Faenza, parrocchia di santa Maria Maddalena, 18 luglio 2021.
Maria Maddalena, è la prima ad incontrare Gesù risorto il mattino di Pasqua. Ella, poi, corre dagli altri discepoli e, col cuore in gola, annuncia loro: «Ho visto il Signore!» (Gv 20,18). Anche noi, che abbiamo come patrona della nostra parrocchia Maria Maddalena, l’Apostola degli apostoli, la prima testimone del Risorto, diamo spazio al grido di vittoria: «È risorto! È veramente risorto!». Vana sarebbe la nostra fede se non fosse risorto. Tutti insieme, allora, come comunità, composta da piccoli e grandi, non esitiamo a comunicare che abbiamo visto ed incontrato il Risorto e lo amiamo perdutamente. Per noi è il Tutto della nostra vita. Offre senso e speranza. Come ha ripetuto più volte papa Benedetto XVI, vedere ed incontrare il Risorto significa che per noi Gesù risorto non è una pura idea, un semplice concetto da trasmettere. Egli è una Persona vera che, con i sacramenti e il Vangelo, ci cambia, trasformandoci in innamorati di Lui. L’incontro con Gesù Risorto ci rende persone nuove, luminose. Gli altri, dal nostro modo di vivere coerentemente, saldi nella fede e nel bene, dovrebbero capire che apparteniamo a Chi ci dona pienezza di vita, forza di combattere il male e l’ingiustizia. Non rinunciamo ad essere una comunità di testimoni del Risorto, nella società di oggi, chiamata a rinascere, a risorgere. Quanto c’è bisogno di nuovi orizzonti, di una fraternità non solo detta ma vissuta.
Ogni cristiano, ma in particolare ogni membro di questa comunità, riviva autenticamente l’esperienza di Maria di Magdala. Si tratta di incontrare ogni giorno una Persona unica, il Figlio unigenito, che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male, non in modo superficiale, momentaneo, ma ci guarisce e ci restituisce la nostra dignità. Sulle orme di Maria Maddalena chiamiamo Gesù «nostra speranza»: perché è Lui che ci fa rinascere, ci dona una vita nuova, un’esistenza buona, più capace di Dio. «Cristo è nostra speranza» perché ogni nostro desiderio di bene e di pace trova in Lui una reale possibilità d’essere. Vivendo in Lui posso sperare che la mia vita sia buona e sia piena, eterna, perché Dio si è fatto vicino, sino ad essere in me, nella mia umanità, strutturandola come un essere per il dono, arricchendola di immortalità.
Nella nostra vita, come Maria di Magdala, come gli altri discepoli, vedremo Gesù rifiutato, catturato, flagellato, condannato a morte e crocifisso nei nostri fratelli e delle nostre sorelle. La speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Ci sarà insopportabile vedere la Bontà in persona sottoposta alla cattiveria umana, la Verità derisa dalla menzogna, la Misericordia ingiuriata dalla vendetta. Se con la morte di Gesù e dei tanti nostri fratelli perseguitati sembrerà fallire la speranza di quanti confidano in Lui, non dobbiamo dimenticare la vita nuova che Egli ci ha donato, la nostra fede. È l’esperienza del suo amore ricevuto che ci tiene ritti in piedi, pronti a contrastare i tanti mali che impoveriscono l’umanità, le nostre società e le nostre famiglie. È l’esperienza del suo amore, che ci redime e ci rinnova, che ci deve trovare decisamente contrari a fa entrare nelle nostre vite e nelle nostre case ciò che molti chiamano civiltà, ma in realtà non lo è. La nostra fede non deve mai venire meno, come non è venuta meno soprattutto nel cuore della Vergine Maria, la madre di Gesù e nel cuore di Maria Maddalena. Ricordiamo l’alba del giorno dopo il sabato: fu un’esplosione di luce, che invase il mondo e lo ha trascinato con sé, in un vortice ascensionale di trasfigurazione. Sono iniziati nuovi celi e una terra nuova. La nuova creazione, posta in essere dall’incarnazione di Gesù deve essere completata, grazie anche al nostro apporto instancabile.
Come detto all’inizio, Gesù si mostra alla Maddalena, alle altre donne, ai discepoli. In loro, la fede rinasce più viva e più forte che mai, ormai invincibile, perché fondata su un’esperienza decisiva: «Morte e vita si sono affrontate / in un prodigioso duello. / Il Signore della vita era morto, / ma ora, vivo, trionfa». I segni della risurrezione attestano la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della misericordia sulla vendetta. Non dimentichiamolo: noi, co-morti e co-risorti con Cristo, con la nostra vita nuova e luminosa, trasfigurata dall’Amore donato dall’alto della croce, siamo nelle nostre famiglie, nel lavoro, nella società, i segni della risurrezione, segni di speranza. La fedeltà a Cristo, che vive la sua passione d’amore e si dona totalmente al Padre e all’umanità, ci garantirà di essere sempre parte di Lui, in maniera indissolubile.
+ Mario Toso