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Saluto ai rioni per il Palio del Niballo 2008
26-05-2008

Dopo la festa della Madonna delle Grazie, quando i Rioni vengono a presentare l’omaggio alla Patrona di Faenza con l’offerta di un cero, si entra nel periodo più fervido della celebrazione del Palio del Niballo, con i suoi riti, le sue gare e un grande clima di festa.

È interessante notare che il trofeo per il quale si svolge questo torneo è del tutto simbolico; non sono in ballo soldi né altro tipo di interesse venale, per cui si deve ritenere che già questo porta a dare importanza al valore della gratuità. Mi pare di poter dire che questa considerazione manifesta un valore assai prezioso, oggi spesso non riconosciuto. Educare alla gratuità è una cosa grande.

È vero che alla fine c’è la gioia della vittoria, la soddisfazione per avere superato la prova, la gratificazione del premio, che tuttavia sono tutti valori morali. Questi hanno lo scopo di sostenere l’impegno e di far esperimentare che ci possono essere altre ragioni per impegnarsi,  magari con fatica, ma anche con soddisfazione, all’infuori del premio in denaro.

In prossimità ormai degli ultimi impegni del Palio del Niballo, mi è caro rivolgere un saluto a tutti coloro che dovranno esibirsi nelle varie prove delle manifestazioni in programma, ed esprimere la mia simpatia e la mia viva partecipazione. Vedo nell’impegno di tanti giovani il risultato di una importante formazione umana, che sarebbe bello potesse essere integrata da un altro aspetto della crescita di questa età nella dimensione religiosa, in sinergia con le parrocchie.

Si potrebbe ritornare su queste riflessioni in tempi più tranquilli, e pensare a qualche forma di collaborazione per il vero bene di tutti i nostri giovani.

Verrò ad applaudirvi tutti allo stadio Neri la sera di domenica 22 giugno, in attesa di poter consegnare al Rione vincitore il Palio del Niballo 2008 sul sagrato del nostro Duomo.

SALUTO a S.Ecc.Mons. PAOLO PEZZI, Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca
11-05-2008

La Chiesa di Faenza-Modigliana è lieta di salutare S. Ecc.za Mons. Paolo Pezzi, Arcivescovo Metropolita dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, e di condividere con lui l’Eucaristia della Solennità della Pentecoste, sotto la protezione della B.V. delle Grazie.

Vogliamo cogliere questa occasione per esprimere la nostra profonda gratitudine al Padre che è nei cieli, che nel disegno della sua volontà ha guidato questo figlio della nostra Chiesa, nato alla vita e alla fede cristiana a Russi, ad assecondare la chiamata alla vita presbiterale nella Fraternità dei Missionari di S. Carlo, del movimento di Comunione e Liberazione, a svolgere il suo ministero presso la comunità cattolica russa, a diventare Rettore del Seminario di San Pietroburgo e a svolgere il ministero episcopale nell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca.

La sua presenza in mezzo a noi oggi, oltre ad essere l’occasione per ringraziare il Signore e per rallegrarci con lui ‘perché il Signore ha fatto grandi cose’, deve promuovere un impegno, quello di accompagnarlo con la nostra simpatia e soprattutto con la preghiera nel compito prezioso e delicato di guida della vasta porzione del gregge di Cristo che gli è stata affidata, sia soprattutto nel rapporto ecumenico con la Chiesa ortodossa russa di cui si è guadagnato la stima e qualche collaborazione.

La solennità della Pentecoste che oggi celebriamo nella liturgia e che rinnova il dono dello Spirito santificatore di tutta la Chiesa, è la migliore garanzia per sostenere la speranza nel cammino verso l’unità, che sta a cuore anzitutto al Signore Gesù e che deve essere una ricerca di ogni autentico discepolo di Cristo.

Affidiamo fiduciosi la Sua persona e il Suo ministero, Ecc.za carissima, alla protezione della Beata Vergine delle Grazie, patrona principale della diocesi nostra e della città di Faenza.

Saluto il Signor Sindaco per la sua presenza e lo ringrazio fin d’ora perché tra poco con l’offerta di un cero presenterà l’omaggio della città alla sua patrona.

Questa santa liturgia è resa ancora più festosa dai canti eseguiti dal coro ‘Creator’ nel contesto del Festival di musica sacra. Sono musiche di Pier Luigi da Palestrina, il principe della Musica sacra di tutti i tempi.

Rivolgo un saluto a quanti ci stanno seguendo tramite la televisione, soprattutto gli anziani e i malati, che si uniscono a noi in questa bella occasione.

