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Messaggio per la Giornata della Vita Consacrata
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01-02-2007

Il due febbraio, festa della Presentazione del Signore, si celebra l’undicesima Giornata della vita consacrata. Nella nostra tradizione diocesana il momento saliente della giornata è la Concelebrazione eucaristica, alla quale partecipano religiose e religiosi insieme al popolo di Dio. Bisogna infatti ricordare che attorno alla vita consacrata sono chiamati tutti i cristiani a ringraziare il Signore per questo dono prezioso presente nella sua Chiesa, e a pregare perché vi sia sempre una risposta generosa alle varie chiamate dello Spirito. Quest’anno la celebrazione verrà fatta nella chiesa di S. Domenico di Faenza, in comunione con la famiglia domenicana che ricorda gli 800 anni dalla fondazione della prima comunità di monache a la Prouille, nella Francia meridionale. La circostanza è interessante, perché si mette insieme l’attenzione alla vita contemplativa e alla vita attiva, in quanto le prime monache domenicane avevano come scopo il sostegno attraverso la preghiera all’apostolato dei ‘frati predicatori’. E’ importante che in quella giornata si preghi in tutte le comunità, almeno con una invocazione alla preghiera dei fedeli durante la Messa. Nelle parrocchie fortunate che hanno ancora la presenza delle Suore, sarà più facile ricordarsi di loro; ma anche quelle che non le hanno più o non le hanno mai avute devono pregare per i consacrati e le relative vocazioni. E’ di qualche giorno fa la notizia che anche in Italia c’è una ripresa delle vocazioni femminili alla clausura. Si tratta ovviamente di un fenomeno non omogeneo in ogni regione, ma è interessante notare che anche nei giovani di oggi (e in particolare nelle ragazze) non è venuta meno la voglia di aderire ad una proposta che risponde alle vere attese dell’animo, anche se si tratta di proposte esigenti. Quando si dice che i giovani di oggi non sono peggiori di quelli di ieri, si dice anche questo. ‘Luce per illuminare le genti’ è il Signore Gesù che entra nel tempio di Gerusalemme; sia luce anche per il nostro tempo e per quanti sono da Lui chiamati a seguirlo più da vicino.

Amare e desiderare la vita
Messaggio alla Diocesi in occasione della Giornata Nazionale per la Vita
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23-01-2007

Iniziata per affermare la non rassegnazione alla legittimazione dell’aborto, la giornata della vita sta diventando l’occasione per riflettere anche su altre situazioni, dalle manipolazioni genetiche all’eutanasia. Purtroppo questi temi vengono portati alla ribalta sull’onda emotiva del caso pietoso, di fronte al quale difficilmente si riesce ad essere lucidi nel capire la differenza che c’è tra il giudicare un fatto personale (di fronte al quale si può anche avere comprensione) e una disposizione che autorizza un comportamento generale (cioè una legge permissiva dello Stato). Perché ormai l’esperienza insegna che ciò che la legge permette, è ritenuto lecito, e viene compiuto pensando di non far niente di male. ‘Amare e desiderare la vita’ è il messaggio dei Vescovi, che usando solo argomenti di ragione, usata senza condizionamenti ideologici, fanno vedere come non sia mai lecito mettere le mani sulla vita umana per disporne a piacimento. La cosa più desolante delle scorse settimane è stata la quasi coincidenza di due uccisioni, una appoggiata da tutta la grancassa mediatica, e l’altra dalla medesima condannata con altrettanta enfasi. Eppure, se si usasse la ragione libera dalle ottusità ideologiche di moda, si capirebbe che gli argomenti per condannare la pena di morte sono gli stessi per condannare l’eutanasia, con l’aggiunta in questo ultimo caso che ci si trova di fronte ad un innocente. Ma, si dice, nel caso dell’eutanasia c’è la volontà dell’interessato, che vuole morire. A questo punto allora bisogna capire bene: la vita umana, può mai essere in potere dell’uomo? Se si è d’accordo che la vita è un bene indisponibile, allora si troverà il modo di affrontare le situazioni difficili senza eutanasia, ma con un aumento di attenzione. Ma se si cominciano a legittimare delle eccezioni, sarà difficile fermarsi di fronte all’handicappato, al diverso, al malato, al delinquente che per qualche verso disturba (e costa), e che è più semplice eliminare. Preghiamo perché l’impegno degli uomini di buona volontà difenda il bene della vita senza cedimenti, e perché nessuno si lasci confondere di fronte ai principi inviolabili che riguardano il bene fondamentale della persona e della società.

