[feb 14] Intervento – Conferenza Cooperative “Insieme si può”

14-02-2025

COOPERATIVE SOCIALI, IMPRESE SOCIALI – MA NON SOLO – NEI TEMPI IN CUI I SUPER RICCHI INTENDONO PORSI AL POSTO DELLO STATO E DEL WELFARE PUBBLICO: UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA SOCIALE, PARTECIPATIVA, DELIBERATIVA, INCLUSIVA: NÉ STATI NE’ SUPERPOTENZE DOMINATE DA OLIGARCHIE E TECNOCRAZIE, DA MACCHINE INTELLIGENTI O SPIRITUALI, NE’ CONTINENTI SENZA AUTONOMIA E UNITA’ POLITICA, SENZA UN PENSIERO CRITICO, PENSANTE, SENZA POPOLI DEMOCRATICI, OSSIA LIBERI, SOLIDALI SECONDO SUSSIDIARIETA’

Conferenza alla Cooperativa Insieme si può di Treviso

Faenza, Seminario, 14 febbraio 2025.

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  1. Sviluppo e intelligenza artificiale[1]

 

Il contesto in cui ci troviamo:

Con il giuramento di Donald Trump si sono mostrate, al Campidoglio americano, accanto al nuovo Presidente degli Stati Uniti, una nuova élite e una nuova ideologia: si è potuto constatare una nuova rappresentazione del rapporto economia, tecnocrazia e politica, concretamente incarnata in Musk, nei potentati economici presenti e in Trump. La nuova rivoluzione tecnologico-culturale è apparsa in carne ed ossa, esultante accanto al nuovo Presidente degli USA.

L’orizzonte ideologico che guida la nuova rivoluzione nordamericana – tendenzialmente proteso a dominare il mondo – è quello di uno sviluppo incontenibile, in cui il successo costituisce l’unica misura, in cui si è insofferenti di ogni regolamentazione esigente o che non è proveniente dal proprio interno – è emerso chiaramente anche nel recente Summit AI Action di Parigi (10-11 febbraio 2025). Un tale Summit aveva come obiettivo di sottoscrivere una dichiarazione congiunta tra gli Stati per garantire un’intelligenza artificiale «sicura, efficiente e trasparente» per tutti. Ma, gli Stati Uniti e il Regno Unito, con la scusa che non potevano accettare una regolamentazione troppo restrittiva, dannosa per la loro autonomia, non hanno firmato la dichiarazione, siglata, invece, da 60 Paesi. L’accelerazione dello sviluppo comporta necessariamente la creazione di sempre nuovi bisogni, e per questo l’efficacia dell’informazione e della comunicazione. Il governo del loro sistema risulta essenziale. Soltanto una conoscenza pervasiva dei comportamenti consente di orientarli e trasformarli. La direttrice dello sviluppo incontenibile è semplicemente l’anonima legge dello sviluppo indefinito. Le nuove élite, i nuovi Musk hanno, ovviamente, bisogno di una politica o di un Politico funzionali, che rendano, cioè, il contesto socioculturale coerente col suddetto sviluppo, con uno sviluppo tecnocratico, utilitarista. Il Politico più funzionale – più polizia che vera politica -, appare essere ora Trump.[2]

E, in tutto questo, l’Europa, impegnata a sostenere l’Ucraina nella guerra contro la Russia, popolata dalla rinascita di nazionalismi esasperati, e incapace di costituire un’entità autonoma e politicamente unita, che ruolo svolge? Secondo lo storico francese Emmanuel Todd, essa si presenta, di fronte ai cambiamenti globali in atto, come un continente che non è più in grado di reggere le sfide e di esprimere un ruolo importante. Sta andando alla deriva. L’Occidente – che è stato culla di una grande civiltà – appare indebolito, avviato all’autodistruzione, a causa del declino demografico, delle strutture familiari, della scomparsa della religione e del trionfo del nichilismo in ogni aspetto della vita sociale. Dopo l’eventuale pace che sarà siglata tra Ucraina e Russia, l’Europa vedrà più lucidamente lo stato del proprio sfacelo, la sconfitta della propria civiltà in frantumi (cf La sconfitta dell’Occidente, Fazi Editore, Roma 2024). Tutto questo avverrà, a patto che non vi sia un sussulto dei popoli europei, una loro mobilitazione più convinta, più seria, e, quindi, più pensata, più preparata anche dal basso, con la partecipazione delle società civili, delle comunità religiose, della cultura, dei parlamenti.

