Faenza, 1° novembre 2022.
Cari fratelli e sorelle, oggi contempliamo e viviamo il mistero della comunione dei santi del cielo e della terra. Noi non siamo soli in questo mondo. Con loro formiamo il Corpo di Cristo. Con loro siamo in Cristo, figli di Dio. Con loro siamo fatti santi da Cristo e dal suo Spirito.
Noi che in questo tempo camminiamo come comunità sinodale dobbiamo ritenerci inseriti in quella moltitudine immensa di cui ci ha parlato il Libro dell’Apocalisse (Ap 7,9): una moltitudine che nessuno può contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Sant’Agostino ha descritto una tale moltitudine come una grande nuvola di testimoni che forma la Chiesa pellegrinante, che si snoda nella storia, giunge nel pronao di un tempio di luce, in attesa di entrare purificata nella Gerusalemme celeste, la città ove si vive esultanti nella piena comunione della Trinità.
La solennità di tutti i santi è l’occasione per prendere coscienza di tutte le dimensioni e le connessioni del nostro essere sinodale, che in questo nuovo anno pastorale viviamo nella versione di una seconda tappa, secondo molteplici cantieri pastorali.
La gloriosa schiera dei santi vive con noi, tifa per noi, ci incoraggia a procedere spediti nell’accrescimento della comunione tra di noi, con Cristo e con la sua missione. I santi ci accompagnano nel nostro percorso verso il Regno. Ci spronano a tenere fisso lo sguardo su Gesù, il Grande Pastore che ci precede e ci conduce. Egli verrà nella gloria in mezzo ai suoi santi. Con i santi del cielo siamo sostenuti, avvolti da un unico amore, quello di Cristo crocifisso: un amore di tenerezza, allo stato puro, che ci rigenera e ci tiene uniti a Dio e tra di noi. Un amore che ci sospinge in avanti nei tornanti della storia, per portare l’annuncio entusiasta di Cristo Gesù, unica garanzia di una nuova umanità, di un umanesimo trascendente.
La santità, ovvero l’amore di Cristo, che condividiamo con i santi del cielo, non è una realtà che ci possiamo dare da noi soli, con le nostre forze. È dono di Dio e di Cristo, del loro Spirito di amore e di verità. È Dio che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi figli adottivi! La santità, dunque, è dono che ci proviene da Dio Amore mediante la Chiesa a cui apparteniamo. E così, oggi non festeggiamo tanto la Chiesa fatta di pietre, bensì la Chiesa nella sua dignità di Madre: madre di Cristo e di tutti i santi, immagine della città celeste, come ha scritto Alessandro Manzoni. Festeggiandola come Sposa Immacolata di Cristo, ci appare sorgente e modello di ogni santità. Grazie a Cristo stesso, autore dei sacramenti, pensiamo anche solo al Battesimo e all’Eucaristia, genera i santi. I tanti santi da lei nati e nutriti, come scrisse san Bernardo, ci mostrano Cristo. Fanno ardere in noi il desiderio di Lui. Ci raffigurano la statura spirituale del Redentore, il suo volto e la sua presenza. Ci insegnano la via verso Cristo ed intercedono per noi. L’esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a sé stessi. Santità e amore crocifisso sono un tutt’uno.
Per essere santi a casa nostra, nelle nostre attività quotidiane, nelle nostre comunità ed aggregazioni, non occorre compiere azioni ed opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Come ci ha insegnato santa Teresa di Lisieux, dichiarata dottore della Chiesa nel 1997 da san Giovanni Paolo II, la santità ha tantissimi volti ma un’unica sorgente. Leggendo san Paolo, in particolare il capitolo XII della prima Lettera ai Corinti, si rende conto che la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, è formata da tante membra tutte necessarie per la vita della Chiesa. Con la meditazione dell’inno alla Carità Teresa capisce che le membra nella Chiesa pur svolgendo ministeri diversi godono di un’unica vita. La carità è il punto di partenza indispensabile e il punto di arrivo di tutte le vocazioni. Vivendo la carità tutte le vocazioni si incontrano. Tutti i cammini di santità si intrecciano. Teresa che desiderava essere allo stesso tempo sacerdote, missionaria e altro ancora, e si struggeva in un martirio interiore senza fine, confida che è giunta ad acquisire la pace allorché riuscì a cogliere l’essenza profonda della Chiesa: «La carità mi diede la chiave della mia vocazione. Capii che, se la Chiesa ha un corpo composto da diverse membra, l’organo più necessario, più nobile di tutti non le manca; capii che la Chiesa ha un cuore e che questo cuore arde d’amore. Capii che l’amore solo fa agire le membra della Chiesa: che se l’amore si spegnesse, gli Apostoli non annunzierebbero più il Vangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue. Capii che l’amore racchiude tutte le vocazioni. Allora, nell’eccesso della mia gioia delirante, esclamai: “Gesù, amore mio, la mia vocazione l’ho trovata finalmente: la mia vocazione è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa e questo posto, Dio mio, me l’avete dato voi! Nel cuore della Chiesa, mia Madre, io sarò l’amore. Così sarò tutto”». Cioè, così vivrò tutte le vocazioni, perché l’anima di tutte le vocazioni è l’amore.
Santa Teresa è giunta a cogliere la radice della santità e a vivere misticamente la comunione dei santi, perché ha sperimentato l’Amore di Dio e di Cristo. Partecipando all’Eucaristia viviamo l’esperienza alta dell’amore crocifisso di Cristo. Parola e frazione del pane sono le due esperienze fondamentali attraverso cui è possibile, per la Chiesa di ogni tempo, incontrare Gesù, il suo amore crocifisso e la sua risurrezione dai morti. Unendoci a Cristo morto e risorto, alla sua Pasqua in atto, entriamo in quella comunione dei santi che tiene unite le molte generazioni dei credenti e le rende solidali tra di loro. Cristo, incarnato, morto e risorto, rappresenta per noi il ponte che unisce la sponda di coloro che vivono sulla terra e la sponda di coloro che sono già pervenuti all’immortalità. Facciamo giungere a Cristo le nostre preghiere per la purificazione delle anime del purgatorio, ma anche le preghiere perché i nostri fratelli defunti intercedano per noi ogni grazia dal Signore. Non dimentichiamo che è Cristo il vero beato, il povero in spirito, l’afflitto, il mite, l’affamato, l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace. Lui è per noi stimolo e nutrimento di santità.
+ Mario Toso