Visita ad Limina
Messaggio alla diocesi in occasione della visita ad limina (Roma 22-27 gennaio 2007)
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19-01-2007

Ogni cinque anni i vescovi sono tenuti a fare visita alla tomba degli Apostoli e, nell’occasione, incontrare il Papa. Nella settimana dal 22 al 27 gennaio i vescovi dell’Emilia-Romagna saranno a Roma per questo adempimento. Questa visita è stata preparata da una lunga relazione che ogni vescovo ha inviato per tempo alla Santa Sede, con una descrizione della situazione e della vita della diocesi, e con la prospettiva dell’impegno per il futuro. è stato questo il risultato di una lunga collaborazione tra i vari uffici e centri diocesani, ed è stata anche l’occasione per una verifica, seppure in modo sintetico, di quanto si sta facendo per la vita della Chiesa diocesana e il suo impegno di evangelizzazione. è in occasioni come queste che ci si accorge come non siamo abituati a raccogliere dati sulla nostra attività di apostolato. Si rischia di valutare le attività e gli impegni sovrapponendo ciò che esiste con ciò che dovrebbe essere, la realtà con il progetto, ciò che facciamo con ciò che dovremmo fare. è vero che nel caso dell’impegno religioso c’è una variabile che nelle altre rilevazioni non esiste, ed è l’azione dello Spirito Santo. Sappiamo che tra quello che noi (preti, religiosi e laici) facciamo e il risultato, c’è l’opera della grazia, che non si riesce a valutare, ma che certamente agisce. Se questo può servire per farci coraggio, non deve però diventare un alibi per non mettere tutte le condizioni come se tutto dipendesse da noi, e aspettarsi poi l’esito come se tutto dipendesse da Dio (come dicevano i santi). Così andremo dal Papa a raccontare un po’ di cose nostre, in un colloquio personale di circa un quarto d’ora per ogni vescovo. Poi vi saranno alcuni incontri con i dicasteri romani, su aspetti particolari della pastorale diocesana. Il Papa farà poi un suo intervento a tutti i vescovi italiani, durante l’assemblea della Cei, alla fine del mese di maggio. Sarà una cosa buona se qualcuno vorrà accompagnare il vescovo con la preghiera, perché anche questo momento così prezioso dia una vera occasione di grazia, per il bene di tutta la Chiesa diocesana.
+ Claudio Stagni, vescovo

In preghiera per l’unità
Messaggio per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 2007
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12-01-2007

