Caro don Claudio e caro don Giuseppe, cari fratelli e sorelle,
in questi giorni ho avuto modo di apprezzare la vostra cordialità, ma anche la vostra concretezza e la vostra buona volontà nel seguire con amore il Signore. Ora, insieme, concludiamo con questa Eucaristia la Visita alle vostre comunità perché, innestandoci ancora una volta nel mistero pasquale di Cristo, i nostri passi, i nostri desideri possano portare un frutto abbondante.
La Parola del Signore ci invita a vegliare: Vegliate! Questo invito del Signore, che risuona più volte nel Vangelo di quest’oggi (cf Mc 13, 33-37), esprime in maniera sintetica lo scopo del Tempo d’Avvento che inizia oggi: risvegliare in noi l’attesa del Signore. Perché dobbiamo vegliare? Si può attendere, si può desiderare solo ciò che non possediamo appieno. Per definizione, infatti, il possesso, la completa vicinanza escludono il tempo dell’attesa. Anche la perfetta conoscenza esclude l’attesa: se comprendiamo pienamente qualcosa, non l’attendiamo più.
Il Signore allora ci dice: Vegliate perché non sapete. La fede cristiana non è il possesso di una conoscenza perfetta di Dio o il rispetto perfetto di determinate norme morali. La fede cristiana è la consapevolezza che tutta la nostra vita si gioca nell’attesa. Noi abbiamo la capacità di incontrare Dio ma a causa dei nostri limiti, a causa del peccato non lo possediamo compiutamente. La vita di Dio, la gioia piena, non è una nostra conquista ma soprattutto un suo dono. La felicità, la libertà, la verità, e tutto ciò che è veramente importante per una vita piena, non sono cose raggiungibili dalle nostre forze individuali, ma sono il frutto e il dono di una continua relazione viva e profonda con Dio, mentre si è pellegrini su questa terra.
Fratelli, abbiamo bisogno di risvegliare costantemente in noi l’attesa del Signore, il desiderio di Lui, il bisogno della sua presenza nella nostra vita. Diversamente corriamo il rischio di non attendere, di non desiderare.
Ascoltandovi nei vari incontri è emersa questa attesa, soprattutto nelle realtà più piccole, per la mancanza di sacerdoti stabili che possano guidare con una presenza assidua le comunità. Siamo in un tempo dove diventa sempre più evidente questo “vuoto”.
Davanti a questo desiderio non scontato di sacerdoti, di pastori santi che sappiano guidare ed annunciare nella nostra terra la parola del Vangelo, l’Avvento ci invita a guardare con realismo e con fede i nostri limiti.
Il Signore si è forse stancato di chiamare giovani a seguirlo nel ministero ordinato, nella vita consacrata? Questo dobbiamo escluderlo. Allora anche questo vuoto racchiude una possibilità di incontro con Dio. Ci tiene svegli e ci ricorda l’importanza dell’attesa operosa.
Ciò include l’importanza del nostro impegno per le vocazioni. Dobbiamo pregare di più! Il Signore non smette di chiamare, ma noi adulti siamo chiamati a coltivare l’orientamento vocazionale dei ragazzi e dei giovani. Cosa facciamo? Dedichiamo forze ed energie nell’opera di accompagnamento dei ragazzi e dei giovani? Offriamo una formazione alla fede adulta, un’educazione efficace nei metodi e nei contenuti? Che attenzione hanno i nostri movimenti e le associazioni del nostro territorio alle vocazioni sacerdotali e religiose?
I tanti meravigliosi bambini e bambine della scuola materna che ho visitato sono una promessa per le nostre comunità parrocchiali e per la comunità civile. Occorre, però, guardare in avanti, e operare con una visione lunga, con pazienza e speranza, come fa il seminatore. I parroci di un tempo, come mi hanno raccontato don Claudio e don Giuseppe, ci hanno insegnato a fare questo. Impariamo dalla loro saggezza pastorale.
Venendo fra di voi, ritengo anche importante invitarvi ad investire su un laicato ben formato che sappia assumersi delle responsabilità, dei ministeri, nella e per la comunità. Altrove, ove si stanno costituendo dei gruppi ministeriali, vediamo laici convinti che stanno crescendo nella dimensione di un servizio pluriforme, coordinato ultimamente da presbiteri e da diaconi.
Ma il ministero ecclesiale non toglie, però, la vocazione propria del laicato che è chiamato a penetrare di valori cristiani il sociale, l’economico, il politico, la cultura, la comunicazione, l’ecologia integrale. Non ci si deve limitare a compiti intraecclesiali senza un reale impegno per l’incarnazione del Vangelo nella società. La formazione dei laici e l’evangelizzazione delle categorie professionali e intellettuali rimangono, allora, un’importante sfida pastorale.
I laici presenti negli ambiti già elencati, per la loro stessa identità missionaria, sono naturalmente atti a diventare formatori dei loro compagni di viaggio nella quotidianità.
In conclusione, dobbiamo crescere di qualità nella fede e nell’amore di Gesù Cristo. Le iniziative e il loro numero non garantiscono di per sé l’aumento della fede. Molte volte ci disperdiamo in tante cose ma non coltiviamo l’essenziale. Abbiamo bisogno di porre al centro del nostro cuore e del nostro impegno missionario Gesù Cristo.
Come ci ricorda S. Teresa del Bambino Gesù, la nostra vocazione è l’amore. Amare Cristo, amare i fratelli. Amare. E questo amore deve essere ardente e vivo. Amare come il Signore Gesù è la cosa fondamentale del nostro essere cristiani.
Per questo auguro alle vostre comunità di crescere sempre più nella fede e nell’amore.
+ Mario Toso