 

  1. I super ricchi al posto dello Stato?

Riflettendo sull’attuale situazione internazionale e sull’emergere del capitalismo «woke» e sulle sue conseguenze geoeconomiche, Stefano Zamagni, già Presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali, in un recente articolo, apparso su «Avvenire», (venerdì 7 febbraio 2025 a pagina 15) si impegna in particolare a mostrarne le implicanze sia politiche sia etiche. Il fenomeno “Trusk” (Trump + Musk), scrive Zamagni, non è qualcosa che è nato improvvisamente. Come illustra un recente studio di Carl Rhodes (cf Il capitalismo Woke. Come la moralità aziendale minaccia la democrazia, Fazi Editore, Torino 2023)[3] coloro che sostengono il capitalismo woke – poiché la politica democratica non è più in grado di assecondare le aspettative di benessere dei cittadini e poiché gli enti di Terzo settore non hanno la forza, pur avendone la volontà, di provvedervi -, vorrebbero che ricchi e super ricchi si facciano carico di sostituire lo Stato nell’assolvimento dei suoi compiti nell’area del welfare, a patto di non essere gravati da un’imposizione fiscale superiore al 15%. I ricchi e i super ricchi prenderebbero il posto dello Stato nella gestione del welfare pubblico. La loro capacità di ripianare il deficit del servizio pubblico, la loro «generosità» nei confronti del sostegno del welfare pubblico sarebbero accettate con riconoscenza, non considerando però come ciò di fatto sia raggiungibile, trascurando di valutare il rapporto mezzi/fini, ossia di giudicare come la ricchezza dei benefattori viene raggiunta o anche come i cittadini che, essendo sprovvisti di risorse economiche, siano lasciati a sé stessi.

In definitiva, dando per pacifico che i super ricchi siano riconosciuti dall’autorità politica come affidabili e atti a gestire i sistemi di welfare pubblico, si intenderebbe forse superato il principio secondo cui l’economia, la finanza e la stessa politica per essere umane, ossia ministeriali al bene comune, devono essere strutturate ed istituzionalizzate eticamente? Nelle attività economiche e finanziarie, i tradizionali principi dell’etica, quali la trasparenza, l’onestà, la responsabilità sociale, come anche la logica del dono come espressione della fraternità (cf Caritas in veritate, n. 36) possono venire trascurati o attenuati?

Tutto questo, evidentemente, secondo la dottrina o insegnamento sociale della Chiesa pregiudicherebbe la realizzazione di una democrazia inclusiva, ossia di una democrazia che si fa effettivamente carico dei più poveri, di una sua concretizzazione ad alta intensità, come ha detto papa Francesco.[4] Metterebbe in difficoltà cooperative sociali, la stessa economia civile che,[5] mediante buone pratiche sociali che favoriscono la conoscenza reciproca, la fiducia tra le persone e le relazioni di sostegno, ricreano luoghi vissuti dagli abitanti come prossimi, favoriscono una nuova coniugazione della sussidiarietà nella solidarietà di un fare insieme.

Ma qui non si può non fermare l’attenzione sulla attuale tendenza, che appare sempre più diffusa, e cioè che, secondo lo spirito del tempo, lo Stato di diritto sociale, Stato democratico, Stato di partecipazione, inclusivo, frutto di lotte e di guerre sanguinose, di conquiste epocali, sembra essere surclassato da mercanti di umanità, da persone e gruppi che si impersonano, in certo modo, con lo Stato e ne destrutturano l’istituzione giuridica – lo Stato non è la comunità politica ma una parte, un complesso di istituzioni specializzate negli interessi del tutto -, facendogli perdere la legittimazione popolare, la regia della politica e del bene comune, indebolendone o oscurandone la funzione legislativa e dell’osservanza delle leggi, l’amministrazione della cosa pubblica. Non si tratta di cose insignificanti, di poco conto. Di fatto, per tale strada, si rafforza quanto i pontefici hanno stigmatizzato, ossia il crescente primato dell’economia sulla politica. Si apre sempre più la via ad un’economia che non serve le persone, ma che, piuttosto, le spadroneggia e che giunge, persino, ad uccidere. A questo proposito basti citare quanto ha sollecitato a fare papa Francesco con il suo Messaggio ai partecipanti al IV Incontro annuale di The economy of Francesco (Assisi, 6-8 ottobre 2023), ossia ad impegnarsi con tutte le forze per una nuova economia, un’economia che fa vivere tutti: «L’economia che uccide non coincide con un’economia che fa vivere; l’economia delle enormi ricchezze per pochi non si armonizza dal proprio interno con i troppi poveri che non hanno di come vivere; il gigantesco business delle armi non avrà mai nulla in comune con l’economia della pace; l’economia che inquina e distrugge il pianeta non trova nessuna sintesi con quella che lo rispetta e lo custodisce. È proprio in queste consapevolezze il cuore della nuova economia per la quale vi impegnate. L’economia che uccide, che esclude, che inquina, che produce guerra, non è economia: altri la chiamano economia, ma è solo un vuoto, un’assenza, è una malattia, una perversione dell’economia stessa e della sua vocazione. Le armi prodotte e vendute per le guerre, i profitti fatti sulla pelle dei più vulnerabili e indifesi, come chi lascia la propria terra in cerca di un migliore avvenire, lo sfruttamento delle risorse e dei popoli che rubano terre e salute: tutto questo non è economia, non è un polo buono della realtà, da mantenere. È solo prepotenza, violenza, è solo un assetto predatorio da cui liberare l’umanità».