Eccellenza carissima la ringraziamo molto per questa santa liturgia che celebra con noi e per noi, e per la testimonianza che vorrà donarci con la Sua parola. La vergine Maria che accolse lo Spirito santo nella pentecoste insieme agli apostoli accompagni una nuova stagione missionaria della Chiesa nel terzo millennio cristiano, con il dono di una comunione sempre più fraterna tra tutte le Chiese cristiane.

Per una rinnovata vivacità della nostra Chiesa
Intervento all'Assemblea diocesana dell'Azione Cattolica
28-02-2008

L’assemblea elettiva dell’Azione cattolica diocesana, è anche un momento di riflessione progettuale; volendomi inserire in questo prezioso momento della vostra associazione, ritengo di dover fare qualche riflessione soprattutto in ordine al vostro impegno apostolico.

In merito agli incarichi che oggi vengono rinnovati o confermati, mi sento di poter dire che le responsabilità assolte con sincero coinvolgimento fanno crescere le persone, sia come competenza nei ruoli associativi, sia come maturazione nella spiritualità laicale. Gli incarichi che vengono conferiti per la vita dell’associazione parrocchiale o diocesana, vanno accolti con il giusto spirito ecclesiale del servizio, ma anche come una opportunità di sviluppo dei doni ricevuti; sarà infatti dal confronto con altre persone di uguale o maggiore responsabilità che ci si potrà arricchire. Inoltre, il dover progettare attività, motivare iniziative, esporre qualche pensiero in modo ordinato di fronte agli altri, irrobustisce le proprie convinzioni e la capacità di sostenerle. Tutto questo per dire che se vi verrà chiesto di prendere qualche incarico, accoglietelo come un dono; vi potrà costare un poco, ma vi farà bene.

Volendo ora guardare a qualche prospettiva futura dell’Azione cattolica diocesana, pur senza entrare nel merito delle linee programmatiche che dovrebbero scaturire da questa assemblea, proprio perché l’Azione cattolica vuole ‘collaborare con la Gerarchia per la realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa’ (Art. 1 dello Statuto), provo a portare un mio contributo.

La prima considerazione che mi viene spontanea è sulla realtà del nostro tempo, in cui ci troviamo a vivere e in cui siamo chiamati a testimoniare la nostra vocazione battesimale. Esiste la tentazione di un giudizio severo nei confronti della società italiana, con un riflesso che induce a demoralizzarci in ordine all’efficacia della nostra missione.

Non ci si può nascondere che da qualche tempo, ogni giorno vi sono aggressioni verbali forti, spesso al limite dell’insulto, nei confronti del Papa, dei Vescovi, dei cattolici impegnati, con un progetto intimidatorio esplicito. L’accusa di ingerenza è ormai rivolta alla Chiesa ogni volta che viene affrontato un tema di ordine morale, che sia entrato nell’interesse della politica.

A questo riguardo bisogna che i cristiani siano attenti a non farsi imbrogliare. Un qualsiasi argomento di carattere etico, per il fatto che diventa oggetto di un intervento legislativo dello Stato, non viene sottratto alla competenza propria di chi ha a cuore la vita morale degli uomini, come è la Chiesa cattolica. Questa ha sempre il diritto di richiamare il suo insegnamento ai suoi fedeli, anche impegnati in politica, soprattutto quando sono in ballo i valori cosiddetti ‘non negoziabili’, come sono la vita umana, la dignità della persona, la famiglia, la libertà religiosa, ecc. Del resto dovrebbe essere chiaro che, se anche l’attività politica ha motivo di interessarsi di certi aspetti sociali di questi valori, dovrebbe sempre avere a cuore il rispetto della legge morale naturale, che è a fondamento anche delle norme giuridiche.

Quindi la Chiesa ha diritto di parola per due motivi: primo, perché deve illuminare i suoi fedeli; secondo, perché può contribuire al dibattito pubblico, facendo leva tuttavia su argomenti di ragione e sulla legge naturale. In questo secondo momento siamo nella competenza dei fedeli laici, che vivono nel mondo, ai quali spetta ‘per loro vocazione cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio‘ (LG, 31). Ma questa competenza dei fedeli laici non esautora i membri della Gerarchia dal poter fare la stessa cosa, anche se dovranno fare uso degli stessi argomenti di ragione, e intervenire come interlocutori che appartengono alla medesima comunità umana. Su questo ovviamente si può essere di parere diverso in ordine alla opportunità e all’efficacia di tali interventi.

Questo clima, complesso e difficile, non deve tuttavia essere vissuto come una sciagura. Il male cioè, non è il dibattito; il male è che anche i cattolici ascoltino più le sirene del mondo che i maestri della Chiesa; il male è che si pensi di poter concedere qualcosa sul piano dei principi, per andare d’accordo; il male è che si preferisca seguire lo schieramento politico invece che la propria coscienza; il male è comportarsi ‘come fanno tutti’, e non avere il coraggio di andare contro corrente, nel rispetto dell’insegnamento cristiano (basti pensare il dovere di pagare le tasse o la moda di mostrare l’ombelico).