L’ecumenismo vive un momento favorevole, si scrive sui giornali. Può darsi, ma non vorrei che si considerasse realtà ciò che scrive la stampa e soprattutto il modo in cui la stampa lo presenta. Infatti a chi vive sull’onda delle “agenzie di stampa” basta un gesto per scrivere che tutto è perduto, o per scrivere che tutto ormai è a posto. L’ecumenismo dei gesti corre questo rischio. Ma nella nostra età mediatica non se ne può fare a meno. Ciò che recentemente è avvenuto in Turchia tra papa Benedetto XVI e il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, è indubbiamente una cosa grande, perché segno di un cammino lungo e diffuso, sia a livello di commissioni di studio, sia nei rapporti tra le varie Chiese; pensiamo solo ai luoghi di culto dati in uso ai greci ortodossi in Italia da parte della Chiesa cattolica. Ma l’impegno che viene chiesto a noi nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è un’altra cosa. Anzitutto si tratta di pregare, credendoci, per chiedere il dono dell’unità. Poi si tratta di riflettere anche sulle ragioni e sulle prospettive del cammino verso l’unità. Il tema per quest’anno recita: “Fa sentire i sordi e fa parlare i muti”, e si rifà ad una guarigione di un sordomuto nel vangelo di Marco, dove al termine del racconto la gente ha quella esclamazione. Il tema lo si può prendere, come fa il sussidio interconfessionale preparato per quest’anno, come l’occasione per pregare per l’unità dei cristiani e unirsi per dare una risposta alla sofferenza umana. Ma si potrebbe anche ricordare il gesto dell’Effata che viene compiuto nel battesimo, con l’invito al neo battezzato di poter ascoltare presto la Parola di Dio e cantare le sue lodi. Non sembri questa impostazione troppo intimistica, perché sarà questo il punto di incontro più serio tra le varie Chiese, quando cioè insieme potremo ascoltare la parola di Dio, e trovare una ricchezza nella varietà degli apporti, e celebrare uniti il culto all’unico Dio. Nella preghiera non possiamo trascurare questa meta che potrà anche essere lontana, ma è quella che risponde alla preghiera di Gesù perché tutti siano una cosa sola. Intanto va sempre bene rispettarci e non parlare male gli uni degli altri, e, se c’è l’occasione, fare anche della carità insieme.

La pace ha un cuore: il tuo
Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace
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22-12-2006

Giustamente la giornata mondiale della pace è stata fissata in una festa civile, il primo giorno dell’anno. La pace infatti è un bene di tutti, che deve stare a cuore a tutti, e che tutti devono costruire. Non sarebbe stata la stessa cosa se si fosse scelto per esempio il giorno di Natale, nonostante ora siano in tanti a volerlo ridurre alla festa della pace, dell’amore, della bontà, ecc. Il Natale è la festa del Principe della Pace, di colui che ha dato le coordinate essenziali per costruire la pace, e cioè la verità, la giustizia, l’amore e la libertà. E dire che fu il papa Paolo VI a istituire la Giornata mondiale della pace, e con scelta veramente “laica” indicò il primo gennaio, quando all’inizio del nuovo anno gli uomini si fanno reciprocamente auguri di serenità, si benessere e di pace. E’ pure necessario che la pace non diventi una prerogativa esclusiva di qualcuno, che vi mette il proprio copyright, e se non si manifesta, non si protesta, non si grida con lui o come vuole lui non si è per la pace. E’ chiaro che la pace è un bene che tutti intendono perseguire (anche coloro che per assurdo fanno la guerra). Dove ci si differenzia invece potranno essere i diversi modi per raggiungere la pace. E questo fa parte di un pluralismo che va rispettato, e che può far bene all’esito finale, in ordine al quale ci possono essere percorsi fatti insieme, collaborazioni parziali e soprattutto il rispetto l’uno dell’altro, cioè di ogni persona umana. Nel messaggio per la giornata mondiale 2007, che ha per tema: “La persona umana, cuore della pace”, il Papa dopo aver affermato che la pace è nel disegno di Dio creatore, dice: “L’insieme di regole dell’agire individuale e del reciproco rapportarsi delle persone secondo giustizia e solidarietà, è iscritta nelle coscienze, nelle quali si rispecchia il progetto sapiente di Dio’ La pace è quindi anche un compito che impegna ciascuno ad una risposta personale coerente col piano divino”. E’ pertanto fuori luogo l’affermazione di quanti ritengono che siano le religioni a fomentare le guerre. Caso mai sono le ideologie (anche quelle che pretendono di ispirarsi a motivi religiosi) ad alimentare “l’irrazionalità” che porta allo scontro tra le persone e tra i popoli. E’ infatti la ragione a rendere possibile il dialogo tra gli uomini e tra i popoli. Per questo è importante la riflessione che il Papa sta proponendo ripetutamente sulla ragione, fondamento per una intesa e una pace vera tra tutti gli uomini.

