[gen 04] Intervento – Commento al Messaggio della Giornata mondiale della Pace 2022

04-01-2022

DIALOGO FRA LE GENERAZIONI, EDUCAZIONE E LAVORO: STRUMENTI PER EDIFICARE UNA PACE DURATURA

Premessa

Il cammino della pace appare oggi ancora lontano dal compiersi. Infatti, si amplifica l’assordante rumore di guerre e di conflitti, avanzano malattie pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete, continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale, il grido dei poveri non cessa di levarsi per migliorare giustizia e pace.

A fronte di questa situazione, papa Francesco auspica un impegno condiviso da tutti. Tutti possono collaborare ad edificare un mondo più pacifico, sul piano personale, delle famiglie, delle società e dei popoli. In particolare, propone per la costruzione della pace tre vie. Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. In terzo luogo, il lavoro, per una piena realizzazione della dignità umana.

Prendiamo qui in considerazione le tre vie, secondo l’ordine dato nel MGMP 2022.[1]

  1. La prima via: il dialogo tra generazioni

In un mondo stretto dalla morsa di molteplici problemi, alcuni fuggono dalla realtà rifugiandosi nell’indifferenza egoista, ripiegandosi su di sé, altri reagiscono con una protesta violenta. Da questa situazione se ne può uscire solamente, come hanno indicato le numerose testimonianze di compassione e di solidarietà in tempo di pandemia, imboccando la strada della collaborazione, della condivisione, del dialogo.

Quest’ultimo esige sempre una fiducia di basetra gli interlocutori. Presuppone l’ascolto reciproco, il confronto, l’accordoe il camminare insieme. La crisi globale contemporanea ci indica, in particolare, quali forze motrici della costruzione della pace l’incontroe il dialogo tra le generazioni. Perché dobbiamo concentrarci sul dialogo intergenerazionale? Secondo papa Francesco, le grandi sfide sociali e i processi di pacificazione non possono fare a meno del dialogo tra gli anziani, i custodi della memoria, e i giovani, ossia coloro che portano avanti la storia. Si dà, però, il fatto che attualmente il dialogo intergenerazionale appare compromesso dalla notevole distanza tra i modelli culturali che appartengono al mondo degli anziani, degli adulti, e i modelli culturali che ispirano le generazioni dei giovani, oggi definiti Millennials.

Tra le generazioni sussiste, dunque, un problema non piccolo di comunicazione, a motivo della differenza del pensiero, del modo di approcciarsi alla realtà e del quadro dei valori di riferimento. I linguaggi, come anche il significato delle parole (ad es.: persona, libertà, autonomia, lavoro, autorità, bene comune, famiglia, ecologia, padre, madre, diritti, virtù, ragione, ecc.), non sono sempre gli stessi, suscitando spesso incomprensioni e conflitti. Di qui la difficoltà di intendersi e di convergere su progetti di vita condivisi. Su quali presupposti culturali far leva, dunque, per trovare la possibilità di un dialogo intergenerazionale, una grammatica comune?

Occorre – suggerisce papa Francesco – superare la cultura dell’individualismo che, con la egolatria, ha portato alla rottura della solidarietà intergenerazionale e al consolidarsi di comportamenti di chiusura e di isolamento. Parimenti, occorre approcciare criticamente la penetrazione massiccia della cultura delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic) non solo tra i giovani, ma pure in tutta la società. In sostanza, si dovrà investire, da una parte, sull’enucleazione di un quadro antropologico e culturale in grado di supportare l’educazione alla solidarietà, restituendo alla fraternità la sua collocazione centrale e adottando prospettive umaniste e personaliste, incentrate sulla relazionalità, sul «noi», sulla trascendenza, sia orizzontale sia verticale. Dall’altra parte, sarà importante offrire un’istruzione che, senza negare le grandi potenzialità delle nuove tecnologie, aiuti e prepari anziani, adulti e giovani, al loro uso critico e a dominare la complessità che esse creano nel nostro mondo per umanizzarla.

