[ott 7] Intervento – Assemblea iniziale Visita Unità pastorale Faenza Nord

07-10-2024

ASSEMBLEA INIZIALE

VISITA UP FAENZA NORD

7 OTTOBRE 2024

Cari fratelle e sorelle,

nelle relazioni che avete preparato, mi ha colpito una domanda che emerge nel considerare il tema dell’evangelizzazione nelle vostre comunità. Si domanda: «le persone chiedono l’incontro con il Signore?».

Questo interrogativo riflette la situazione attuale che stiamo vivendo come Chiesa: gli uomini e le donne del nostro tempo sembrano non avere una domanda di fede o, meglio, sono disposti a credere in tante cose, ma non nel Signore Gesù. Si mostrano piuttosto indifferenti e impigriti nella ricerca di Dio e, in alcuni casi, a motivo della contro testimonianza dei cristiani, rifiutano la fede.

Davanti alla nostra realtà in rapido mutamento – e vi rimando all’ analisi che ho avuto modo di presentare ai presbiteri e ai Diaconi alla tre giorni del clero (cf Toso, Intervento alla tre giorni del clero, 10 settembre 2024) – la domanda che emerge dalle vostre relazioni mi interpella, in particolare per due motivi.

Provo a porli anche io sotto forma di domanda:

  • Esiste un uomo o una donna, un ragazzo o una ragazza, che non desidera essere felice? Senza andare a prendere la filosofia tomista, non ci è difficile riconoscere che ogni azione che facciamo, ogni desiderio che anima il nostro cuore, le relazioni, il lavoro… tutto è mosso da un desiderio di bene, di pienezza, di gioia. Nessuno può sfuggire a questo orientamento di fondo che è insito in ogni persona e costituisce una struttura d’essere universale.

Se ascoltiamo la Scrittura – la prima lettura di ieri, tratta dal secondo racconto della creazione nella Genesi ne è un esempio –, emerge con forza questo insegnamento: l’uomo non è un’isola, non è solo un individuo, ma una persona, la quale, fin dal primo istante della sua esistenza è un essere in relazione con Dio, con gli altri, con sé stesso. L’uomo è un soggetto strutturato ad immagine di Dio che è relazione tra Persone: Padre, Figlio e Spirito santo. Nell’uomo, Creato da Dio, è data una intrinseca relazione con altro da sé, compreso il creato. Il senso della vita dell’uomo non può che essere trovato nella relazione.

Pertanto, dobbiamo rispondere che non è possibile che esista qualcuno che, anche in maniera implicita, anche senza saper dare un nome al proprio desiderio, non stia cercando un incontro con Dio, con la pienezza, con la gioia che non ci può essere tolta (cf Gv 16,23).

Qui si colloca la missione propria della Chiesa, in ogni suo livello (universale, diocesano, parrocchiale). Essa è a servizio dell’incontro fra Dio e l’uomo, fra l’uomo e la donna, fra l’uomo e il creato. Come è a servizio? Accogliendo, celebrando, testimoniando Gesù Cristo, il Verbo di Dio che si incarna nell’uomo come relazione esemplare con il Padre, con ogni persona, con tutto il creato, che è stato realizzato grazie a Lui, mediante Lui, in vista di Lui. L’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo è esattamente l’instaurazione dell’umanità e di tutte le relazioni, di tutte le cose in Cristo, come centro e fine del tempo e della storia.

La Chiesa serve l’incarnazione del Verbo di Dio che assume in sé l’uomo, il creato per trasfigurarli, per renderli nuovi. La Chiesa è chiamata ad annunciare il mistero che si realizza in Cristo Gesù. È inviata ad annunciare e a indicare, a dare un nome, a collegare il desiderio di felicità degli uomini e delle donne con l’unica persona che può garantirle veramente: Gesù Cristo.

La Chiesa non serve per organizzare feste o sagre, e nemmeno per garantire dei servizi sociali, o radunare grandi numeri: tutte queste cose sono a servizio dell’incontro fra ogni uomo e il Signore Gesù Cristo. Per cui se nei nostri campi scuola, nei nostri Cre o Grest non si educano i ragazzi e i giovani all’incontro con Gesù Cristo per viverlo e annunciarlo, ci riduciamo a svolgere attività che possono essere promosse da qualsiasi agenzia educativa.

La “missione” della Chiesa, delle nostre parrocchie dunque, può essere declinata secondo tre linee direttrici complementari: annuncio, liturgia e carità, che sono le azioni che connettono il mondo a Dio, le azioni che promuovono un impegno sociale concreto secondo il Vangelo e, allo stesso tempo, mostrano i limiti di tutto ciò che non porta al Signore.