Dopo quanto detto circa i super ricchi che mirano a mettersi al posto dello Stato c’è ancora da porsi un’ulteriore domanda: se continuerà ad espandersi l’orientamento dei super ricchi al posto dello Stato potrà consolidarsi e perfezionarsi l’attuale configurazione del welfare in termini civili, che chiama le tre sfere (sfera degli enti pubblici, sfera delle imprese, sfera della società civile) di cui si compone l’intera società a rapportarsi secondo il principio della solidarietà e il principio di una sussidiarietà che si può definire circolare?[6]

La risposta all’interrogativo posto è evidentemente negativa. Il fatto si è che, se così avverrà, non avremo un ulteriore progresso sociale, bensì una regressione dal punto di vista di una democrazia sostanziale, ossia sociale, partecipativa ed inclusiva.

Infatti, con il Welfare civile, rispetto al Welfare State o ad un Welfare gestito a nome dello Stato, si acquisiscono più vantaggi. Non solo si possono avere servizi più personalizzati e meno dispendiosi, nel senso di meno burocratizzati e meno costosi, ma anche più «democratizzati», più partecipati sul piano dell’organizzazione, più controllati dai cittadini che vivono nel territorio in cui sono erogati. Inoltre, il nuovo modello consente di reperire le risorse necessarie anche dal mondo delle imprese socialmente responsabili.

 

  1. La dottrina sociale della Chiesa: recenti sviluppi

A fronte di questi scenari, che ci prospettano un mondo coinvolto in profondi cambiamenti, la Dottrina sociale della Chiesa (o IS o MS) promulgata dagli ultimi pontefici, non raramente posta negli Statuti delle proprie associazioni come punto di riferimento per il proprio discernimento, la propria operatività e per la spiritualità, quale contributo può offrire alla propria cooperativa? La DSC è dimenticata? È valorizzata quale strumento che sollecita non solo ad una operatività solidale ma anche alla evangelizzazione, a donare Cristo a riconoscerlo e ad amarlo nelle persone che si curano e si servono?

Penso che la DSC,[7] specie oggi, abbia un validissimo contributo da offrire sul piano della stessa cooperazione, del servizio alla società e, in particolare, alle persone e alle famiglie. Spesso nelle nostre attività si corre il rischio della mancanza di un pensiero pensante, di una mediocrità spirituale, di mettere tra parentesi la nostra identità culturale e religiosa. La DSC può contribuire alla rinascita della cooperazione in senso personalista e comunitario se viene vissuta non come una realtà che viene calata dall’alto, da un mondo astratto, avulso dalla realtà, bensì come una realtà che trova le sue radici di ispirazione e di orientamento dell’azione nel profondo del nostro essere e della nostra vita in Cristo, Verbo incarnato, morto, risorto, sempre veniente (in noi, nella storia, con il suo Spirito d’Amore).

Solo se il nostro cuore – scrive papa Francesco nella sua ultima enciclica – vive unito a quello di Cristo è capace di compiere dei «miracoli sociali».[8] L’amore di Cristo, amore umano e divino, amore a noi partecipato, ci mette in marcia verso un’umanità in pienezza. Ci movimenta non verso qualcosa di etereo, bensì verso Gesù Cristo, che è anche l’insuperabile assoluto umano di Dio! Con noi e attraverso di noi avanzano, verso il Cristo glorioso, tutte le creature,[9] tutte le nostre istituzioni sociali, comprese le imprese sociali, l’economia civile, il terzo settore.[10] Tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, vengono ricondotte a Cristo, ricapitolate in Lui, unico capo, mediante la ricchezza della sua grazia-amore, riversata in noi dal suo Spirito (cf Ef 1,10).

