Faenza, cattedrale 19 aprile 2025.
Cari fratelli e sorelle, cari catecumeni e cresimandi, riviviamo la morte e risurrezione di Cristo, evento da cui sprigiona una nuova creazione, una nuova storia.
La liturgia ci aiuta a cogliere più completamente la ricchezza della morte e risurrezione di Gesù Cristo attraverso alcuni segni. Sono quattro i segni: il fuoco-la luce, l’acqua e il canto dell’alleluia. Sono segni che indicano la morte e la risurrezione di Gesù Cristo che ci prende e porta la nostra vita sino al Padre. Cristo che risorge in forza del suo Amore ci porta su fino all’unione con Dio, fin dove le nostre forze non riescono ad arrivare. Gesù Cristo, morto e risorto, inaugura una nuova creazione, nella quale noi-umanità, passiamo da morte a vita. L’umanità peccatrice co-muore e co-risorge con Gesù. È arricchita della sua capacità di amare e di perdonare, di vivere in Dio.
Gesù completa la sua incarnazione scendendo nel buio della morte, nelle regioni più basse della terra, ossia negli Inferi. Nell’oscurità impenetrabile della morte Egli entra come Luce, porta Luce, ascende come Luce-Amore sino ad essere afferrato dalle mani del Padre. È in tal modo che il Figlio risorge e resta sempre col Padre, grazie alla forza dell’Amore divino che è in Lui e lo fa passare da morte a vita. Così è per noi nel Battesimo, Cari Alex Silvani, Sasha Nesic, Diana Mhilli. Nel Battesimo tutto il nostro essere, anima e corpo insieme, è trasferito da Cristo dalle tenebre del male nel suo regno di luce infinita. Egli ci afferra, ci tira fuori dallo spirito del male perché il bene che c’è in noi cresca e apparteniamo sempre di più a Lui. Viventi in Lui non apparteremo più solo a noi stessi. Vivremo in Lui anche nella morte che sarà un passaggio, per cui saremo per sempre con Cristo. Aggrappati al suo Corpo noi viviamo e giungiamo fino al Cuore del Padre. Questo è il grande Mistero che vivrete in questa splendida notte. Con la Confermazione che lo Spirito dona ad ogni credente, cari Riccardo, Alex, Diana, Sasha, ravvivate la vostra consapevolezza di essere tutti di Cristo, di fare parte del suo Corpo, la Chiesa e di vivere la sua missione: portare Cristo a tutti.
La Veglia Pasquale, come abbiamo visto, è iniziata con il simbolo della luce, più precisamente del fuoco. Ci siamo posti attorno ad un fuoco che ardeva e lo abbiamo benedetto. Per noi credenti, la fiamma del fuoco rappresenta un amore appassionato e il mistero di luce che è Cristo, che si distacca da Dio e viene nel mondo per illuminarci. Al fuoco che crepitava e fiammeggiava abbiamo acceso il cero pasquale, che è stato portato processionalmente nel presbiterio, perché resti qui sino a Pentecoste, quale simbolo di Cristo, luce della Chiesa e del mondo, principio e fine della storia, cuore di un mondo ricreato, mediante la potenza dell’Amore di Dio che vince la morte e il peccato.
Dal cero pasquale, ossia da Cristo, abbiamo attinto la luce della nostra candelina, ricordando il nostro Battesimo: passaggio da morte a vita, ingresso nella vita luminosa di Cristo, vittorioso sulle tenebre del male. Il cero pasquale arde consumandosi, in un intreccio inseparabile di morte e risurrezione: mentre brucia è luce. Il cero che, mentre si consuma illumina, ricorda una cosa fondamentale per il credente: si diventa luce per gli altri quando si vive donando sé stessi e quando la propria esistenza viene vissuta come un pro-essere incessante, un essere in e per, vissuto in Cristo, per Lui.
San Pier Damiani, le cui spoglie mortali sono ospitate nella nostra maestosa cattedrale, soleva ripetere che il cero pasquale arde e si consuma in mezzo all’assemblea per la gioia dei credenti. Guardando al cero acceso essi vedono Cristo che continua il dono di sé per la redenzione di tutti, piccini e grandi.
I cristiani, come affermava don Oreste Benzi, vedono in Cristo il loro Tutto. Essi non sono tanto innamorati delle idee del bene e del vero, della povertà in sé, ma di Cristo che, «pur essendo ricco, si è fatto povero per noi» (2 Cor 8,9). Non dobbiamo essere innamorati delle nostre opere e delle nostre istituzioni, pur importanti e necessarie per testimoniare il nostro servizio all’uomo, ma soprattutto di una Persona, che è Gesù Cristo.
Il secondo simbolo della Veglia Pasquale è l’acqua, nella sua duplice valenza, negativa e positiva. Simboleggia il mare tempestoso come elemento di morte in cui Cristo discende e riemerge vittorioso assieme a noi.
Ma l’acqua simboleggia pure la vita. Le sorgenti d’acqua fresca donano vita ai campi, al deserto. Li fanno divenire rigogliosi. Nella Chiesa primitiva il Battesimo doveva essere amministrato con acqua sorgiva fresca. Senza acqua non c’è vita. Così, per il credente, senza Cristo non c’è vita. Nel Battesimo il Signore fa di noi non solo persone di luce, ma anche sorgenti dalle quali scaturisce acqua viva per il mondo. Pensiamo ai santi, in particolare ai santi della nostra Diocesi, che abbiamo segnalati nel Sussidio Pellegrini di speranza. Con la loro vita eroica di testimoni di Cristo hanno irrorato questo territorio con la loro santità.
Il terzo grande simbolo della Veglia Pasquale è di natura tutta particolare: coinvolge l’uomo nella sua totalità. È il canto nuovo – l’alleluia. Lo intoniamo dopo la terza lettura. È il canto di coloro che, mediante la potenza di Dio, sono stati tirati fuori dalla morte del peccato e sono stati costituiti uomini e donne pasquali, testimoni gioiosi del Risorto!
Celebrando la grande veglia della Pasqua lasciamo l’uomo vecchio (Ef 4,23), viviamo più gioiosamente in Cristo risorto, l’Uomo Nuovo. Con la forza del suo Amore inoltriamoci nelle vie che Egli ha percorso incarnandosi. Portati sulle ali del suo Amore rinnoviamo in Lui tutte le cose, quelle della terra e quelle del cielo.
+ Mario Toso