Faenza, Cattedrale giovedì 14 aprile 2022.
L’odierna liturgia, oltre a ricordarci che, con la morte e risurrezione di Cristo, siamo stati costituiti sacerdoti per il suo Dio e Padre (cf Ap1, 5-8), ci dice che Gesù è il sommo Sacerdote, l’Autore per eccellenza dell’evangelizzazione. Questo, in particolare, ci ricorda che, grazie a Gesù Cristo, siamo costituiti in cammino sinodale, ossia in comunione con Lui e tra di noi, partecipi alla sua missione. Ecco come Gesù esprime la sua coscienza missionaria: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc4,18). La missione di Cristo è un movimento che parte dal Padre e, con la forza dello Spirito, si dirige in particolare verso tutti coloro che sono poveri, sia materialmente che spiritualmente. Noi Chiesa, comunità strutturata come comunione, siamo lo strumento primo e necessario dell’opera missionaria di Cristo, perché siamo a Lui uniti come un corpo è unito al capo. «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv20,21), «Ricevete lo Spirito Santo» (v. 22), ci dice il Signore Gesù. Cristo. Primo evangelizzatore, trasmette ai suoi discepoli, riuniti in un noi compattato come popolo, la propria missione. Lo ha fatto, e continua a farlo sino alla fine dei tempi, infondendo a tutti noi il suo Spirito d’amore. Dona alla Chiesa la sua forza di «proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista», di «rimettere in libertà gli oppressi» e di «proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc4,18-19). Nel Vangelo di Luca, ci viene detto che, in sostanza, il Messia annunciato dal profeta Isaia (Is61, 1-3a.6a.8b-9) si fa carne, viene ad abitare nell’umanità. Gesù, divenendo uomo invera la parola dei profeti. Ecco come lo esprime lo stesso Gesù.Giuntoa Nàzaret, dove era cresciuto, entrando nella sinagoga di sabato, secondo il suo solito, si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa. Apertolo, trovò il passo che dice: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolto il rotolo, lo riconsegnò, sedette e cominciò a dire: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Detto diversamente, la profezia di Isaia trova la sua incarnazione in Gesù. Viene storicizzata in Lui, il sommo Profeta. Con la sua venuta tra noi, inserendosi nella nostra storia, Dio viene a togliere il male, tutto ciò che impedisce il pieno compimento degli uomini. Si schiera da parte degli ultimi, non con gli oppressori e i guerrafondai. Il Figlio di Dio viene a liberare le vite oppresse, schiavizzate, incominciando da quella dei prigionieri o di quelli che, come oggi, subiscono la tratta o sono avviati a vivere – uomini, donne, bambini – in condizioni di schiavitù. Viene non tanto per riportare i lontani a Dio, bensì per portare Dio ai lontani, a uomini e donne senza speranza, e ad aprirli a tutte le loro potenzialità di vita, di lavoro, di creatività, di relazione, di intelligenza, di amore.
Ma ritorniamo al compito che Cristo affida a noi, suoi discepoli e sua Chiesa. Affida la sua missione di liberazione a noi, costituiti in comunione con Lui e tra di noi. Ci fa capire che Egli non fa scendere perpendicolarmente la sua luce e la sua salvezza sui singoli individui, ma agisce nella e attraverso la comunione dei credenti, unificati in Lui. Il nostro Signore Gesù desidera che la missione della salvezza e della divinizzazione del mondo sia compiuta dagli uomini riuniti in un popolo. Egli libera, divinizza mediante il servizio di una comunità, quale essere degli uni per gli altri e degli uni con gli altri. A noi, dunque, spetta di essere una comunità che evangelizza e libera come un «noi» comunitario, articolato nel presbiterio, nei vari organismi partecipativi, avente come compito l’essere viventi gli uni per gli altri. Nel contesto in cui viviamo, ossia in un tempo in cui appaiono chiari i segni della fine di una cristianità che si frammenta, e che in alcune Nazioni, come la nostra, rimpicciolisce sempre più, viene spontaneo chiederci: come attueremo la missione di Cristo, se in molte parti stiamo divenendo «piccolo gregge»? Come comunità «più piccole», talora senza la presenza stabile del presbitero, siamo chiamati a superare i diversi clericalismi che accentrano la missione della Chiesa nelle mani di pochi e non consentono una comunione di carismi e di corresponsabilità. Se da una parte, come presbiteri, diaconi, religiosi e laici siamo chiamati a vivere partecipazioni che non si sovrappongono, che mantengono la propria identità, dall’altra parte siamo sollecitati ad incrementare, come ci ha anche indicato papa Francesco, nuove forme di ministeri, come il ministero dei catechisti.[1]Sia su queste come anche su forme di nuovi catecumenati, come quello per i fidanzati, siamo chiamati a riflettere, a scegliere, a formare sinodalmente. Con crescente evidenza, la nostra dovrà essere una Chiesa sempre più spirituale, più missionaria, più semplificata, se si vuole, ma più sinodale. Dovrà essere Chiesa più capace di guardare dentro sé stessa per essere, con la sua fede, sempre più connessa alla vera «pietra angolare», che è Gesù Cristo, fonte inesauribile della nostra comunione, della corresponsabilità nella sua missione. Nel contesto di una comunità parrocchiale, che cura le relazioni fraterne e vive esperienze di formazione e di incontro anche attraverso «piccole comunità», il presbitero, come un fratello maggiore, accompagna, incoraggia. Si fa segno della carità del Buon Pastore. Sarà sempre più l’uomo della comunione e di una pastorale sinodale, che si muove nella coralità dei suoi soggetti. Nel territorio, curerà con i suoi confratelli presbiteri, con i religiosi, con il laicato, la diocesanità, la promozione di vocazioni, ministeri e carismi. Impianterà e strutturerà tra le persone una vita trinitaria.
Ringraziamo il Signore che non si stanca di seminare e far fruttificare vocazioni battesimali, matrimoniali, religiose e al ministero ordinato. Il 15 maggio prossimo ordinerò diacono Stefano Lega; il 4 giugno emetterà i voti perpetui Sr. Benedetta delle monache Agostiniane di Modigliana; il 2 luglio ordinerò presbitero don Marco Fusini; il 9 luglio emetteranno i voti perpetui Sr. Alfonsa e Sr. Giacinta delle monache benedettine vallombrosane di S Umiltà e, il 4 settembre, ordinerò diaconi Matteo Babini e Luca Ghirotti.
In questa celebrazione eucaristica ricordiamo, inoltre, gli anniversari di ordinazione presbiterale e ringraziamo per il loro ministero (Don Nilo Nannini 65°, Don Pietro Sangiorgi 60°, Padre Ottavio Carminati OFM Conv 50°, Don Marco Bassi e Don Tiziano Zoli 25°) e facciamo memoria dei sacerdoti defunti della nostra diocesi (Don Antonio Bandini e Mons. Elvio Chiari).
+ Mario Toso
[1]Trattandosi di un ministero che possiede una forte valenza vocazionale richiede il dovuto discernimento del vescovo e si evidenzia con il Rito di istituzione. Accanto a questa forma e ad altre forme ministeriali è innegabilmente indispensabile la figura del presbitero.