Faenza, Chiesa di sant’Agostino, 2 febbraio 2023.
La santa Messa per la vita consacrata ci sollecita a vivere un momento intenso e suggestivo della nostra fede. Intenso, perché la vita consacrata è modello alto della donazione a Cristo di tutti i credenti. Suggestivo, perché indica ad ogni credente ciò che è essenziale nella vita cristiana per vivere nella gioia del Signore. La Parola di Dio ci presenta, come modello di esistenza, rivolta al Trascendente, Simeone ed Anna, due persone che hanno dedicato tutta la loro vita ad attendere la venuta del Messia, andandogli incontro, sospinti dallo Spirito. Lo Spirito d’amore e di verità, Spirito di Dio, li aveva condotti e sostenuti sino alla vecchiaia, in attesa dell’incontro e dell’abbraccio con Chi è l’approdo di ogni desiderio. Volevano vedere la salvezza tanto sperata, che si rendeva concreta e tangibile nella loro vita, in mezzo al popolo, nella storia dell’umanità.
Essi scrutavano nelle vicende umane i segni della venuta del Salvatore. I loro occhi si erano consumati ed indeboliti. Ma il loro spirito restava indomito, inquieto, ardente di attesa. Gli occhi del loro animo restavano aperti e desiderosi di incontrare finalmente il Messia. È così che, al limite dei loro anni, hanno la gioia di vedere e di incontrare nel Bambino Gesù la salvezza, di toccarla, di accoglierla tra le loro braccia (cf Lc 2, 26-28): una salvezza non eterea, sfuggente, ma fatta carne, umanità vivente.
Care sorelle e cari fratelli religiosi, come è bella la vostra, la nostra attesa. Essa rivive la fedeltà di Simeone e di Anna. Ogni giorno si recano al Tempio. Ogni giorno sperano e pregano, anche se il tempo passa e sembra non accadere nulla. La vita dei religiosi e delle religiose illumina la Chiesa. La riempiono di luce, dello splendore di Cristo. Aspettano tutta la vita, senza scoraggiamenti e senza lamenti, restando fedeli ogni giorno, alimentando la fiamma della speranza nella comunità e tra la gente. Completamente donati al loro Signore, i religiosi e le religiose si dedicano con tutte le forze alla lode e al servizio dell’annuncio del Regno veniente. Le loro comunità, siano esse eminentemente contemplative, siano esse attive nella contemplazione, nell’intimità col Verbo incarnato, sono comunitariamente protese a vedere e a riconoscere Cristo che viene e si propone come principio di vita filiale. Invocano il farsi del Cristo totale, del suo corpo che è la Chiesa, anticipo della pienezza della salvezza.
Gli occhi dei religiosi non sono occhi che colgono la realtà esteriore degli eventi, l’epidermide della storia. Leggono in profondità. Vedono «dentro» la storia, «oltre» ad essa. Non si fermano alle apparenze. Si protendono verso le cose ultime, le cose di lassù. In forza del loro statuto di vita, le religiose e i religiosi svolgono un servizio d’amore comunitario. Portano Gesù Cristo nel loro cuore e lo mettono al primo posto. Tutto pensano e compiono alla luce della nuova creazione, iniziata da Gesù Cristo, con la sua incarnazione, morte e risurrezione. Essi cercano Dio, lasciandosi trovare da Lui, vivendo Lui, sperando Lui. Portano tra le braccia il Bambino Gesù, come i grandi santi: sant’Antonio di Padova, san Pio da Pietrelcina. Lo accarezzano, lo amano, lo adorano per poterlo donare, mediante il loro servizio d’amore alla Chiesa e al mondo. Tenendo tra le braccia Gesù il Signore, le labbra dei religiosi pronunciano parole di benedizione, di lode e di stupore per tutti. Invocano la pienezza della vita di Cristo nell’umanità, nei piccoli e nei grandi. Quando le braccia di un consacrato, di una consacrata non stringono Gesù, non lo baciano, non pongono il loro cuore vicino al suo, corrono il rischio di non vedere il futuro che il Verbo incarnato prepara per la Chiesa e per l’umanità. La loro profezia si annebbia, vacilla. Diventano guide cieche. Non aiutano la loro gente. Diventano responsabili della marginalizzazione delle loro stesse comunità nella società. Perdono l’audacia di sfidare la dittatura del relativismo, il dilagante culto dell’io, che aspira a divenire l’unico parametro di riferimento nella vita. Rinunciano di proporre la rivoluzione di Cristo. Solo da Lui viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo per il mondo.
Carissimi, carissime, fatti nuovi da Gesù Cristo, resi entusiasti dal suo Spirito d’amore, viviamo con gioia la nostra consacrazione. In tal modo saremo di grande aiuto per i nostri fratelli e le nostre sorelle che vivono nelle città e nel lavoro del creato. Li aiuteremo a farsi incessantemente popolo di Dio, umanità che insieme a Cristo fa nuove tutte le cose. I nostri fratelli e sorelle troveranno in noi un segno convincente di speranza. In questa santa Messa apriamo le nostre braccia a Cristo, il consacrato per eccellenza, e con Lui sulla croce teniamo le nostre braccia aperte sul mondo. Vivendo l’Eucaristia lasciamoci tirare dentro in quel processo di trasformazioni che il Signore Risorto suscita nella storia per ricapitolarla in sé. Ricordiamo tutte le sorelle e i fratelli che celebrano l’anniversario della loro consacrazione. Chiediamo al Signore che non faccia mai mancare nella sua Chiesa l’amore indiviso e gioioso delle religiose e dei religiosi. Siano il Vangelo vivente della gioia, siano luce del mondo.
+ Mario Toso