Avvento: tempo di speranza
Messaggio in occasione dell'Avvento 2006
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03-12-2006

Introdotto nell’anno liturgico come tempo di preparazione al Natale, l’Avvento è diventato anche il tempo dell’attesa del Regno di Dio, un tempo caratterizzato dalla virtù della speranza. A Verona il Rabbino capo ha ricordato ai convegnisti con la profezia di Zaccaria (9,12) che siamo ‘prigionieri della speranza’. Siamo costretti a sperare, non con senso di angoscia, ma con grande senso di liberazione. E la nostra speranza è in quel Bambino che ci apprestiamo ad accogliere ancora una volta nel prossimo Natale. Vivere l’Avvento come tempo di preparazione, di purificazione e di attesa. Fare l’esperienza di avere bisogno di qualcosa, di non avere sempre tutto, di sapere che anche noi siamo attesi (forse da qualcuno che aspetta da noi un gesto o una parola); superare la pesantezza della assidua sazietà per cui finiamo per non desiderare più nulla; può essere che una qualche rinuncia possa aiutarci; ma soprattutto dobbiamo rifare il cuore puro, per vedere Dio. L’Avvento non è però una attesa infinita di qualcosa che arriverà chissà quando; c’è una venuta quotidiana di Dio nella nostra vita, che va colta con la semplicità del piccoli, che si meravigliano di fronte a tutto. E hanno ragione loro. Ci accompagnano in queste settimane le figure-modello dell’attesa: il profeta Isaia, San Giovanni Battista, la Vergine Maria, San Giuseppe. La Liturgia ce li presenta nelle domeniche che precedono il Natale perché ci lasciamo guidare dal loro esempio, dalla loro fede, dal loro coraggio, dalla loro pazienza. Può essere più facile aspettare quando la stessa attesa si fa presenza, presenza di Colui che stiamo cercando, presenza di Colui che sta cercando noi: chi cerca il Signore lo ha già trovato. Con questo spirito ci incamminiamo nel tempo dell’Avvento, lasciandoci condurre dalla luce che la speranza ci fa intravedere in fondo al tunnel, dove brilla luminosa la stella di Natale

Avvenire, un’occasione da non perdere
Messaggio alla diocesi in occasione della giornata diocesana di Avvenire
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12-11-2006

Sono stato al Convegno di Verona, e mi è dispiaciuto vedere che tanti delegati compravano La Repubblica (Avvenire veniva distribuito gratis!), e rimanevano male perché del convegno si parlava solo in una colonna, mentre si sprecava spazio per altri discorsi sciocchi sulla Chiesa. Mi pareva di vedere in piccolo lo spettacolo che avviene ogni giorno: si va a bere il brodo d’oca sui giornali laici (cioè laicisti), e non ci si interessa del giornale dei cattolici. Proprio sul convegno di Verona si è vista la differenza di Avvenire nel trattare le cose della Chiesa, con ampi resoconti, con i testi più importanti riportati integralmente, dando importanza alle cose che la meritavano (anche episodi particolari, piccole interviste per riprodurre il contesto di quelle giornate). La lettura della stampa laicista finisce per trasmettere non tanto il pensiero ‘della gente’, come si vuol dare ad intendere, ma la visione distorta di chi ha interesse a mettere in cattiva luce l’operato dei cattolici. Anche la mancata diffusione di Avvenire nella nostra Diocesi, è segno di una inerzia dei cattolici, che sono più portati a lamentarsi, che a fare qualcosa per cambiare il mondo. Tutti si lamentano che la Televisione fa schifo, ma non danno il minimo appoggio al giornale dei cattolici che puntualmente stigmatizza le cose che non vanno; se invece di avere 100.000 copie ne avesse il doppio, certamente avrebbe un altro peso di fronte ai responsabili dei programmi televisivi. Senza dire delle belle firme di cui è fatto il nostro quotidiano, che sanno dare una visione dei fatti e della politica tenendo conto della dottrina sociale cristiana, pur nella libertà di espressione che va riconosciuta anche ai giornalisti cattolici. La lettura di un giornale come Avvenire diventa una occasione anche di formazione personale, non solo per la visione degli eventi alla luce della dottrina sociale della Chiesa, ma anche per altri aspetti culturali. La formazione dei laici ha certamente bisogno anche di altri strumenti per impostare i fondamenti spirituali, teologici, biblici, morali, ecc. della vita di un cristiano, ma non può fare a meno di un aiuto così utile per una visione corretta del rapporto tra fede e vita. La giornata del 12 novembre per la stampa cattolica è il livello minimo di interessamento che viene promosso, per mantenere viva una sensibilità che merita molto di più. E’ importante che il piccolo fuoco non si spenga, ma è anche necessario che si propaghi ancora.