Il nostro cuore è inquieto finché non riposa nel Signore, poiché è stato fatto per Lui, e in Lui ogni cosa deve essere ricapitolata, poiché non c’è altro nome sulla terra nel quale noi siamo salvati (cf Agostino, Confessioni, I,1; Ef 1, 10; At 4, 12)

  • La seconda domanda-provocazione che vorrei porre è: anche se esistesse qualcuno che non cerca l’incontro con il Signore, questo fatto non ci preoccuperebbe? Non risveglierebbe in noi una tensione missionaria rinnovata?

Purtroppo, dobbiamo riconoscere che, in nome di una falsa libertà che scambia la propria volontà con una possibilità illimitata di scelte, siamo molte volte ripiegati in alcune situazioni di comodo che non prevedono esplicitamente un annuncio del Signore.

Quante volte, penso soprattutto nei confronti dei giovani, facciamo fatica ad annunciare che la loro vita ha senso solo nel Signore, solo nell’ascolto della sua Parola, nella sequela della sua croce.

E, come esempio, vorrei portare proprio la relazione che mi avete inviato sulle varie realtà educative. Ho fatto una prova e all’interno del file ho cercato la parola «Gesù», la parola «Cristo», la parola «Signore».

Devo dire che è un testo fatto bene, con tanti spunti, tante prospettive, con un approccio pedagogico molto «virtuoso», ma si nota la mancanza dell’unica cosa o, meglio, dell’unica Persona che da sapore e orientamento a tutto il resto. Manca proprio un riferimento chiaro, esplicito, prioritario a Gesù Cristo. Nel testo non si incontra la parola Gesù, Cristo o Signore. Compare 0 volte. Faccio questo cenno perché può descrivere l’eventuale atmosfera che si può riscontrare in tante iniziative, accattivanti, organizzate con molto impegno sì, ma che non fanno riferimento esplicito a quell’unica Persona di cui il mondo e i giovani hanno ultimamente bisogno, ossia il Signore Gesù.

Nella Visita pastorale non posso, allora, non sottolineare questo: non serve molto, dal punto di vista cristiano e umano, fare tante cose se manca il riferimento all’amore di Cristo, indipendentemente dal fatto che sia scritto o meno, all’annuncio del suo Vangelo, alla celebrazione dei sacramenti, alla vita nella carità.

Dalle vostre relazioni emerge che state iniziando a misurarvi in prima persona con il calo delle vocazioni e una presenza laicale che deve diventare sempre più corresponsabile. Don Marco è parroco di più comunità, e anche i frati cappuccini non potranno garantire in eterno una presenza così numerosa nel nostro territorio, se non a certe condizioni, che ho evidenziato anche nella visita dell’Unità pastorale del centro. La cosa, evidentemente, vale anche per tutta la Romagna (ma non solo). Le sue Diocesi attualmente sono sprovviste di vocazioni presbiterali e laicali sufficienti a garantire l’evangelizzazione in futuro o, per lo meno, come per anni e anni si è sviluppata, tra alti e bassi. Tutto questo produce in noi, a livello pastorale ed educativo, domande e interrogativi salutari che sollecitano a prendere in mano la situazione e non a subirla.

Continuiamo ad investire energie nella pastorale vocazionale e giovanile, non abbiate paura di dedicare tempo e spazi specialmente ai giovani. Insieme investiamo energie nella pastorale famigliare e nella pastorale liturgica e sacramentale, che si raccordano naturalmente con la pastorale vocazionale e con la pastorale giovanile.

Incentivate anche, dove non è presente, la costituzione di un Consiglio pastorale parrocchiale come organo sinodale di ascolto e di discernimento e decisione in comunione con i pastori. Abbiamo bisogno di una rinnovata attenzione per la formazione dei laici: una vera corresponsabilità passa da questa presa di coscienza e una relativa preparazione culturale ed ecclesiale.

Diventa ineludibile il tema della catechesi e della formazione degli adulti: dobbiamo aiutare le persone prima di tutto a diventare adulte nella fede, umanamente. Se non vi sono genitori e persone adulte nella fede diventa difficile poter pensare di disporre di catechisti e catechiste. Sono gli adulti che preparano le nuove generazioni di catechisti. Non tralasciamo, pertanto, questo ambito della pastorale, incentivando iniziative concrete nelle quali si possa condividere un’autentica esperienza di fede e la sua generatività espressa con la creazione di una nuova cultura evangelica, cattolica.

Vi ringrazio per quanto avete preparato, e vi chiedo di accompagnarmi con la preghiera in questa Visita fra di voi.