Cari fratelli e sorelle,
la celebrazione dell’Ascensione del Signore ci invita ad esultare. Esultiamo, prolungando la gioia della santa Pasqua, per la vittoria del Signore sul peccato e sulla morte, perché nella solennità di questo giorno ci viene donata una prospettiva nuova per capire la nostra vita.
«Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?», si chiede S. Paolo, scrivendo agli Efesini. E poi prosegue: «Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose» (Ef 4,9).
Nell’Ascensione contempliamo questi movimenti: il Signore discese per ascendere; si è abbassato per innalzarsi; si è incarnato ed è morto per risorgere. Gesù Cristo «non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo» (Fil 2, 6-7).
Si abbassa per assumere e rivivere in sé tutte le cose. Egli si fa uomo, si carica dell’umanità per trasfigurarla, per portarla alla pienezza dell’uomo perfetto che è in Lui (cf Ef 4, 13). La discesa del Figlio di Dio nell’umanità e la sua ascesa al Padre indicano una via di trasfigurazione delle nostre persone in Cristo risorto, uomo nuovo.
Ecco la prospettiva della nostra vita, la speranza che ci fa esultare: la nostra carne, il nostro corpo, la parte più piccola di noi, se rimane unita a Cristo risorto, non verrà perduta, ma sarà eternamente per Dio e in Dio. Siamo chiamati a vivere in Dio, trasfigurando la nostra vita in Cristo risorto.
Se formiamo un solo Corpo nel Signore Gesù, con Lui siamo già nel cuore di Dio, nell’intimità dell’amore del Padre e del suo Spirito. Già adesso ci viene donata una condizione nuova e con essa l’orientamento che ci fa crescere come persone per Dio, per gli altri.
Care comunità di Marzeno, Rivalta e Sarna: o siamo per Dio, o siamo per noi stessi. Solo un autentico amore per Gesù Cristo ci apre alla fraternità, alla condivisione, alla corresponsabilità. Se camminiamo avendo come orizzonte noi stessi, non solo ci perderemo, ma non saremo in grado di superare gli ostacoli che ci impediscono di formare un «noi di persone», il popolo di Dio.
Abbiamo davanti un ampio orizzonte, una prospettiva esigente. Siamo chiamati a crescere secondo la misura della pienezza umana di Cristo. Ma questo non ci deve spaventare, perché come ci dice il Vangelo di Marco «il Signore agiva insieme con loro» (Mc 16, 20). Lui è il vivente, è il Dio-con-noi, l’Emmanuele: non ci abbandona, continua a zappare con noi la sua vigna che è la Chiesa. È sparito dai nostri occhi perché lo potessimo trovare nel cuore e nella testimonianza viva dei nostri fratelli.
Carissimi fratelli e sorelle, continuiamo a camminare insieme, a rinforzate i percorsi di condivisione fra le vostre comunità e con la Diocesi: siamo un unico Corpo, il Corpo di Cristo. Questa è la via per poter meglio affrontare le diverse sfide che si pongono davanti a noi: da tre comunità ad un’Unità pastorale che sa vivere in comunione, che attua un discernimento comunitario e progetta insieme il futuro secondo uno stile sinodale. Siete chiamati ad un cammino di trasfigurazione delle vostre comunità. Occorre vivere tutti corresponsabili e missionari del Vangelo di Gesù Cristo. Solo così sarà possibile attuare una pastorale d’insieme, con particolare attenzione alla pastorale vocazionale, alla valorizzazione dei molteplici carismi laicali, in vista dell’animazione cristiana delle realtà terrene. Quando Cristo sarà posto effettivamente al centro della nostra attenzione e del nostro amore diventerà più agevole convergere nelle varie scelte pastorali, comprese quelle riguardanti le strutture, l’utilizzo degli ambienti e la loro riqualificazione.
Proprio l’amore di Gesù Cristo, mostrato nella sua pienezza sulla croce, reso a noi accessibile dallo Spirito del Signore Gesù e dall’Eucaristia che celebriamo, può rendere la nostra Unità Pastorale un’unità di persone e di famiglie strutturata da relazioni trinitarie, comunitarie.
Se davvero le nostre comunità desiderano diventare più unite nell’amore di uno stesso Gesù, pane vivo disceso dal cielo; se davvero desiderano essere luminose agli occhi della gente, non dimentichiamo che solo l’amore di Cristo può costituirle in un cuor solo e in un’anima sola. È il suo amore che trasfigura le diverse comunità, poste in questo territorio, in vari «noi» di persone comunicanti tra loro con atti d’amore reciproci.
+ Mario Toso