[apr 12] Omelia – Consegna della Croce ai giovanissimi

consegnacroce
12-04-2025

Faenza, Santa Maria Maddalena, 12 aprile 2025.

Cari giovani, è questo un momento in cui siete chiamati a donarvi più consapevolmente a Gesù crocifisso.

Non vi donerete alla rappresentazione di Cristo crocifisso, alla croce fatta anche d’oro, che potete portare al collo, ma a Colui al Quale la croce, che vi sarà consegnata questa sera, indica.

Con gli occhi della fede dovete vedere oltre all’immagine raffigurata sul legno o sul metallo, per rivolgervi a una Persona, che non è muta, che non è lontana, fuori di noi. È in voi, vive dentro il vostro animo. Vi donerete, allora, alla Persona di Gesù Cristo, Figlio di Dio, nel quale siamo e viviamo. Noi, grazie al Battesimo, siamo inseriti come i tralci nella vite, che è Gesù. Viviamo Cristo, come soleva scrivere e dire san Paolo.

Ricevendo il Crocifisso, vi donerete a Lui con amore, per rispondere all’ Amore di Chi è venuto ad abitare in noi, facendosi uno di noi, vivente in noi, con noi. Egli è sempre veniente e dona sé stesso in modo totale. È morto perché ci ha amati. Dalla Croce effonde su di noi il suo Spirito d’amore. Noi viviamo del suo amore. Non siamo soli: a cercarlo, a volere il bene che può costarci, a perdonare, a costruire una rete di fraternità, a vivere con empatia (sentendo che gli altri ci appartengono), ad aiutare chi va affiancato ed accompagnato perché si scoraggia, a prenderci cura dei nostri genitori, dei nonni, dei piccoli, del creato, del giardino della terra in cui siamo posti, della pace.

Cari giovani, questa sera vi è consegnato più che il crocifisso di legno, il Crocifisso, Colui che sul trono della Croce regna amando, perdonando, riconciliando tutti, formando un’unica grande famiglia tra tutti i popoli.

Guardate spesso al Crocifisso, tenetelo stretto, mostrategli affetto come facevano i santi che sono raffigurati nei quadri che abbiamo mentre poggiano la loro guancia sulla Croce, mentre la baciano, mentre la coccolano, stanno vicini ad essa (san Francesco d’Assisi e i suoi frati, san Carlo Borromeo, santa Benedetta della Croce o Edith Stein, san Padre Pio da Pietrelcina).

Vi ho citato santa Benedetta della Croce, una grande santa, la santa che ha insegnato l’empatia e l’ha anche coltivata nei confronti del Crocifisso. Ebrea, convertita al cristianesimo, monaca del Carmelo. Viene deportata nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, dove viene uccisa nella camera a gas. Prima di venire deportata al campo di concentramento di Auschwitz, scrisse un biglietto, per la madre priora, con la scritta “Ave crux, Spes unica” (“Ti saluto, Croce, nostra unica speranza”). Lei soleva scrivere che la scienza più grande è vissuta da Cristo Crocifisso, perché sulla croce ha fatto di sé un dono totale, allo stato puro. Chi coltiva l’amore di Cristo Crocifisso vive la massima Sapienza, la scienza del vivere bene, come l’ha vissuta il Figlio di Dio in mezzo a noi. Proprio per ricordare l’insegnamento di Edith Stein che adorava il Crocifisso e l’ha indicato come sua Speranza vi sarà consegnato come ricordo del Vescovo e della Chiesa, dei vostri parroci,  il volumetto Pellegrini di Speranza, in cui troverete a pagina 124 il Crocifisso di san Maglorio, un crocifisso ligneo del XIII secolo, che si trovava presso il Convento delle Suore Camaldolesi e che, dopo la loro partenza, è stato posto sull’altare maggiore della Cattedrale, per ricordare il più grande segno della Speranza cristiana nell’anno giubilare di quest’anno 2025.

Il più grande dei discepoli di Gesù è colui che sta in mezzo agli uomini non come uno che domina, spadroneggia, ma come uno che serve: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22, 27).

Gesù propone un modo di pensare e di agire rivoluzionario:

  1. Perché capovolge i rapporti tra il Maestro e i discepoli. Nel giudaismo i discepoli lavavano i piedi al loro maestro;
  2. Nella lavanda dei piedi, che noi leggeremo il Giovedì Santo, vediamo il Figlio di Dio che serve i suoi discepoli, le sue creature, abbassandosi, facendosi come uno schiavo, come colui che non si apparteneva e non aveva nessuna dignità e non contava nulla nella società, lavando i piedi degli apostoli, svolgendo un lavoro umile;
  3. Perché ci fa capire che il servire, come il prenderci cura degli altri sino a perdere sé stessi, è divino, più che esercitare il potere, il comando. Per Gesù lo stesso essere costituiti in autorità significa essere chiamati a servire!

Chi riceve il crocifisso è chiamato ad apprendere che, come il Figlio di Dio che si fa prossimo a chi ha bisogno, anch’egli è chiamato ad abbassarsi per essere vicino ai propri fratelli e sorelle, per spendere la propria vita per loro, specie per i più poveri.

+ Mario Toso