Faenza, chiesa cattedrale, 20 aprile 2025.
Cari fratelli e sorelle, celebriamo la risurrezione di Gesù Cristo. La Risurrezione di Gesù al terzo giorno (cf At 10, 34 a.37- 43) è l’evento con cui Dio fa nuove tutte le cose, rigenera le persone e i popoli. Uniti a Colui che si è fatto uno di noi e che ascende al Padre, mentre è vittorioso sul peccato, sulla morte, partecipano della sua gloria.
La risurrezione di Cristo è il compimento della sua incarnazione-discesa nell’umanità, nelle relazioni interpersonali, nelle istituzioni, nella storia. Nella risurrezione la morte è vinta e si manifesta a noi non come una fine bensì come il passaggio ad una vita in pienezza, eterna.
Può aiutarci a comprendere il moto di discesa e di ascesa di Cristo, che diviene Uomo-Dio e il Risorto, anche l’arte. Basta porre mente al famoso quadro del Cristo Risorto del pittore cretese chiamato El Greco. In tale quadro il Risorto è al centro, risplendente di luce. Si erge vittorioso mentre ascende al cielo. La forma del suo volto e del suo corpo è allungata. Le persone che attorno a Lui partecipano alla sua risurrezione sono dipinte anch’esse con forme allungate verso l’alto, verso il cielo, indicato dalla mano destra del Cristo sfolgorante. Mentre le sentinelle in basso sono abbagliate dalla luce e scaraventate a terra dalla forza della sua risurrezione, tutto nel quadro è coinvolto, quasi da una forza irresistibile, in un moto ascensionale. Questo salendo dal basso porta in su, verso un’altra dimensione, quello di Dio, eterno Amore, Luce eterna.
Cristo, che risorge ed ascende al Cielo con la nostra umanità, trasfigurata dalla sua Luce, ci apre la via della comunione definitiva con il Padre. Per questo, mentre viviamo su questa terra tra gioie e dolori, tra speranze e disincanti, il nostro pensiero va costantemente rivolto lassù, alle cose ultime: «Fratelli, se siete risorti con Cristo – scrive san Paolo – cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-4).
Noi Chiesa, comunità dei discepoli del Signore, celebriamo con gioia, il memoriale dell’Incarnazione, morte e Risurrezione di Cristo perché finalmente una via di uscita dal male, dalle guerre, dalle ingiustizie ci è data. Come battezzati, immersi nella sua incarnazione, morte e risurrezione, ci percepiamo incamminati verso il cielo, impegnati a trasformare e a rinnovare tutta la nostra vita personale e comunitaria, vita anche di relazione con il creato.
Annunciando Cristo Risorto, il suo Vangelo, ci impegniamo a vivere le relazioni, le nostre attività con l’Amore di Cristo. È proprio il suo Amore che consente di partecipare alla sua grande opera di redenzione, di trasfigurazione di tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra.
La Pasqua ci costituisce popolo di Dio, in comunione e in missione con Cristo, inviato nel mondo ad annunciare e a testimoniare, sull’esempio della prima testimone della Risurrezione Maria Maddalena, l’Amore del Padre e dello Spirito santo.
Pasqua è l’occasione, ancora una volta, di pensarci insieme a Lui, nella vita, tutti coinvolti in un cammino per la gioia, che vorremo raggiungesse tutti.
La nostra non è la gioia di un popolo estraneo ai grandi problemi del mondo.
Tutto al contrario. È la gioia di un popolo che non si rinchiude in un cristianesimo devoto, di consolazione, di commiserazione delle nostre debolezze, quasi di accettazione passiva dei mali del mondo. È la gioia che fiorisce dalla forza di un dono che diviene completo con l’immedesimazione con il Pastore dei pastori, sulla Croce. È la gioia di una Speranza che non delude e che fa riprendere il largo nella storia.
Guardiamo in avanti. Non siamo soli. Camminiamo nel mondo, fieri di essere di Cristo, pronti a seminare con Lui i semi della sua perenne giovinezza, della sua pienezza di vita.
Come Cristo ha desiderato coinvolgersi nelle vicende umane, anche noi non ci rifiutiamo di essere in mezzo alle sfide della storia. È la via dell’immersione o incarnazione nell’umano, in tutto l’umano, per renderlo più umano, con il dono della vita di Dio che ci divinizza.
In un mondo pieno di tanti segni di bontà e di bellezza, ma anche di tante fragilità, divisioni, ingiustizie, diseguaglianze e guerre, non assecondiamo ciò che lo distrugge ancora di più. Collaboriamo con gli uomini di buona volontà per renderlo sempre più casa per tutti. Coltiviamo l’attitudine alla fraternità, al dialogo sereno, franco, propositivo, sempre audace, che non scende a compromessi inconcludenti, che avvantaggiano i più forti e lasciano da parte, ancora una volta, i più deboli e i poveri. Siamo annunciatori e testimoni di un Vangelo integrale, non adoperato in maniera selettiva, mostrando che tutto è connesso: che la persona umana va custodita sia nella sua dignità individuale, inviolabile, indisponibile, che la rende soggetto di doveri e di diritti, sia nella sua vocazione relazionale, che le assegna responsabilità nei confronti della società; che proprio questa dignità porta a rispettare allo stesso modo la vita nascente e morente, come la vita degli indigenti e dei migranti; che la cura del creato vive della stessa logica della cura della famiglia e dell’educazione.
La Pasqua è per la profezia, ci dice il cammino sinodale in cui siamo impegnati da alcuni anni. Essere profeti significa non solo guardare in avanti, non significa tanto pronunciare sentenze o oracoli, ma essere soprattutto costruttori di cammini di speranza, con sollecitudine instancabile, con passione, per essere artefici di una società più fraterna, giusta e pacifica.
Auguri di Buona Pasqua a tutti!
+ Mario Toso