[mag 7] Omelia – Donazione dei Ceri

07-05-2022

Faenza, cattedrale 7 maggio 2022.

Cari rappresentanti dei rioni, cari fratelli e sorelle è questo un momento particolare della nostra vita ecclesiale e cittadina. È il momento in cui le due vite si toccano e si presentano unite davanti alla Beata Vergine delle Grazie, patrona della città di Faenza e della Diocesi. Il popolo della città si mescola con il popolo di Dio. Molti del popolo della città sono anche parte del popolo di Dio e viceversa.

È l’occasione per riflettere sul fatto che il popolo di Dio, composto dai credenti, vive nella città, in mezzo agli altri popoli del mondo. I credenti vivono nella storia portandovi il lievito di una vita di amore e di fraternità, che tramite il Signore Gesù viene da Dio Padre. Il popolo dei cristiani non si contrappone al popolo della città. Vi è immerso, per lievitare tutto ciò che di vero, di buono e di bello abita nella comunità civile. Qui in Chiesa, davanti ad una stessa Madre, i due popoli, quello della fede religiosa e quello della fede laica, si sentono uniti come non mai. Li tiene insieme l’amore per la stessa Beata Vergine delle Grazie, che è Madre di tutti. A Lei si rivolgono i credenti, ma anche coloro che non credono o che hanno scordato la propria fede.

Non vi pare che questo momento che viviamo insieme ci faccia sentire meno distanti ed estranei tra di noi? Non ci sembra che l’amore di Maria, che tutti abbraccia e colma di tenerezza, senza distinzioni, sia un amore che ci sollecita a riconoscerci figli e fratelli grazie all’avere una stessa Madre? Credo che il sangue versato dai primi martiri in questo territorio, come anche la fede seminata dai primi cristiani non ci lasci indifferenti. L’amore dei primi martiri e dei cristiani, il ricordo di molti dei nostri genitori e dei nostri nonni, ci raggiungono qui ai piedi della Madre di Dio e della Chiesa. La loro voce eloquente scuote i nostri cuori. Apre le nostre bocche nella lode e nella richiesta di protezione e di aiuto a Maria.

Cari fratelli e sorelle, non dimentichiamo quanto abbiamo bisogno di salvezza e di conforto dall’alto, specie nei momenti di una pandemia che pare senza fine e di una insensata guerra che può farci precipitare, da un momento all’altro, in un baratro di distruzione e di morte. Siamo ripetutamente ricorsi al Signore Gesù e a Maria Santissima, gli unici in grado di cambiare i cuori e di scongiurare la guerra. La Chiesa affidandoci al cuore immacolato di Maria e al suo amato Figlio, principe della pace, ci ha indicato le più grandi «istituzioni» di pace che abbiamo a disposizione. Le propone continuamente a tutti noi,  mediante l’esercizio della sua missione: ossia mediante l’annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo, compiuto tutti insieme. In questo periodo storico, la Chiesa nel mondo e in Italia è impegnata in un cammino sinodale, avente come obiettivo prossimo quello di farci interrogare su come annunciamo Gesù Cristo e su come lo annunceremo nel prossimo futuro. Dalla risposta alle due domande dipende il futuro della Chiesa nel mondo, in Italia e qui in Romagna. Mi è parso davvero bello ed importante che sia nato dai vari rioni un gruppo sinodale. Dalla relazione finale sui lavori del gruppo sinodale sono emerse alcune considerazioni meritevoli di attenzione. Innanzitutto questa: nonostante i rioni siano in grado di sviluppare una straordinaria capacità di comunità, di dedizione, di condivisione, di dono di tempo, di esperienze di relazioni tra le persone, non sempre si constata in essi un’apertura cordiale nei confronti della fede in Gesù Cristo e della sua Chiesa. Questa, peraltro, risulta poco presente nei rioni e, spesso, è considerata una realtà estranea. Durante l’anno e la festa del Palio, Chiesa e rioni sono realtà che si sfiorano appena. Essi non si compenetrano nel senso di una reciproca appartenenza. In vista di un legame più sereno e gioioso è da auspicare, secondo i componenti del gruppo sinodale, la creazione di relazioni più cordiali, togliendo quanto può incrinarle, non escluso forme di linguaggio non rispettose  del credo cristiano. La festa del Pallio dev’essere momento in cui tutti possano sentirsi accolti in casa propria, con fraternità. Un ultimo cenno. Dalla relazione finale del gruppo sinodale emerge che la Chiesa appare poco presente nelle realtà rionali e nei momenti comuni. Credo che ciò risponda in parte al vero. Invito, allora, soprattutto i giovani impegnati nel volontariato e nelle varie associazioni a essere più presenti, riproponendomi anch’io di non mancare qualche volta, compatibilmente agli altri impegni. Non dimentichiamo, però, che ciascuno dei credenti è Chiesa. Coloro che sono presenti nei rioni sono chiamati ad essere sale che dà sapore e luce che illumina. Non dobbiamo essere timorosi. Ci confortano le parole che Gesù ha detto ai suoi: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano (cf Gv 10, 27-30). La consegna dei ceri alla Beata Vergine delle Grazie non sia un semplice gesto folcloristico, bensì l’affidare a Lei tutta la nostra vita e la buona riuscita del Pallio.

                                          + Mario Toso