Questo clima va vissuto come uno stimolo per approfondire la conoscenza della verità cristiana attraverso la catechesi degli adulti, facendo tesoro dei testi autorevoli di cui disponiamo, dal catechismo degli adulti: ‘La verità vi farà liberi’, al catechismo della Chiesa cattolica, al Compendio della dottrina sociale della Chiesa. Per i laici di Azione cattolica non dovrebbe trattarsi di testi sconosciuti. Se si vuole rendere ragione della speranza che è in noi, bisogna conoscere il messaggio e le mediazioni culturali per dialogare con la nostra gente.

Non dobbiamo lasciarci prendere da complessi di inferiorità di fronte alle accuse di errori del passato. Già Giovanni Paolo II quando ci insegnava ad esercitare la purificazione della memoria, ci ricordava anche la santità della Chiesa, perché solo chi è santo può riconoscere e ammettere il suo peccato. E Benedetto XVI, nel discorso non pronunciato alla università ‘La sapienza’ ha detto: ‘Varie cose dette da teologi nel corso della storia o anche tradotte nella pratica dalle autorità ecclesiali sono state dimostrate false dalla storia e oggi ci confondono. Ma allo stesso tempo è vero che la storia dei santi, la storia dell’umanesimo cresciuto sulla base della fede cristiana dimostra la verità di questa fede nel suo nucleo essenziale, rendendola con ciò anche un’istanza per la ragione pubblica‘. Come cristiani possiamo camminare a testa alta nel mondo di oggi; abbiamo ancora qualcosa da dire alla gente che si sente smarrita e confusa; se c’è un rammarico, dovrebbe essere quello di non avere fatto abbastanza per il nostro mondo, ‘non perché siamo cristiani, ma perché non lo siamo abbastanza’ (così ci dissero i Vescovi italiani nel 1981, ed è ancora così).

La seconda considerazione che faccio con voi molto semplicemente è sull’urgenza educativa.

Dal convegno ecclesiale di Verona questa sta diventando un’attenzione emergente nella Chiesa italiana. Il Papa che nel suo discorso parlò di ‘una questione fondamentale e decisiva’, negli interventi fatti in più riprese alla diocesi di Roma parla di ‘una grande e vera emergenza educativa’. Nella lettera del 21 gennaio alla diocesi di Roma ha scritto: ‘E’ forte certamente, sia tra i genitori che tra gli insegnanti e in genere tra gli educatori, la tentazione di rinunciare, e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata. In realtà sono in questione non soltanto le responsabilità personali degli adulti o dei giovani’ ma anche un’atmosfera diffusa, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare nel valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita’.

Il 20 gennaio il Card. Bagnasco, presidente della Cei, incontrando a Genova il Consiglio nazionale dell’Aci, a proposito dell’urgenza educativa, da lui giudicata prioritaria, ha detto: ‘Qui il ruolo dell’Azione cattolica è fondamentale. Penso all’accompagnamento dei genitori che fanno tanta fatica ad educare i loro figli. Penso ai giovani. E, senza cadere nel pragmatismo educativo, bisogna saldare riflessione e azione, perché è nel fare che si fa la persona‘. (Segno n.2/08, pag.8).

Già nella Nota dopo il Convegno di Verona i Vescovi italiani hanno parlato di sfida educativa,  dicendo che in tutti gli ambiti si è invocato l’impegno educativo, e hanno aggiunto: ‘La formazione, a partire dalla famiglia, deve essere in grado di dare significato alle esperienze quotidiane, interpretando la domanda di senso che alberga nella coscienza di molti’ Il tempo presente è straordinariamente favorevole a nuovi cammini di fede, che esprimano la ricchezza dell’azione dello Spirito e la possibilità di percorsi di santità. Tutto questo però potrà realizzarsi solo se le comunità cristiane sapranno accompagnare le persone, non accontentandosi di rivolgersi solo ai ragazzi e ai giovani, ma proponendosi più decisamente anche al mondo adulto, valorizzando nel dialogo la maturità, l’esperienza e la cultura di questa generazione‘.

Anche in questo impegno vale la pena di mettersi con molta serenità, anche se con premura, come il Papa nella lettera già citata scrive: ‘Non temete! Tutte queste difficoltà, infatti, non sono insormontabili. Sono piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l’accompagna. A differenza di quanto avviene nel campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell’ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale‘.