Nella nostra esistenza terrena, contrassegnata da ingiustizie, conflitti, diseguaglianze, prevaricazioni sui più deboli, sfruttamenti delle risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, trattamenti disumani delle persone migranti, perché incamminati verso l’assoluto umano di Dio, non possiamo limitarci, per conseguenza, ad aspettare. Dobbiamo annunciare, organizzare, costruire la speranza! Come pellegrini della speranza, che è Cristo Gesù – speranza che non delude -,[11] proprio per essere segni efficaci e luminosi di speranza, dobbiamo tracciare e concretizzare cammini di speranza per tutti. Tocca a tutti organizzare la speranza e tradurla nella quotidianità, nei rapporti umani, nella cooperazione, nei legami con il pianeta, nell’impegno sociale e politico. È nel mistero, da noi partecipato in Cristo, della ricapitolazione di tutte le cose in Lui risorto che trova le sue radici il mostro impegno di vivere la dimensione sociale della fede, della nostra vocazione al sociale, della nostra partecipazione all’evangelizzazione del sociale.

Ignorare la Dottrina sociale della Chiesa significa ignorare la dimensione sociale della nostra fede, significa “vanificare” la redenzione integrale di Cristo,[12] che redime tutta la persona, nel suo spirito, nella sua corporeità, nelle sue relazioni. Ciò finisce per produrre una radicale frattura tra la nostra fede e la vita quotidiana, provocando gradualmente l’indifferenza nei confronti della nostra appartenenza al Signore e al suo Corpo che è la Chiesa.[13]

 

                                                                   + Mario Toso

                                                    Vescovo di Faenza-Modigliana

[1] Cf Francesco, Messaggio al Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron, in occasione del “Vertice per l’azione sull’Intelligenza Artificiale (Parigi, 10-11 febbraio 2025).

[2] Cf M. Cacciari, Le nuove élite USA, in «La Stampa», sabato 25 gennaio 2025, p.26.

[3]È questo un testo fondamentale per comprendere uno dei trend politici ed economici più rilevanti dei nostri tempi. Secondo l’Autore il suo libro è un invito ad opporre resistenza al capitalismo woke e a non farsi ingannare.

 

[4] Cf M. TOSO, Chiesa e democrazia, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 20252, specie pp. 187-213.

[5] Le imprese dell’economia civile creano valore economico e fanno profitti come le altre imprese ma non hanno il massimo profitto come loro obiettivo costitutivo e scopo di vita. Il fine della loro azione e la sorgente della passione che anima il loro lavoro è il progetto generativo di trasformazione della società che hanno in mente e che mobilita energie e motivazioni intrinseche dei loro dipendenti, mentre il profitto e la sostenibilità economica sono il vincolo ineludibile, ma non il fine della loro azione. Non vivono secondo il principio dell’immunitas (evitando il più possibile relazioni e rapporti attraverso relazioni gerarchiche e non considerando gli effetti sociali ed ambientali delle loro azioni) ma secondo quello della communitas e della cura, dove l’altro, il collega di lavoro, non è un mezzo ma è un fine. E traggono profitto dalle regole dell’intelligenza relazionale conoscendo gli ingredienti di fiducia, dono, reciprocità che generano cooperazione e rendono possibile la generazione di quel surplus di valore sociale ed economico che solo il lavoro di squadra di colleghi con competenze complementari e non sovrapponibili consente di raggiungere nella complessità della vita economica (L.  Becchetti, La “Lettera a Diogneto” applicata alla realtà delle imprese dell’economia civile, in «Avvenire», L’economia civile (mercoledì 12 02 2025) p. 3.

[6] Cf M. TOSO, Chiesa e democrazia, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 20252, pp. 245-247.

[7] Cf Pontificio Consiglio Della Giustizia E Della Pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004; B. Sorge, Introduzione alla dottrina sociale della Chiesa, Queriniana, Brescia 2020; M. Toso, Dimensione sociale della fede. Sintesi aggiornata di Dottrina Sociale della Chiesa, LAS, Roma 20232; ID., Quale avvenire per la Dottrina Sociale della Chiesa, in «Testimoni nel mondo» anno VI (2024) n. 4, pp. 51-58.

[8] Cf Dilexit nos, nn. 28-29.

[9] Cf DN, n. 31.

[10] Cf https://www.italiaoggi.it/settori/terzo-settore/terzo-settore-continua-la-crescita-degli-enti-qjmck1y6

[11] Cf Francesco, Spes non confundit, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2024.

[12] Cf Francesco, Evangelii gaudium, n. 176.

[13] Cf G. Galeazzi-M. Toso, Fede e ragione nel terzo millennio, Tipografia Faentina Editrice, Faenza 2022, pp. 25-64.