad occultare la sua identità cristiana e le sue convinzioni (cf EG n. 79); né laici poco propensi a dedicarsi alle parrocchie (cf EG n. 81), e, invece, maggiormente dediti ad una difesa ossessionata del loro tempo e della loro gloria personali (cf EG n. 93); né un laicato che ha la pretesa di «dominare» lo spazio della Chiesa (cf EG n. 95); nemmeno un laicato «introverso», poco propenso ad un impegno di incarnazione dei valori cristiani nel sociale (cf EG n. 102).
In questo periodo l’AC si è consacrata, assieme a tutte le altre componenti ecclesiali, alla ricezione dell’EG. Pertanto, sta già riflettendo su quale tipo di laicato occorre oggi investire, in linea con gli insegnamenti di papa Francesco. Proprio per questo non mi dilungo nel discorso e nemmeno sul tipo di Chiesa che egli ci propone.
In vista della preparazione, organizzazione, celebrazione ed attuazione del futuro Sinodo dei giovani, con i giovani, per i giovani, l’AC si è già mobilitata. Anche in questo caso essa continuerà ad offrire il suo specifico contributo, a partire dalla partecipazione nella Consulta giovanile, da poco istituita, in vista del raggiungimento degli obiettivi sinodali. Non è inutile richiamarne qui alcuni:
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divenire protagonisti nel rinnovamento e nella costruzione della comunità ecclesiale, scegliendo gradualmente il proprio ministero, assumendo responsabilità nella catechesi, nell’esercizio della carità, nella amministrazione dei beni ecclesiastici, nelle varie branchie della pastorale (vocazionale, giovanile, missionaria, culturale, famigliare, sanitaria, scolastica, sociale, massmediatica, ecc.) alla quale corrispondono vari Uffici o Centri della Diocesi, che peraltro sono in fase di revisione;
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divenire gradualmente protagonisti e costruttori della società secondo lo spirito del Vangelo, il principio dell’incarnazione, la testimonianza della vita e l’azione. Il credente è chiamato a confessare la sua fede anche nel sociale. La redenzione di Cristo, infatti, ha inevitabilmente una dimensione e un significato sociali. Grazie alla sua incarnazione, che assume tutto l’uomo, Cristo non redime solo la vita interiore e il singolo ma anche le relazioni sociali tra gli uomini e i popoli (cf Evangelii gaudium, n. 178).
Come avete sentito, tra gli obiettivi vi è quello di aiutare i giovani a divenire anche protagonisti di una nuova evangelizzazione del sociale. E, quindi, occorre, come ha detto recentemente il vostro Presidente Matteo Truffelli, in un’intervista ad «Avvenire», non tanto fare dei giovani un oggetto di studio quanto piuttosto mettersi al loro fianco per interpellarli e invitarli ad assumersi le loro responsabilità. I giovani non sono solo il futuro di qualcosa, ma il presente della Chiesa e del mondo. L’auspicio è, allora, che la Chiesa intera sappia mettersi in ascolto di queste vite e, quindi, in discussione circa la sua attuale pastorale giovanile, soprattutto del post-cresima. Va rivisto l’impegno pedagogico e l’opera di orientamento vocazionale e di accompagnamento, entrambi frutto di una sinergia tra vari soggetti, non esclusi gli assistenti e i sacerdoti, i quali sono imprescindibili per la formazione cristiana.
Occorre puntare a che i nostri giovani, affascinati da Cristo, diventino gradualmente abili ed efficaci comunicatori della fede ad altri giovani, a partire da una vita che è luce e che irradia Gesù, incontrato ed amato. Non basta che siano provetti comunicatori, occorre che siano esperti della vita cristiana, dell’umano redento e trasfigurato, ossia persone nelle quali la fede si traduce in vita, in opere, come è avvenuto in diversi giovani dell’AC, alcuni dei quali sono pervenuti alla venerabilità e alla santità.
Gli obiettivi del futuro Sinodo diocesano sono senz’altro omogenei con la natura ecclesiale, educativa e missionaria dell’AC. Pertanto è da immaginare una sintonia ed una sinergia davvero più intense tra le comunità parrocchiali, diocesana e l’AC. La fraternità collaborante, in questi anni di impegno missionario, sarà il segno distintivo di un’«uscita evangelizzatrice» compiuta assieme, pensando al futuro del Vangelo in questo territorio. Non possiamo tardare a formare nuove generazioni di credenti, per il bene della Chiesa e della società civile. Gioverà una cura particolare sul piano spirituale, perché l’appartenenza a Cristo non sia nominale o formale, ma si radichi nella vita, nelle scelte e nella cultura, oltre che nelle istituzioni. Sorreggerà la convinzione che incontrare, conoscere ed amare Cristo è un diritto di tutti, compresi coloro che, mediante i lunghi viaggi della speranza, giungono da noi, spogliati di tutto.
L’AC sia davvero un’associazione radicata nel futuro. Cristo ci abbraccia e ci pervade per intero, perché egli è lo «stesso ieri, oggi, e per sempre» (Eb 13,8). Egli ci attende, risorto e glorioso, alla destra del Padre. Il futuro rappresenta il traguardo del nostro compimento in Lui, nella pienezza della sua statura morale e spirituale. E lo rappresenta perché siamo già innestati in Cristo. Esso, pertanto, indica una direzione, un anelito, un compito, una progettualità, aperta al trascendente. Viviamo con lo sguardo proteso verso le cose di lassù, la Gerusalemme celeste.
Di nuovo tante grazie e tanti auguri per i vostri lavori, per l’agenda del prossimo triennio. Dio vi benedica, a sua maggior gloria!