Può bastare in questa sede avere richiamato l’argomento e la sua importanza; la tradizione dell’Azione cattolica nel campo formativo non la fa trovare certo impreparata. Sarà il caso invece di farsi alleati tutti coloro che ne sono interessati, dalle famiglie alla scuola, alle associazioni educative cattoliche, per ridare fiducia e collaborare come comunità cristiana per il bene di tutti.

Infine chiedo all’Azione cattolica di cogliere l’anima della proposta delle Unità pastorali. E’ chiaro che questa non vuole essere né una formula risolutiva dei problemi delle parrocchie, né un modo furbo per considerare vittorie le nostre sconfitte. Comprendiamo che non possiamo fare conto che nulla sia cambiato nella società e nella situazione delle parrocchie, non solo per il calo numerico dei presbiteri, ma anche per il modo diverso di porsi di fronte alla fede, non più sostenuta dal contesto sociale, ma sempre più radicata  nelle scelte personali.

Con la proposta delle Unità pastorali si vuole favorire soprattutto l’opportunità di momenti formativi per i giovani e per gli adulti. E qui ci vuole una nuova fantasia, che i laici di Aci possono trovare. I giovani stanno esperimentando le ‘Settimane di comunità’; per gli adulti ci vorranno altre occasioni, ma non possiamo continuare a restare sprovvisti di fronte alla confusione dottrinale e morale. E anche qui è importante spendere al meglio le energie disponibili, mettendosi insieme come Unità pastorale, se questo fosse opportuno. E le proposte formative in ambito associativo le potete decidere voi, tenendo al corrente i vostri parroci. L’Unità pastorale non deve ridursi ad un semplice coordinamento di attività, deve diventare anche una occasione per condividere le risorse e quindi moltiplicarle. Si tratta di crederci, di provarci, e di non fermarsi alle prime difficoltà.

Da una rinnovata vivacità delle nostre comunità cristiane ci si attende anche una ripresa delle vocazioni sacerdotali a servizio della Chiesa diocesana, per le quali non dobbiamo mai cessare di pregare.

Auguro buon lavoro alla vostra assemblea, vi saluto di cuore e benedico.                   

                                                                                            

Un saluto per le vacanze
Messaggio alla dicoesi in occasione delle ferie estive
12-07-2007

Le vacanze, inizialmente pausa benedetta di sosta nella scuola, sono diventate un tempo di interruzione del lavoro, di soggiorno in una località di villeggiatura, di viaggi e anche di riposo. Si dice che sta cambiando il modo di fare le vacanze (periodi più brevi; a volte solo il fine settimana), con un aumento della mobilità e diminuzione della sosta. Le nostre parrocchie in estate conoscono alcune settimane di forte calo di presenze: i bambini scompaiono, i giovani vanno e vengono, le famiglie, quando hanno una seconda casa, si rivedono a settembre; le attività pastorali cambiano radicalmente. Durante l’estate vi sono proposte di vacanze e di attività formative un po’ per tutti i gusti. Anche i sacerdoti con i loro catechisti si impegnano per seguire soprattutto i ragazzi. Ma non bisogna dimenticare le varie proposte che vengono fatte per conto delle varie amministrazioni per intrattenere coloro che rimangono a casa; a tenerci dietro le occasioni non mancano in ambito musicale, folcloristico e culturale. Il tempo delle vacanze quindi può diventare una occasione per cambiare il ritmo delle solite giornate, senza perdere tempo inutilmente, e per coltivare interessi culturali che forse durante l’anno non possono avere tutta la nostra attenzione. L’importante è che le vacanze non diventino un momento dispersivo o noioso, al punto da desiderare che ritorni il solito orario lavorativo. A coloro che vanno in vacanza auguro che possano trovare l’occasione per coltivare anche il proprio spirito nel silenzio, nella preghiera, nelle bellezze del creato. L’aria viziata delle nostre città ha bisogno di un antidoto efficace, che volendo si può trovare sempre, ma almeno approfittiamo della maggior libertà nel tempo delle vacanze. Perché la ripresa ci deve trovare ricaricati, per il bene nostro, dei nostri amici e delle nostre comunità.

