[dic 24] Omelia – Messa Ospedale civile

24-12-2024

Faenza, ospedale civile 24 dicembre 2024.

Cari fratelli e sorelle, caro don Verdiano, cari diaconi, cari ammalati, personale sanitario e sociosanitario,

celebriamo il Natale qui in questa struttura ospedaliera, in un luogo ove si viene curati, ove si è assistiti e accompagnati dai medici, dagli infermieri, da volontari. L’ospedale è un luogo ove si sperimenta il nostro limite, la fragilità delle persone e la grandezza dell’amore umano, instancabile, espressione del dono di sé. Nell’ospedale troviamo l’umanità impegnata a curare l’umanità, a salvare sé stessa, per quanto possibile. Quanta professionalità, quanta costanza, quanta pazienza, quanta empatia nei confronti di chi è indebolito dalla malattia e si affida alle mani dei propri fratelli e sorelle per essere guarito, ristabilito in salute, rimesso in piedi, per continuare a vivere ancora, sebbene con debolezze che non si possono superare del tutto, ma che vanno sempre attenzionate, curate. In questa struttura si incontrano tante persone di ogni credo. Si avvicinano e si seguono persone nella loro singolarità psicologica, emotiva, culturale, religiosa. Ma in questa struttura si assiste anche a prodigi unici, che suscitano stupore, riconoscenza a Dio: sono i momenti delle nascite di bimbi e bimbe che si affacciano nel mondo e ci sono affidati perché li accogliamo, li abbracciamo, li colmiamo di tenerezza con baci e coccole, li accompagniamo a vivere. Qui, con i momenti belli si possono sperimentare momenti tristi, che ci commuovono sino alle lacrime, quando per le capacità umane dei medici e dei parenti c’è poco da fare. Sono i momenti del passaggio ad un’altra vita, verso un altro mondo, un’altra dimora, quella che Gesù ci ha detto che è andato a preparare per noi.

In questo luogo, l’ospedale, ma potremmo aggiungere anche i luoghi delle case protette, delle cliniche ove si è accompagnati con le cure palliative, avviene il Natale, che desideriamo celebrare e testimoniare con profonda riconoscenza nei confronti di Dio che viene ad abitare in noi, per aiutarci a vivere come Lui, con e per Lui.

È con l’incarnazione di Gesù che si moltiplica la nostra gioia, che aumenta la letizia, benché rimangano i nostri limiti, la possibilità di sbagliare, di essere stanchi, sproporzionati al bene che dovremmo fare, la dura realtà della morte. Con la presenza di Cristo in noi ci è data la possibilità di accrescere le nostre capacità di dono, di servizio, di perdono, di riconciliazione con Dio Padre. Possiamo vivere e trasfigurare – nel senso di dare un altro significato – ogni nostra condizione di lavoro, di impegno sociale ed economico, culturale, compresa quella della sofferenza, della malattia. Il Figlio di Dio viene perché vivendo in Lui portiamo vita nuova – quella della piena comunione d’amore con il Padre e tra noi – ovunque: nella famiglia, nelle istituzioni, nelle imprese, nella cooperazione, nella politica, nel mondo, nelle relazioni con il creato. Vivendo Cristo che si incarna, muore e risorge, non solo desideriamo con ardore la giustizia e la pace per i popoli in guerra, non solo ci mobilitiamo solleciti per la ricostruzione della nostra terra ferita da alluvioni e dal terremoto ma, rinnovati spiritualmente e moralmente, ci muoviamo con tutte le creature verso la meta comune, che è Dio, con la pienezza dell’umano assoluto che Gesù fa vivere in noi con il suo Spirito d’amore.

La novità di vita, che ci dona il Bambino Gesù, che ha assunto la nostra carne come il suo corpo (cf Eb 10, 5) siamo chiamati ad accoglierla, con particolare intensità, durante l’anno Giubilare, che apriremo nella nostra Diocesi il 29 dicembre prossimo, con una breve processione che partirà alle 17,30 da san Francesco e si concluderà con la santa Messa in cattedrale.

Il Giubileo contiene un messaggio di conversione, di giubilo, di gioia, di sollievo, di rinnovamento della cultura antropologica, delle relazioni, delle istituzioni sociali, economiche e politiche, ma anche sanitarie.

L’anno giubilare può essere l’occasione per considerare l’importanza delle strutture sociosanitarie e la necessità di riformarle, come anche di supportarle con adeguate politiche.

«La cura per la prevenzione e l’educazione sanitaria, la cura per i malati, ospedaliera e domiciliare, il supporto alle famiglie che si fanno carico di persone con disabilità, il personale degli istituti che operano nel sociosanitario sono un patrimonio inestimabile di attenzione alle persone.

Prendersi cura delle persone che si trovano in condizioni di disagio richiede una professionalità e uno spirito di dedizione che non possono non attraversare momenti di stanchezza nell’esercizio della pazienza, nella molteplicità di relazioni, non tutte serene e simpatiche, che si devono costruire.

La comunità che agisce per un’autentica promozione della salute non deve dimenticare le cause sociali della malattia, prediligendo i più fragili, perché non ricevano solo risposte emergenziali ma anche di prevenzione e cura nella cronicità e progettando interventi incentrati sull’equità e sulla partecipazione dei tanti soggetti diversi, pubblici e privati, istituzionali e informali, sociali e sanitari perché siano armonizzati in un’unica responsabilità pubblica capace di raggiungere tutti.

L’anno giubilare può essere per la società, per le istituzioni amministrative, per i responsabili della politica nazionale l’occasione per esprimere la gratitudine, offrire il sostegno, retribuire adeguatamente le persone che lavorano in questi contesti e sostenere le istituzioni che operano con lungimiranza e concretezza in ambito sanitario e sociosanitario.

L’Anno Santo può essere l’occasione per ricostruire nell’opinione pubblica in modo realistico la stima e la gratitudine per coloro che lavorano nel “sanitario”: esaltati come eroi durante la pandemia, oggi si ritrovano sovraesposti, aggrediti e additati come i soli responsabili di un servizio indispensabile, di un diritto che non riesce a essere adeguato ai bisogni di tutti, tanto meno dei poveri».[1]

Buon Natale a tutti. Buon anno giubilare 2025. Grazie ai sacerdoti, ai diaconi ai volontari della Diocesi che operano in questa struttura.

                                               + Mario Toso

[1] M. Delpini, Lasciate riposare la terra, Boniardi grafiche, Milano 2024, pp. 22-23.