‘Il Piccolo’, uno strumento prezioso
Messaggio alla diocesi in occasione della giornata del settimanale diocesano
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10-11-2006

Ho conosciuto al Convegno di Verona il Presidente nazionale della Federazione dei Settimanali cattolici, che con grande convinzione ci ha trasmesso la sua passione per la stampa cattolica. A ben pensarci questi strumenti che sono presenti in quasi tutte le diocesi italiane, raggiungono più lettori una volta alla settimana dei più diffusi quotidiani. Sono quindi una grande opportunità per le nostre Chiese. La loro forza sta proprio nel nascere vicino ai loro lettori, e nell’essere collegati agli altri settimanali cattolici per una linea condivisa. Anche il nostro Il Piccolo ha già avuto varie occasioni di mostrarlo. Nella Giornata dedicata alla stampa cattolica mi preme richiamare l’attenzione ancora una volta su questo strumento piccolo ma prezioso. Ci siamo accorti che se non lo leggono i cattolici come dovrebbero, lo leggono gli altri, e qualche volta vi danno risonanza. Anche questo va bene, perché la presenza del nostro mondo sulla stampa, come pure nella televisione o nella radio, non ha nulla da nascondere, e può fare del bene a tutti. Dispiace constatare che anche coloro che collaborano da vicino nelle nostre parrocchie non sentono il bisogno di conoscere questo strumento di collegamento con l’intera Diocesi, impoverendo così un aspetto non secondario della loro appartenenza. E’ pigrizia? E’ disattenzione? Troppa roba da leggere? Spero solo che non sia per il costo, che è tenuto basso proprio per favorire la diffusione, impegnando di conseguenza un contributo consistente della Diocesi. Il Piccolo è fatto bene, i collaboratori che vi operano (spesso gratis) sono bravi: non perdete l’occasione per ricuperare uno strumento di collegamento e di formazione prezioso. Sarete contenti.

I giorni di vita
Messaggio in occasione delle Festività dei Santi e della Commemorazione dei defunti
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29-10-2006