Andiamo in Terra Santa
Invito alla Diocesi per il Pelelgrinaggio dicoesano in Terra Santa (18/25 agosto 2007)
17-05-2007

Ci separano appena tre mesi dal pellegrinaggio in Terra Santa che la nostra Diocesi farà dal 18 al 25 agosto prossimi. Voglio rivolgere un invito convinto agli ultimi indecisi a fare la loro iscrizione, e proporre una breve riflessione in preparazione al viaggio santo . Siamo ormai vicini al numero minimo richiesto dall organizzazione, ed è necessario entro la metà di giugno chiudere le iscrizioni, per consentire la necessaria preparazione immediata. Qualcuno si mostra preoccupato per le notizie di atti violenti che ogni tanto vengono diffuse. A questo riguardo si deve notare che dispiace che queste cose succedano, ma comunque avvengono solitamente nella striscia di Gaza, che è molto lontana dal percorso del pellegrinaggio. Inoltre ai turisti e ai pellegrini non è mai stato torto un capello.Visitare la terra di Gesù è sempre una grazia, che aiuta la comprensione della lettura della Parola di Dio, che si è fatto uomo in quel lembo di terra benedetto e tormentato. Sarà come rivivere in pochi giorni tutta la vicenda storica di Cristo, e del popolo dell antico Israele, almeno nelle sue fasi essenziali. E più che un percorso storico, sarà un percorso spirituale attraverso la celebrazione della memoria di alcuni misteri della vita del Signore nei luoghi consacrati dalla tradizione, e spesso confermati dalle relative ricerche. Vivremo anche insieme la preghiera e l Eucaristia, che renderà attuale e vivo ciò che incontreremo.Il nostro pellegrinaggio vuole essere anche un segno di solidarietà con la Chiesa madre di Gerusalemme, che in questi anni sta soffrendo in modo particolare per le lotte interne di quella terra, con un progressivo allontanamento dei cristiani. È un gesto che non risolverà i loro problemi, ma farà vedere che non ci siamo dimenticati di loro. È sempre bello ripetere con il salmo: Tutti là siamo nati (87,4), perché è vero che da tutto quello che là è successo noi tutti siamo nati alla vita di figli di Dio; e nello stesso tempo c è un avvertimento nel salmo 137: Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra . Diciamo allora con un altro salmo: Quale gioia, quando mi dissero: andremo alla casa del Signore. E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte Gerusalemme (122, 1s).

Guai di oggi
A proposito di 'DICO'
23-02-2007

Il clima pesante e la sofferenza che sto vivendo in questi giorni, sono determinati da almeno tre guai, sui quali mi pare giusto fare una riflessione pacata, e suggerire ai cristiani cosa si può fare.Il primo guaio è il decreto legislativo sulle coppie di fatto. Comunque lo si voglia chiamare è una alternativa o quanto meno una concorrenza alla famiglia. È chiaro che in futuro i giovani che si vogliono mettere insieme, saranno indotti a non arrivare al matrimonio se vi saranno altre possibilità per tutelare in qualche modo se stessi e i figli. È bene precisare che quando si parla di matrimonio, si intende quello civile, cioè quello previsto dalla Costituzione, anche se raggiunto con la celebrazione concordataria; il matrimonio sacramento è fuori discussione, anche se un qualche riflesso dalla cultura che si istaura lo subirà anch esso. Tra i giovani conviventi di oggi, sono tanti quelli che arrivano al matrimonio, perché ci mancava qualcosa o per un cammino che li ha portati a quella libera scelta; domani con un altra proposta saranno più facilmente indotti a scegliere quella meno impegnativa, anche se li tutelerà di meno perché meno stabile. In questo modo si incoraggia l instabilità della coppia, con le conseguenze deleterie che conosciamo soprattutto nei figli. Dice una allegra coppia di conviventi: Ci vogliamo bene, stiamo bene insieme, il matrimonio non aggiungerebbe nulla al nostro amore, solo nostra figlia ogni tanto ci chiede quando ci sposiamo Ovvio, perché i figli sono terrorizzati dal pensiero che i genitori si possano separare. E i figli dei genitori separati sono un bel problema, cui nessuno vuol pensare.Un secondo guaio è dato dal fatto che con questa faccenda si è seminata altra discordia tra i cattolici, che al riguardo sono stati usati come cavallo di Troia. È sintomatico il modo con cui si è arrivati alla proposta legislativa: nella legge finanziaria si scopre un comma truffaldino che attribuisce ai conviventi un diritto proprio dei coniugi; viene ritirato, ma con il ricatto di presentare una proposta entro gennaio, cosa che arriva con una settimana di ritardo, primato unico di tempistica in tutta la storia della Repubblica. È tornato fuori il vecchio sofisma: Io non lo farei, ma perché proibirlo a chi lo vuol fare? Ma perché ciò di cui si tratta ha conseguenze sociali importanti: figli più o meno sbalestrati, litigiosità che gli avvocati già intravedono, instabilità dei vincoli sociali Senza dire la sofferenza che si diffonde tra le persone e le famiglie interessate.Altro argomento: questo è un male minore. Ma la regola del male minore non vuol dire che si può scegliere un male più piccolo (ammazzare una persona è un male più piccolo che ammazzarne due). Quando ci si trova di fronte a due scelte obbligate, entrambe cattive, si può scegliere il male minore; ma qui non c è nessuna scelta obbligata, e comunque una è buona (la famiglia), l altra no.Il terzo guaio è la diffusione di idee distorte e confuse, che sono propagate in questi giorni, con un uditorio sensibilizzato dall attualità dei temi trattati; pensiamo solo alle affermazioni sulla differenza di sesso di cui non si può più parlare, alla competenza della Chiesa in ambito di insegnamento morale, al concetto di diritto naturale. Cosa devono fare i cattolici impegnati in politica è già stato detto nel documento della Congregazione per la dottrina della fede del novembre 2002, e sarà difficile che venga dimenticato. A me pare di poter suggerire ai nostri cristiani di affrontare questi temi con la necessaria ponderazione, senza lasciarsi prendere dalle contrapposizioni degli opposti schieramenti, per non ridurre ad un contrasto politico ciò che è un bene di tutti, che tutti vogliamo difendere, anche se qualcuno può sbagliarsi nella scelta dei mezzi concreti. Non spandiamo veleno, perché poi ce lo ritroveremo. Poi dovremo tutti riprendere la dottrina sociale della Chiesa, per essere ben motivati sugli insegnamenti che sono per il bene di tutti.E infine vorrei chiedere a tutti di pregare per la Chiesa, per il Papa e per i Vescovi in un momento delicato; di pregare per gli uomini impegnati in politica perché siano illuminati a compiere le scelte più opportune per il bene comune; e di pregare in proporzione al tempo che dedichiamo a parlare di queste cose o ad ascoltarle nei dibattiti televisivi. O che non sia il caso di fare la prima cosa invece delle altre. + Claudio Stagni

