Brisighella, sabato 22 gennaio 2022.
Cari presbiteri e diaconi, cari fratelli e sorelle, in questa celebrazione con la quale accompagniamo Mons. Elvio Chiari all’incontro col Signore abbiamo modo di leggere la nostra vocazione alla luce del libro dell’Apocalisse di san Giovanni Apostolo. La vita di ogni presbitero, ma anche di ogni cristiano, è posta al servizio della nuova creazione che è venuto ad iniziare Cristo con la sua incarnazione. In particolare, è a servizio di quella tenda che Dio pone tra gli uomini per abitare con loro e costituire una umanità nuova, il popolo di Dio. Egli intende far nuove tutte le cose (cf Ap 21, 1-5a.6b-7). Dio è l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. Ogni presbitero e cristiano sono missionari di questo grande annuncio. Sono portatori di prospettive che abbracciano tutti i tempi, che sfociano in un mondo trascendente. Camminano su questa terra, guidati dalla visione di un cielo nuovo e una terra nuova, mentre il cielo e la terra di prima vanno scomparendo. Lavorano alacremente alla Gerusalemme nuova, ove ogni lacrima è asciugata e non c’è più la morte. La vita di ogni presbitero è inserita in questi orizzonti ampi, universali. Si svolge sì nel lavoro quotidiano, contrassegnato talvolta da ritmi monotoni, ma animato dalla passione per la casa di Dio. Poiché la vera casa di Dio è Cristo Gesù, il sacerdote ama il Verbo fatto carne come misura piena dell’umanità divinizzata. In Gesù Cristo, ama i fedeli, piccoli e grandi, perché siano radicati e costruiti su di Lui, saldi nella fede.
L’amore per Gesù Cristo e per la sua Chiesa era in don Elvio vivo, sempre acceso. Non solo quando fu incaricato della Caritas diocesana o concorse a sostenere la Caritas dell’Unità pastorale Madonna del Monticino. L’amore di Cristo infondeva in lui energie di dono incessante. Si manifestava attraverso uno stile di vita intenso, che non aveva pause e non lasciava nulla al caso. Era infaticabile nei suoi molteplici impegni, sia di parroco sia di economo della Diocesi. Nonostante, in questi ultimi anni, la sua salute fosse divenuta più precaria, svolgeva una considerevole mole di attività, si inerpicava a fatica sulle vie in salita per portare la comunione e la benedizione del Signore. Mons. Elvio non è nato come economo, lo sappiamo tutti. E, tuttavia, col tempo e sulla base di doti naturali, aveva acquisito una vasta esperienza. Ha dato molto di sé non solo nel riparare muri, nel sanare ambienti, nell’amministrare un patrimonio che, per varie ragioni, andava assottigliandosi. La sua cura non è stata rivolta solo alle costruzioni fatte di pietre. Si è dispiegata soprattutto nell’edificazione delle comunità fatte di persone-pietre vive. Mons. Elvio ha lavorato nelle parrocchie in cui è vissuto e di cui è stato responsabile, ma anche nelle associazioni e nelle aggregazioni laicali che ha accompagnato, promovendo lo sposalizio dell’umanità con il Signore Gesù, alluso nelle nozze di Cana (cf Gv 2, 1-11). Ha sollecitato la comunione con Cristo, Colui che con la sua presenza in mezzo a noi ha mostrato di divinizzare le persone, di cambiare l’acqua della nostra umanità in vino, ossia nella natura divina. Don Elvio credeva profondamente in quel mirabile scambio che, grazie all’incarnazione, arricchisce la nostra umanità con la vita di Dio. Il cielo diventa terra, la terra diventa cielo. Sacerdote sensibile, preparato, ha accompagnato generazioni di laici e di laiche nella crescita della fede, incoraggiando a partecipare a campi estivi, a corsi di formazione, organizzando lui stesso momenti di approfondimento, invitando ad aprirsi alla dimensione diocesana e universale della Chiesa. Facendo comprendere ai suoi che il nostro vero destino è scritto in Gesù, per far vivere la statura spirituale e morale di Cristo nei credenti non esitava a coltivare la dimensione culturale della loro fede. La fede senza la ragione, che l’accoglie e la approfondisce, rimane poca cosa nel contesto di una vita sempre più secolarizzata. La chiesa come comunione, partecipazione e missione, ossia la chiesa come vorremmo meglio vivere nel cammino sinodale, ha sempre entusiasmato don Elvio.
Ebbene, come presbitero zelante, ha vissuto nei vari territori in cui si è trovato, il servizio di facilitare l’incontro di ogni uomo col Signore Gesù. Poiché ogni persona è strutturata secondo il Figlio per eccellenza, ha dato il meglio di sé perché si realizzasse l’alleanza di ogni persona con Gesù Cristo.
Con riferimento al suo compito di economo diocesano, dobbiamo riconoscere che egli, nonostante le difficoltà di alcune collaborazioni difficili e complesse, ci ha testimoniato la dimensione trascendente dell’economia e dell’amministrazione dei beni. Nella comunità ecclesiale la gestione dei beni e del denaro va finalizzata alla dimensione pastorale, alla costruzione del Regno di Dio. Siamo grati a mons. Elvio, perché in un compito non sempre facile, alla fine, nei confronti dei suoi confratelli presbiteri e delle comunità, potendolo, mostrava comprensione e anche tenerezza. Sapeva rispettare chi era costituito in autorità e non gli faceva mancare attenzione e cura, come anche era amorevole nei confronti della mamma, che lo seguì nel suo trasferimento da Marzeno a Brisighella.
Presentandoti davanti al Signore, caro don Elvio, ti accolgano gli angeli e i santi, in particolare la Beata Vergine qui venerata come Madonna del Monticino, ed anche la tua diletta mamma con il suo abbraccio materno. Ricordaci al Signore. Prega per questa comunità che tanto hai amato e che ti ha stimato.
+ Mario Toso