[giu 27] Omelia – Solennità Ss. Pietro e Paolo

27-06-2021

Faenza, cattedrale 27 giugno 2021.

Cari fratelli e sorelle, festeggiamo oggi due grandi testimoni della fede in Gesù Cristo: Pietro (titolare della nostra cattedrale) e Paolo. Guardando a loro, unitinella diversità dei caratteri e dei punti di vista, vediamo la Chiesa una. È così che vissero la missione della Chiesa, verso tutto il mondo. Non a caso, in piazza san Pietro, sono rappresentati insieme, uno con le chiavi in mano e l’altro con la spada. Quando Pietro e Paolo vennero a Roma, il Signore che era stato crocifisso, era risuscitato. Pietro e Paolo convergendo verso Roma, che era considerata la capitale del mondo, intendevano annunciare la vittoria di Cristo sulla morte e sul peccato a tutti i popoli. Intendevano fare dei popoli della terra una unità, rendendoli coscienti di formare un unico popolo universale, cattolico per l’appunto.

Il vero fondatore della teologia cattolica, sant’Ireneo di Lione, ha espresso il legame tra cattolicità e unità in modo molto bello: «Questa dottrina e questa fede, la Chiesa disseminata in tutto il mondo, custodisce diligentemente formando quasi un’unica famiglia: la stessa fede, con una sola anima e un solo cuore, la stessa predicazione, lo stesso insegnamento, la stessa tradizione, come avesse una sola bocca. Diverse sono le lingue secondo le regioni, ma unica e medesima è la forza della tradizione. Le Chiese di Germania non hanno una fede o tradizione diversa, come neppure quelle di Spagna, di Gallia, di Egitto, di Libia, dell’Oriente, del centro della terra; come il sole, creatura di Dio, è uno solo e identico in tutto il mondo, così la luce della vera predicazione splende dovunque e illumina tutti gli uomini che vogliono venire alla cognizione della verità» (Adv. haer. I 10,2). L’unità degli uomini nella loro molteplicità, commenta papa Benedetto XVI, è diventata possibile perché Dio, questo unico Dio del cielo e della terra, si è mostrato a noi; perché la verità essenziale sulla nostra vita, sul nostro «di dove?» e «verso dove?», è diventata visibile quando Egli si è mostrato a noi, e in Gesù Cristo ci ha fatto vedere il suo volto, se stesso. Questa verità sull’essenza del nostro essere, sul nostro vivere e sul nostro morire, verità che da Dio si è resa visibile, ci unisce e ci fa diventare fratelliCattolicità e unità vanno insieme. L’unità ha un contenuto: la fedeche gli Apostoli ci hanno trasmesso da parte di Cristo. La fede, dunque, è importante per essere e vivere uniti, cattolici, ossia credenti a respiro universale.

Cari fratelli e sorelle, non dimentichiamo che, come ci insegnano Pietro e Paolo, la Chiesa è chiamata a compiere  una missione tra i popoli, come in questi nostri territori: quella di portarli all’unità della fede in Cristo, nella fraternità. Non dobbiamo perdere di vista questo obiettivo, che San Pietro ha coltivato sin dai primi tempi del cristianesimo, inviando in questa terra di Romagna sant’Apollinare. La fede, contrariamente a quanto pensano in non pochi – essi ritengono che la fede cristiana sia un qualcosa di divisivo, che impoverisce le culture -, aiuta a portare a compimento questo grande obiettivo, a rendere più reale e concreto il disegno di un’unica famiglia, avente un cuor solo e un’anima sola. Forse, non siamo così credenti, come dovremmo essere. Culliamo il sogno di una pace universale e facciamo le marce, ma nello stesso tempo non comunichiamo un pensiero che è cattolico, cioè universale. Eppure oggi, forse più che mai, in un cambiamento d’epoca, che avviene in un contesto di globalizzazione, privo però di un’anima comune, c’è bisogno di un pensiero cattolico nel senso di universale, che è per tutti, accessibile a tutti. C’è l’estremo bisogno di un pensiero capace di unire, nonché di un cuore solo, specie in questo momento di rinascita. Se davvero sentiamo in noi l’impulso della nostra fede cristiana, che ci sollecita a lavorare come missionari di Colui che unisce in un’unica famiglia, non rinunciamo a pensare e ad amare in Cristo, con Cristo.

In questa solennità di Pietro e Paolo poniamoci, pertanto, la domanda: come credenti e viventi in Cristo cosa pensiamo? Il nostro pensiero è sfuocato, omologato a quello dominante? Come amiamo? Coltiviamo un pensiero cristiano,  derivante dal Vangelo di Cristo, forgiato mentre siamo in comunione con Lui e viviamo nella storia? Ci interessano di più visioni di vita che assolutizzano l’io, che cozzano con quelle evangeliche? Siamo in grado di prendere posizione rispetto alle molteplici questioni sensibili di oggi, relative alla libertà religiosa, alla libertà di pensiero e di insegnamento, all’eutanasia, ma anche relative al lavoro, alla famiglia e alla vita, coltivando la conformità all’ispirazione cristiana? Per tenere vivo l’insegnamento di Pietro e di Paolo, per coltivare con maggiore coerenza il progetto di un’unica famiglia dei popoli, non sentiamo l’urgenza di una nuova freschezza di pensiero, di un’inedita scioltezza nelle relazioni tra le diverse componenti della comunità cristiana, di una coralità più semplice e cordiale? Cari credenti, abbiamo fiducia nel pensiero e nell’amore di Cristo! Come Pietro ripetiamo sovente: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Abbiamo fiducia in quel pensiero che ci è stato comunicato da Lui e trasmesso dai suoi apostoli! Chiediamo a loro la forza di essere di Cristo, della sua Chiesa, come lo furono loro. Viviamo quell’unione a cui hanno aspirato nei confronti di Cristo, sino a dire, come san Paolo: «per me vivere è Cristo». Che possiamo un giorno anche dire: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (cf 2Tm 4, 6-8). Auguri a tutti coloro che portano il nome di Pietro e di Paolo. Auguri a don Paolo Bagnoli, vostro parroco.

                                                   + Mario Toso