Seminario di Faenza, 22 ottobre 2023.
«Sia benedetto Dio, del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione!» (2 Cor 1,3).
Cari fratelli e sorelle, vogliamo unirci a questa benedizione che San Paolo pronuncia all’inizio della Seconda lettera ai Corinzi e che abbiamo appena ascoltato.
Nella vita del Signore Gesù che si incarna, muore e risorge per noi, uniti a Lui mediante il Battesimo, sperimentiamo concretamente la consolazione di Dio. Perché? Perché il Figlio di Dio si rende presente in noi, cammina con noi, ci dona la sua vita, il suo amore. È Dio con noi, per noi, e in noi. Gesù non ci lascia soli, in tutti i momenti della nostra esistenza, comprese le prove della vita. Ci tiene per mano come fratello e ci consola in mezzo alle nostre sofferenze. Grazie a ciò, l’uomo e la donna di ogni tempo e di ogni luogo sono con-solati in Cristo. Cioè, non sono lasciati a sé stessi, non sono senza luce, non sono sfigurati dal peccato, non sono inchiodati alla morte.
L’azione misericordiosa di Dio si presenta come un atto di tenerezza per ciascuno di noi, ma non si limita ad essere una consolazione solo per noi. Il Padre ama tutti i suoi figli. Chiede ad ogni figlio e figlia di diventare protagonisti di misericordia, perché venga trasmessa e consegnata a tutti. L’unica sorgente della consolazione è Dio, per mezzo di Cristo e del suo Spirito (At 9,31), e il cristiano è esortato a comunicarla (cf 1Ts 4,18).
Dobbiamo soprattutto pensare che Dio opera la forma più alta della sua consolazione convocandoci e costituendoci popolo in comunione, popolo missionario. Ci fa suo popolo, unito in comunione, con-solato, mediante Gesù Cristo e il dono del suo Spirito d’amore e di verità. Il suo Spirito è effuso su di noi perché, suo mediante, diveniamo costruttori e annunciatori del popolo che è la Chiesa.
Riflettendo sull’amore del Padre, comprendiamo che tramite la sua consolazione, siamo educati, condotti alla maturità, a condividere la pienezza del suo amore. Percependo di essere consolati da Dio e dal suo Figlio incarnato, morto e risorto, perveniamo sino alla consapevolezza di essere da Lui costituiti nella sua consolazione, che è comunione, amicizia con Lui e tra di noi.
Noi da soli non riusciamo e non possiamo «produrre» la consolazione che Dio Padre, Figlio e Spirito santo ci donano. Per quanto forte possa essere la nostra percezione intellettuale, affettiva e morale della presenza in noi del Signore Gesù; per quanto potremo andare d’accordo tra noi; per quanto saremo uniti, operanti ed oranti insieme, non potremo mai esprimere e realizzare quel «di più» che solo Dio può far germogliare in noi mediante la croce del Figlio crocifisso. Quanto più sono abbondanti le sofferenze di Cristo in noi, tanto più, per mezzo di Lui, è abbondante anche la nostra consolazione.
Caro Matteo, essere con-vocati nella comunione con-solante di Cristo significa essere più pienamente suoi, Chiesa che gli appartiene. Non solo tu sei consolato mentre fai di te stesso un dono al Signore e alla Chiesa. Anche la stessa Chiesa viene consolata perché, per mezzo del Signore, vieni mandato come operaio nella sua vigna.
La Chiesa annuncia ciò che essa ascolta: e se il suo annuncio orienta gli uomini ad entrare nella comunione ecclesiale e a diventare a loro volta testimoni, è perché essa per prima si è lasciata convocare, formare e inviare dalla parola che annuncia.
La Chiesa dona e testimonia la carità da cui essa stessa è plasmata. La sua molteplice opera di carità, in campo educativo, culturale, sociale, politico si pone tra gli uomini come segno efficace dell’amore e della giustizia di Dio, che sempre chiama e convoca ad accogliere e a celebrare la sua salvezza misericordiosa.
La Chiesa celebra quella Trascendenza trinitaria da cui essa stessa è compaginata: e se la celebrazione dei sacramenti, specialmente l’Eucarestia, ci rende popolo di Dio e ci sollecita ad essere missionari, è perché così siamo costituiti dalla nostra partecipazione ai sacramenti.
In un contesto di salvezza misericordiosa, ricevuta e vissuta nella nostra Diocesi, si innesta la celebrazione del settantesimo del nostro Seminario. A 70 anni dall’apertura di questa sede (25 ottobre 1953) e nel momento in cui un nostro seminarista Matteo Cattani, viene ammesso tra i candidati all’ordine sacro, dobbiamo benedire Dio per le molteplici consolazioni che ci ha donato nei ministri ordinati che qui si sono formati e cresciuti nella fede.
Essi sono stati elargiti alla nostra comunità diocesana proprio in ordine ad una misura alta, perché fossimo sempre più ricettivi della misericordia consolatrice di Dio. Senza di loro la nostra Chiesa diocesana si sarebbe potuta illudere di avere già in proprio tutti i doni e di doverli semplicemente coordinare, senza doverli ricevere da Cristo profeta, sacerdote e pastore. Non dobbiamo mai dimenticare che il Ministero ordinato, certamente viene dalla comunità, ma viene attivato da una Grazia che proviene dall’alto, da Cristo, attraverso lo Spirito che lo suscita e lo costituisce. Ciò significa che la comunità non si auto-convoca, non si auto-genera, non si auto-consola, ma è generata e redenta continuamente dall’Amore del Signore.
I ministri ordinati, vescovi, presbiteri e i diaconi, nella Chiesa ci ricordano proprio questo. La salvezza non ci deriva solo dai ministri ordinati. È Cristo il profeta, il sacerdote e il pastore che ci redime e ce li dona. Peraltro, senza il ministero ordinato ci sarebbe il rischio di una leadership, pura e semplice, cioè l’illusione che i ministeri siano qualcosa che noi semplicemente riconosciamo per coordinare l’esistente. Se la Chiesa sta in piedi è per quanto il Signore continuamente le dona. In questo senso è irrinunciabile il ministero ordinato: non ci può essere una Chiesa senza il ministero ordinato. Proprio per questo, la Chiesa ha mantenuto sempre la consapevolezza che essa non è un mero club di persone che vi si iscrivono per raggiungere i medesimi obiettivi. La Chiesa non è un gruppo di amici, che stanno insieme perché si trovano bene tra di loro.
L’essere della Chiesa non è posto dal mettersi insieme per fare qualcosa di buono o perché si sta bene insieme. L’essere sorgivo della Chiesa è dato dalla risposta a Colui che chiama ad essere uniti a Cristo vivo, unico e vero consolatore. Il cuore della Chiesa è costituito dal movimento di risposta a Lui che convoca e che ci accorpa, ci unifica in un cuor solo e in un’anima sola. Per questo è necessario che nella Chiesa ci sia un ministero ordinato, non semplicemente delegato dalla comunità, bensì istituito da Cristo per tenere sempre viva la memoria della presenza del Risorto.
Caro Matteo, grazie per aver chiesto di esser ammesso tra i candidati al sacramento dell’ordine. Abbiamo fiducia che ti impegnerai ad essere tutto di Cristo nella Chiesa, per essere un giorno, quando il vescovo ti chiamerà, segno efficace di Colui che chiamando, consola.
Mario Toso, vescovo