Pensieri di mezzo agosto
28-08-2006

Ai primi di agosto anche Faenza ha avuto il suo momento di gloria. Una missione umanitaria in Libano? No: la promozione dei pacs. La notizia è andata sulla stampa nazionale, nei giorni successivi vi è stata la reazione di due vescovi; poi la guerra e il terrorismo islamico hanno avuto il sopravvento mediatico. L accettazione quasi rassegnata di questa cosa (i politici sono in ferie), deve fare riflettere. In Italia non esiste ancora una legge; se ne sta parlando, è vero, ma non pare ci sia un accordo vicino e in ogni caso sono molti i problemi da affrontare, sempre che ci si debba arrivare. Per esempio, le coppie che avranno il trattamento di favore previsto nell accordo Cisa, nella denuncia delle tasse, faranno il cumulo dei redditi (con i balzelli relativi) come fanno le coppie sposate o avranno anche questo ulteriore privilegio?Come mai tanto zelo nel dare per scontata una cosa, che invece è molto complessa nella sua impostazione concettuale, e nella sua attuazione pratica? Perché si vuole a tutti i costi far passare come normale una cosa che normale non è? Non ci si servirà anche questa volta del sofisma: io certe cose non le faccio, ma se qualcuno le vuole fare, perché proibirglielo?E pensare che il guaio del nostro tempo più che nel fare il male, sta nell approvarlo. Il male è sempre esistito, ma almeno si sapeva cosa era male e cosa era bene. Ora si vuole a tutti i costi mescolare le carte in tavola, e con i mezzi potenti della comunicazione sociale ci si riuscirebbe, se non ci fosse quel rompiscatole della Chiesa cattolica.Già Isaia diceva: Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene (5,20), e S.Paolo nella lettera ai Romani, dopo aver ricordato certe cose, condanna fortemente coloro che non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa (1,32), che è peggio.Si è inneggiato alla generosità dell impresa nel favorire i lavoratori. Da quando in qua gli industriali concedono un vantaggio non previsto dalla legge? Ci deve essere una qualche ragione nascosta; per dirla in soldoni: dov è la fregatura? Si è parlato della multinazionale americana proprietaria, che sarebbe di larghe vedute Più realisticamente credo che gli americani sappiano per esperienza che lo sfacelo della famiglia produce una società corrotta e violenta, per cui la gente deve chiudersi in casa con cancelli e protezioni varie. Infondo la Cisa vende serrature. + Claudio Stagni, vescovo

Otto per mille: la maggioranza ci mette la firma
Intervento in occasione della Giornata di Sensibilizzazione alla firma per l'Otto per Mille alla Chiesa attolica
30-04-2006

