[feb 13] Intervento – Veglia di San Valentino

Faenza, sant’Ippolito 13 febbraio 2020
13-02-2020

Un amore più grande,  per essere luce del mondo

Per la Veglia di san Valentino è stato scelto come tema ispiratore «Voi siete la luce del mondo», in linea anche con la Lettera pastorale di quest’anno. E ciò non a caso. Eloquente è la copertina del Sussidio per la nostra preghiera che riproduce l’opera  “Le tre candele” di Marc Chagall. Una coppia di innamorati guardano abbracciati le candele, simbolo della fede, per farsi illuminare dalla luce di Dio. A ben riflettere sull’amore degli innamorati cristiani – ringraziamo i «fondatori» di questo bel momento di riflessione in Diocesi, ossia il dott. Maurizio Ghini e la moglie Marinella Paganini – si scorge che tale amore non solo viene illuminato dall’amore di Dio ma esso stesso, specie se vissuto in quello di Cristo, diviene un segno di luce, un’irradiazione dell’amore divino.  L’amore degli innamorati cristiani, che sperimentano in loro non solo la bellezza dell’amore umano, ma anche la profondità e l’ampiezza dell’amore di Cristo, scoprono gradualmente che l’amore che li unisce, non li tiene solo abbracciati tra di loro, ma li proietta verso l’amore di Dio, verso una esistenza che non è solo per se stessi, ma anche per gli altri, per la vita. La loro vita diviene luce nel mondo.

Gli innamorati si attraggono e sembrano essere strappati dal limite della loro contingenza. Giungono, infatti, a promettersi un amore eterno, per sempre.  Vivono come sollevati da terra, guardandosi negli occhi. Ecco: nel loro amore è insita una promessa di eternità, di fedeltà duratura. Tale promessa viene consolidata dall’amore totale e indiviso di Cristo. Quando i fidanzati si incontrano con Cristo non trovano un nemico del loro amore, bensì un potente alleato che li avvince con legami di tenerezza, in un mutuo potenziamento. Se già il loro amore umano all’inizio offre la sensazione di potere tutto, di essere in un certo senso onnipotente e di vincere su tutto, la comunione con Cristo fa sì che il loro amore diventi una forza divina, al punto di poter affermare: omnia vincit amor.

Ben si sa che la promessa di un amore perenne tra due «tu», uniti in un «noi» di dono reciproco è, però, sempre esposta al rischio della fine. Ciò avviene quando c’è chiusura in se stessi, nel proprio io e l’altro o l’altra diviene non un fine in Dio, bensì un semplice mezzo della propria affermazione. La piattaforma di lancio che è costituita da un «noi in comunione», può trasformarsi in divisione, nella tomba dell’amore. L’amore non fiorisce, non evolve se rimane solo allo stadio emozionale, di gratificazioni utilitaristiche: l’altro o l’altra non sono amati per se stessi ma prevalentemente per il proprio tornaconto.

Grazie a Cristo l’amore umano viene confermato per quello che è: un io per te, con te, per sempre. Ma non solo: viene trasfigurato, reso luminoso, in un io per te, con te, per sempre in Cristo, la Luce vera, quella che illumina ogni uomo (cf Gv 1,9).

Celebrare la festa degli innamorati è l’occasione di rinsaldare il loro affetto, cogliendolo inserito nella immensità della comunione della Trinità.  Nella comunità d’Amore che è la Trinità l’amore non cerca più se stesso. Diventa impegno a volere il bene dell’amato, con disinteresse, amandolo non solo per se stesso ma in Dio. L’amore diventa cura dell’altro, per l’altro, diventa rinuncia, è pronto anche al sacrificio, anzi lo cerca.

Vincere la paura del «per sempre»

Oggi ciò che rende incerti e fragili i fidanzamenti, peraltro prolungati nel tempo, è il dubbio se sia possibile amarsi «per sempre». È la paura della scelta definitiva, che coglie anche i giovani che desiderano consacrarsi al Signore. Si parte con entusiasmo, quasi volando, ma poi la prospettiva del legarsi per sempre rallenta i propri passi, quasi scoraggia.

A dei giovani fidanzati che si preparavano al matrimonio e domandavano a papa Francesco un consiglio, egli li invitò a crescere e a costruire la casa della loro vita sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio. Per non lasciarsi sopraffare dalla «cultura del provvisorio» e per superare la paura del «per sempre» occorre aprirsi all’amore più grande, l’amore di Dio.  La paura del «per sempre» «si cura giorno per giorno affidandosi al Signore Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano, fatto di piccoli passi – passi di crescita comune – fatto di impegno a diventare donne e uomini maturi nella fede. Perché, cari fidanzati, il “per sempre” non è solo una questione di durata! Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani. Mi viene in mente il miracolo della moltiplicazione dei pani: anche per voi, il Signore può moltiplicare il vostro amore e donarvelo fresco e buono ogni giorno. Ne ha una riserva infinita! Lui vi dona l’amore che sta a fondamento della vostra unione e ogni giorno lo rinnova, lo rafforza. E lo rende ancora più grande quando la famiglia cresce con i figli. In questo cammino è importante, è necessaria la preghiera, sempre. Lui per lei, lei per lui e tutti e due insieme. Chiedete a Gesù di moltiplicare il vostro amore. Nella preghiera del Padre Nostro noi diciamo: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Gli sposi possono imparare a pregare anche così: “Signore, dacci oggi il nostro amore quotidiano”, perché l’amore quotidiano degli sposi è il pane, il vero pane dell’anima, quello che li sostiene per andare avanti. Questa è la preghiera dei fidanzati e degli sposi. Insegnaci ad amarci, a volerci bene! Più vi affiderete a Lui, più il vostro amore sarà “per sempre”, capace di rinnovarsi, e vincerà ogni difficoltà» (Discorso ai fidanzati, venerdì 14 febbraio 2014).

Cari fidanzati, ricordatevi che il cristianesimo non dà da bere del veleno al vostro amore, come pensava Friedrich Nietzsche. Non innalza cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta dal Creatore, offre una felicità che fa pregustare qualcosa del Divino. La Chiesa non rende amara la cosa più bella della vita. Aiuta a viverla nella sua essenza più profonda, quella del dono reciproco, che chiama a sollevarsi al di sopra del proprio «io», a trascendersi, guarendo l’istinto del ripiegamento su se stessi. L’amore umano, per il credente, è chiamato a diventare amore divino. L’acqua deve tramutarsi in vino. La Chiesa, i sacerdoti, come i vostri genitori e i vostri nonni, desiderano per voi l’amore più grande, non la vostra infelicità. La Chiesa desidera esserne custode e vuole accompagnarvi perché diventi un’«estasi»: estasi non nel senso di ebbrezza, ma estasi «come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (Deus caritas est, n. 6). La strada più bella per cercare Dio, per incontrarlo, per gustarne la Bellezza è la strada dell’amore. Dio vi renderà luce per tutti!

+ Mario Toso