Seminario, Sala san Pier Damiani,14 novembre 2024
La Settimana sociale dei cattolici in Italia, svoltasi a Trieste dal 3 al 7 del luglio scorso, aveva come finalità essenziale quella di promuovere ed accompagnare processi di partecipazione e di corresponsabilità da parte dei cattolici alla vita sociale e politica del Paese.
L’intento principale era, più precisamente, quello di mobilitare il mondo cattolico, in tutte le sue componenti ed espressioni, in modo da renderlo più capace di partecipare alla democrazia, gravemente in crisi, per orientarla sempre più alla realizzazione del bene comune.
Se l’obiettivo della Settimana sociale era abbastanza chiaro, durante il conseguimento di tale processo si sono manifestati, con gli aspetti positivi, varie incertezze, dovute anche al fatto del notevole numero di partecipanti e delle varie tradizioni culturali di provenienza.
Di particolare rilievo sono stati gli interventi del Presidente della CEI, il card. Matteo Maria Zuppi, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di papa Francesco.[1]
Sono state interessanti anche le relazioni, seguite dai lavori di gruppo, attorno ai temi come partecipazione, Europa, pace e cittadinanza, migrazioni, sanità, ecc.
È stato significativo il confronto all’interno dei cosiddetti «Laboratori di partecipazione», avvenuto sulla base del metodo del discernimento per far emergere, a fronte dei problemi odierni, proposte concrete e condivise.
Non c’è stato un documento finale. Peraltro, c’è stata la preparazione e la consegna di sette schede (presenti sul sito della Settimana sociale). Su queste anche noi, come Diocesi, siamo chiamati a confrontarci, specie con riferimento ai problemi del nostro territorio.
Se uno degli intenti era di promuovere ed accompagnare processi di partecipazione e di corresponsabilità entro la democrazia, fondandoli sugli orientamenti offerti dalla Dottrina sociale della Chiesa, occorre rilevare che l’ispirazione alla DSC è apparsa in parte praticata ma anche non del tutto valorizzata. Ciò può risultare evidente dal fatto che non si è affrontata con decisione la questione della partecipazione politica e partitica dei cattolici nella democrazia contemporanea. A tale partecipazione ha invitato in maniera più esplicita papa Francesco, il quale ha detto che i cittadini vanno educati ad essa, sino ad essere presenti là ove le cause dei mali sociali ed economici possono essere rimosse, ossia nei parlamenti.[2]
Su questo ha probabilmente pesato anche quell’analfabetismo politico di cui ha parlato lo stesso Documento preparatorio della Settimana sociale dei cattolici in Italia a Trieste.[3] Un analfabetismo che non è del tutto scomparso per il solo fatto che si era presenti a Trieste.
Detto in altri termini, se si fosse stati fedeli agli orientamenti offerti dalla DSC non si sarebbe stati disattenti sul fatto che andava affrontato più direttamente il problema del disinteresse di non pochi giovani nei confronti del politico e del partitico a vantaggio, forse, del civile, come anche il problema della dimensione pubblica – non marginale e privata – della fede, aspetto anche questo chiaramente sottolineato da papa Francesco a Trieste.
Rispetto alle varie incertezze apparse tra il popolo dei cattolici in Italia, possono far sperare, in vista di una mobilitazione più convinta nei confronti della partecipazione nella democrazia – partecipazione ai vari livelli, compresa quella economica, sociale politica e partitica –, i più di 100 amministratori locali, formatisi nelle associazioni e nei movimenti cattolici, che si sono autoconvocati a Trieste. Hanno dichiarato di volere crescere come «rete di Trieste», ma né come micropartito né come corrente partitica. Bensì, come insieme di amministratori che reputano decisivo il contributo originale dei cattolici alla realizzazione del bene comune. Ossia, come amministratori che testimoniano un nuovo stile di politica, capace di offrire risposte in grado di migliorare la vita della gente, forgiando una nuova classe politica, muovendo dal basso. In vista di ciò hanno pensato a fine gennaio prossimo un evento nazionale a Roma, preceduto da incontri preparatori a Milano e a Napoli.
In un tempo in cui pochi spendono il loro tempo per suscitare nuove vocazioni alla politica, i cattolici devono far riscoprire la bellezza di un impegno gratuito e qualificato per il bene comune, chiedendo ai migliori talenti del Paese di tornare a spendersi generosamente.
Va vinta, in definitiva, la sfida della partecipazione. Una democrazia in cui vota il 40% e quasi scompaiono i corpi intermedi, e la comunicazione è pesantemente condizionata, è già sostanzialmente una democratura.
Importante è la piattaforma condivisa dai sopracitati amministratori su giustizia sociale e innovazione del welfare territoriale, sostenibilità ambientale, centralità delle famiglie e della scuola, accoglienza ed integrazione.
La loro ambizione successiva è di presentare in 100 capoluoghi di provincia e in 20 Regioni una mozione trasversale agli schieramenti politici che orienti il lavoro delle amministrazioni.
Ricordo qui che una delle Schede consegnateci orienta proprio alla preparazione degli amministratori, alla luce del magistero pontificio.
Assieme a ciò non sarebbe inutile pensare a vari percorsi di alfabetizzazione sulla Dottrina sociale della Chiesa, quale risorsa che va condivisa il più possibile, specie tra i giovani, come ha suggerito papa Francesco nel suo discorso a Trieste.
Il Presidente del Comitato scientifico, sua Ecc. Mons. Luigi Renna, nel tempo del dopo Trieste, incoraggia a proseguire nell’animazione del senso di partecipazione alla vita del Paese, promuovendo percorsi di formazione alla partecipazione alla vita democratica.
Quanto qui accennato sono solo alcuni elementi, peraltro incompleti. Vanno considerati come avvio alla riflessione. In questo periodo, in cui si crede di più alla cultura dominante, all’IA, al fare, come ha recentemente ricordato il professore Stefano Zamagni, già Presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali, occorre «tornare a pensare e non solo a occuparsi di singole opere, pur meritorie». Uno dei «guasti più seri che l’egemonia culturale del mainstream economico ha causato è questo: che non c’è bisogno di pensare, perché l’importante è fare. Ma si può agire correttamente se l’azione non è preceduta dal pensiero»? Ecco un interrogativo che non possiamo dimenticare e su cui dobbiamo continuare a riflettere.
Ringrazio il Direttore (prof. Flavio Venturi) e il Vicedirettore (don Luca Ghirotti) dell’Ufficio per i problemi sociali, come anche voi che siete intervenuti, esponenti delle Associazioni (ACLI, UCID, CISL), segnalando il prossimo incontro di riflessione sul Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, che si terrà presso la Casa del Clero dal 3 al 4 gennaio 2025.
+ Mario Toso
[1] L’intervento inaugurale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Settimana sociale dei Cattolici in Italia a Trieste e le stesse conclusioni di Papa Francesco hanno riproposto con forza e determinazione il tema, antico ma sempre attuale e contemporaneo, dell’impegno e della presenza dei cattolici nella vita pubblica. Che significa certamente la presenza nella politica, ma non solo nella politica e nei suoi strumenti principali, cioè i partiti.
[2] Francesco, Discorso presso il Centro Congressi “Generali Convention Center” (7 luglio 2024).
[3] Cf DOCUMENTO PREPARATORIO DELLA 50ASETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI IN ITALIA. Al cuore della democrazia#PartecipareTraStoriaeFuturo, Trieste (3-7 luglio 2024), p. 24.