È ormai il tempo per la denuncia dei redditi, e quindi anche per la firma dell’otto per mille, che noi chiediamo di fare a favore della Chiesa cattolica. Ormai il sistema è noto: lo Stato destina una piccola parte delle sue entrate (l’otto per mille dell’IRPEF) per sostenere le varie confessioni religiose, e chiede ai cittadini di indicarne le percentuali; si tratta praticamente di un grande sondaggio che viene realizzato ogni anno, al quale di fatto partecipano molti di coloro che ne hanno diritto. Eppure ogni tanto c’è qualcuno che chiede di abolire l’otto per mille, presentandolo come un privilegio a favore della Chiesa cattolica. A questo riguardo è bene fare qualche considerazione. Anzitutto, oltre allo Stato, sono sei le confessioni religiose che si valgono dell’otto per mille. Si deve poi tenere presente che a fronte di circa trentadue milioni di contribuenti tenuti a fare la dichiarazione dei redditi, coloro che firmano sono circa sedicimilioni e mezzo; quindi sono più del 50%. E’ vero che ci sono anche sette milioni circa di contribuenti che hanno solo il CUD, che non sono tenuti a fare la denuncia dei redditi, anche se possono firmare per l’otto per mille, e sono invitati a farlo; ma questi non possono essere contati quando si fa la media di coloro che fanno la firma. Ora, si tratta pur sempre di una legge dello Stato, che ha il suo fondamento nella Costituzione italiana, e che ha trovato il gradimento dal 50% dei cittadini (come usa adesso!); non si può quindi dire che non sia stata apprezzata e accolta. C’è invece un 2,5% che a scadenza regolare ne chiede l’abolizione, quasi sempre sostenuto dalla gran cassa della stampa nazionale. Eppure dovrebbe capire quantomeno che sta facendo una proposta non condivisa dalla maggior parte della gente. Si può fare poi una riflessione considerando i sedicimilioni e mezzo di cittadini come il campione di un sondaggio, nel quale ormai l’89% si esprime a favore della Chiesa cattolica: è azzardato pensare che in modo analogo l’89% del popolo italiano sia di questo pensiero? Se così stanno le cose, non si deve temere di sostenere questo sistema che lo Stato italiano si è dato, riconoscendo il valore sociale e pubblico della religione, conforme la storia di questo paese, e secondo la coerenza dei principi fondamentali della Costituzione italiana. In questo caso con la firma a favore della Chiesa cattolica si partecipa all’opportunità offerta dallo Stato, e si sostiene la grande attività della Chiesa nei tre settori del culto, della carità in Italia e nel Terzo mondo e del mantenimento dei sacerdoti. Per cui diventa molto opportuna la giornata di sensibilizzazione del 14 maggio, per ricordare questa possibilità a coloro che intendono sostenere la propria Chiesa, sapendo che la maggior parte degli Italiani condivide il sistema, e sono ancora tanti coloro che favoriscono la Chiesa cattolica. Faenza, 24 aprile 2006
+ Claudio Stagni Vescovo delegato regionale per il ‘Sovvenire’

Non abbiate paura di Cristo
Saluto alla Città e Diocesi in occasione dell'ingresso
30-05-2004