Il mese dei morti, novembre, inizia con la festa di tutti i Santi. Nella sensibilità della gente c’è l’attenzione ai morti con la visita al cimitero e il riordino delle tombe. Però unito a questo gesto c’è spesso una preghiera o un ricordo affettuoso, che in ogni caso ci porta con il pensiero all’altra vita. I nostri morti ci aiutano a pensare anche al Paradiso, popolato dai Santi che vogliamo venerare il primo di novembre. C’è il rischio di pensare a questi misteri in modo astratto, perché non abbiamo le categorie mentali per immaginarne la realtà. Del resto ci ha detto S. Giovanni: ‘Ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è’ (1Gv 3,2). Il fatto di non poter sapere come saremo, non deve annullare la realtà divina che ci attende; per quanto la pensiamo bella, sarà sempre meglio, più soddisfacente e più felice. Celebrare i Santi è un modo realistico di affermare la nostra fede nella realtà invisibile futura, ed è anche un modo per sostenere il nostro cammino per raggiungere il Paradiso. Il ricordo dei nostri morti, soprattutto se hanno sofferto prima di morire, conferma quanto ci ha detto la Parola rivelata nella lettera ai Romani: ‘Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi’ (Rm 8,18). L’esperienza del dolore in questa vita, invece di diventare una difficoltà per credere nella beatitudine eterna, ne diventa un riscontro. Il tentativo di banalizzare anche queste giornate, deve essere contrastato in tutti i modi, non cedendo alla mania asfissiante di trasformare tutto in occasione di mercato. L’impegno con cui i mezzi di comunicazione ci danno per scontate iniziative che non appartengono alla nostra cultura, non ci deve trarre in inganno. Fa bene anche ai nostri bambini una visita al cimitero e una preghiera per i nonni; sapere che siamo destinati, attraverso la morte, ad una vita eterna è il principio della sapienza anche oggi.

La missione, atto di amore per l’umanità
Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale
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24-10-2006

La Giornata missionaria mondiale è l’occasione per riflettere sul significato e il valore della missione nella Chiesa, perché a volte la si confonde con l’aiuto di promozione umana o con una attività di proselitismo. La missione della Chiesa è sostanzialmente un atto di amore verso l’umanità, sia per quanto riguarda l’annuncio evangelico, perché risponde ad un diritto che gli uomini hanno di conoscere un eventuale loro salvatore, sia per i gesti di carità che vengono fatti per sollevare le principali sofferenze. “La carità, anima della missione” è il messaggio per la giornata di quest’anno che il Papa ha indirizzato ai fedeli, dopo la sua enciclica sulla carità, per applicarne i principi all’attività missionaria. E’ infatti diffondendo l’amore come fondamento del rapporto con Dio e tra tutti gli uomini che si mette il seme per un cambiamento radicale della vita umana. Infatti il vero disastro che rovina il mondo è il peccato, l’egoismo, la violenza; tutte cose che devono essere vinte con il messaggio dell’amore e con l’aiuto della grazia attraverso la vita della Chiesa. A volte si è tentati di vedere la necessità di aiutare le missioni partendo dalla miseria della gente, per risolvere situazioni di evidente ingiustizia. Questo è piuttosto il compito della politica, che ci vuole, ma non è proprio della Chiesa. L’annuncio del Vangelo invece arriva alle coscienze, cambia il modo di pensare e influisce sull’agire; e l’opera di carità è anzitutto condivisione della situazione degli uomini perché sono tutti fratelli. E’ proprio partendo da questi principi che l’opera dei missionari continua, a cambiare il mondo, come quella dei nostri padri Giovanni Querzani e Giuliano Gorini, che vogliamo ricordare anche in questa occasione. Il padre Giovanni Querzani il 21 ottobre a Brescia riceve il premio “Cuore amico”, perché, dice la motivazione, “nei 36 anni di vita missionaria nella repubblica democratica del Congo egli ha unito all’intensa attività sacerdotale un costante impegno umanitario, soprattutto nell’assistenza sanitaria e nell’azione sociale a favore dei più poveri”. E’ un riconoscimento che premia anche la generosità di quanti gli hanno aiutato a fare tanto bene, e attesta che senza una motivazione profonda non è possibile fare tutto questo. Anche padre Gorini con le sue scuole sta facendo un’opera meravigliosa, soprattutto in questo tempo che la sua missione è insidiata e aggredita. La conoscenza di alcune missionari ci deve però far pensare anche a coloro che non hanno nessuno che li sostiene, e possono confidare solo negli aiuti della Santa Sede. La Giornata missionaria vuole pensare a tutti, e le offerte raccolte devono essere versate all’Ufficio missionario della Diocesi per essere inoltrate a Roma; anche in questo modo si vive la Chiesa cattolica, che significa universale, perché si ricorda di tutti.