‘Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo’.
Con questo saluto dell’Apostolo vengo a voi, fratelli di Faenza-Modigliana; con questo saluto rispondo a quello che mi hanno rivolto Mons. Vicario Generale e il Signor Sindaco di Faenza, che ringrazio per quanto hanno voluto esprimere a nome dei fedeli e del popolo di Faenza-Modigliana, fin da questo primo incontro.
E’ significativo per il Vescovo essere accolto nella Piazza del popolo, dove tutti siete stati convocati per il solo fatto di essere cittadini di questa terra, perché tutti insieme, nella varietà delle generazioni, delle provenienze e delle culture formate un solo popolo. A servizio di questo popolo, che ho amato pur senza conoscerlo appena ho saputo di essere stato qui inviato, intendo spendere gli anni del mio ministero episcopale.
Mi è caro fin da questo momento ricordare con affetto Sua Ecc.za Mons. Italo Castellani, che saluto di tutto cuore e ringrazio per quanto ha fatto per Faenza-Modigliana negli anni della sua presenza in mezzo a voi; e so che gli avete voluto bene.
Nel saluto del Signor Sindaco di Faenza, e dalla presenza di tanti sindaci, ho percepito il segno di una accoglienza cordiale da parte di tutte le amministrazioni locali del territorio, da Marradi ad Alfonsine; ringrazio tutte le autorità che hanno voluto essere presenti, e porgo loro il mio saluto sincero, in attesa di altre occasioni d’incontro per collaborare per il bene della nostra gente.
‘La Chiesa, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, dice il Concilio, non solo comunica la vita divina, ma in qualche modo diffonde su tutto il mondo la sua luce, soprattutto perché eleva la dignità della persona umana’ La Chiesa con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunità, è convinta di poter contribuire molto a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia’ (G.S. 40).
Il nostro mondo, minacciato a tutti i livelli di imbarbarimento, ha bisogno che tutti coloro che hanno qualche responsabilità nella vita associata, nel campo educativo, nella difesa dei diritti dei più deboli, nell’operare la giustizia e la pace facciano la loro parte. La Chiesa non si tira indietro; e ritiene di fare la propria parte non sostituendosi a compiti di altri, ma perseguendo il proprio fine di salvezza, nell’annuncio del Vangelo e nella costruzione della comunità dei figli di Dio.
Con questo siamo certi di essere accanto ai problemi veri della gente, perché, come dice ancora il Concilio, ‘le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore’ (G.S. 1).
Gli uomini del nostro tempo hanno voluto provare a vivere come se Dio non esistesse; ma lontani da Dio non andremo lontano. Ce ne siamo accorti già nel consumo sregolato delle fonti di energia, contro il quale la natura si ribella; ce ne stiamo accorgendo nell’economia, dove se non si rispettano i comandamenti di Dio ci rimettono tutti; in ambito scientifico viene ormai riconosciuta la necessità di rispettare l’origine della vita almeno nel regno vegetale, anche se non si capisce la disinvoltura con cui si vorrebbe manipolare l’origine della vita umana; ce ne stiamo accorgendo, anche se qualcuno fa fatica ad ammetterlo, nel disfacimento della famiglia umana, con i danni provocati sui figli e con prospettive difficili anche per la pace sociale.
La Chiesa, esperta di umanità, e illuminata dalla fede, intende dare il proprio contributo per il bene di tutti gli uomini, perché ognuno possa sperare senza inganni, possa costruire una società più rispettosa di ogni singola persona, a cominciare dai più piccoli e indifesi, possa operare per una pace non velleitaria ma costruita sulla giustizia, la verità, l’amore e la libertà.
L’esperienza delle opere sociali promosse in modo generoso ed esemplare anche dai cristiani di questa terra, non è stato certo un espediente per farsi perdonare l’annuncio del Vangelo e la formazione cristiana dei ragazzi; è stata invece la risposta di uomini e di donne credenti in Cristo vincitore del peccato e della morte, che hanno sentito il bisogno di testimoniare con i fatti la loro fede e la loro speranza.
Con questo si vuol dire che è possibile diventare nuove creature: non vogliamo rassegnarci all’uomo che con la sua malvagità fa arrossire le belve; e nemmeno vogliamo fermarci a rimpiangere il passato. Caso mai il passato ci dice che ciò che è stato possibile allora è possibile anche adesso.
Ma non si deve pensare che la Chiesa possa promuovere opere sociali, educative e rieducative, o animare la carità volontaria, l’assistenza sociale e sanitaria, o costruire le case di accoglienza per gli anziani o per gli handicappati se viene meno il suo rapporto con il Signore Gesù nell’Eucaristia e nella preghiera. Non durerebbero un giorno in più tutte le opere caritative e sociali della Chiesa se ci mancasse la Messa, o venisse meno la preghiera delle Suore di Clausura e degli stessi cristiani; tutto questo è per noi come l’aria che respiriamo.
Non abbiate paura di Cristo, ci dice il Papa Giovanni Paolo II; non abbiate paura della Chiesa; non abbiate paura nemmeno dei cristiani, che pur con tutti i loro limiti, vogliono anch’essi operare per il bene di tutto l’uomo e di ogni uomo.
Questa è una terra che ha un glorioso passato, e oggi non vuole essere da meno di fronte alle sfide che l’attendono, perché vuole consegnare alle generazioni future le ragioni per vivere e sperare.
Il Vescovo che inizia oggi il suo cammino in questa Chiesa vuole continuare con essa un impegno che viene da lontano, che porta l’impronta dei Pastori, delle associazioni laicali, di religiosi e religiose che hanno operato per il bene di tutto il popolo di Faenza-Modigliana. Vogliamo insieme mantenere la dovuta attenzione alle vicende del mondo intero, ai problemi dei paesi in difficoltà, verso i quali si è già orientato l’impegno missionario di questa Chiesa, che ha inviato nel mondo i suoi figli che hanno saputo essere evangelizzatori, testimoni della carità e martiri.
La Chiesa desidera collaborare con tutti gli uomini di buona volontà anzitutto nella condivisione dei principi fondamentali della nostra civiltà, senza dei quali non è possibile vivere in pace nella diversità delle culture. Di cose da fare ce ne sono tante e ce ne saranno sempre; oggi è più importante però sapere come e perché, per fare i passi giusti nella direzione giusta, perché a tutti noi è chiesto di far incontrare agli uomini di oggi e di domani la più grande speranza.