Gli stimoli veloci, continui e diversificati, che producono le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e l’attrazione che esercitano sull’attenzione soprattutto dei giovani, impediscono alle persone di dedicare tempo sufficiente alla riflessione e a coltivare un pensiero pensante. Contribuiscono ad enfatizzare una razionalità tecnocratica ed efficientista, sottodimensionante la razionalità sapienziale, che consente di cogliere il significato profondo della vita, l’ultimo piano oggettuale della realtà. In tal maniera, cresce la difficoltà di elaborare un’immagine unitaria di sé, di comprendere la stessa identità dell’essere umano, la libertà, il bene comune, ma anche di comporre quella sintesi culturale che è indispensabile a costruire una progettualità sociale da condividere. Solo una sintesi culturale, compattata attorno all’asse di un’antropologia e di un’etica universali, non subalterni ad una ragione strumentale, non riduttivi dell’integralità della persona e dei suoi diritti e doveri, renderanno possibile una grammatica comune, imprescindibile per il dialogo, non solo tra le generazioni, ma anche tra le persone, le varie famiglie spirituali, i cittadini delle molteplici società.

Il dialogo tra generazioni non sarà, però, solo facilitato da una base culturale comune, ma anche dal superamento da quei disagi psicologici che si sono accresciuti con la recente pandemia. Infatti, in pandemia è cresciuto il disagio psicologico delle persone, come depressione, senso di solitudine, ansia, stress, isolamento e paura: fattori tutti che disturbano la personalità e la rendono instabile, meno disponibile alla fiducia nell’altro e più propensa ad erigere muri di difesa durante il dialogo. Si tratta di un problema diffuso che colpisce in maniera trasversale non solo le generazioni degli anziani e dei giovani, ma anche uomini e donne, gli stessi bambini, seppure in misura diversa. In sostanza, si ha oggi a che fare con una «psicopandemia». Come esiste il problema sanitario, così esiste un problema psicologico dovuto al Covid-19, che ha accentuato il disagio psicologico che già esisteva nella popolazione italiana, prima dell’avvento della pandemia attuale, specie a motivo di problemi lavorativi ed economici. Le categorie maggiormente colpite risultano essere i giovani e, in particolare, le donne, a motivo del loro molteplice impegno nella società, come lavoratrici e, simultaneamente, come madri di famiglia. E, comunque, come si è già accennato, il disagio psicologico e la frammentazione del proprio io ha investito l’intera popolazione.

È ovvio che ne risentano le relazioni sociali e la stessa tenuta del dialogo pubblico e tra le generazioni. Nei confronti di un disagio accentuato nella popolazione si richiedono risposte forti, non solo nelle scuole, ma anche negli stessi ambienti famigliari e lavorativi. Inoltre, la pandemia rende sfuocata la visione del futuro. Accentua il disorientamento e, quindi, rende precario presso tutti quell’orizzonte che dovrebbe essere comune, ossia capace di far convergere i vari soggetti sociali in unità, in un’unione morale e spirituale, quale fondamento dell’edificio della pace.

A fronte della situazione di precarietà e di incertezza, creata dalle sabbie mobili del relativismo assoluto e dell’indifferenza nei confronti dell’altro, come in particolare risulta dalla sua ultima enciclica Fratelli tutti e dal lancio di un Patto globale per l’educazione,[2] per papa Francesco occorre una reazione corale su più versanti:

  1. quello dell’incremento dell’ascoltoreciproco, ascolto pacato, ragionato: solo accogliendo quello che ci dice l’altro – cosa che richiede di superare la frenesia, la fretta – possiamo cercare insieme la verità nel dialogo, ed impostare una saggia comunicazione umana;[3]
  2. quello dell’analisi critica della comunicazione digitale, come anche di una valutazione obiettiva e coraggiosa dei movimenti digitali di odio e di distruzione che si annidano nel mondo della comunicazione odierna. È noto che simili realtà non sono tanto forme di mutuo aiuto, bensì mere associazioni contro un nemico. In questo caso è evidente che i media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche e la comunicazione stessa;[4]
  3. quello dell’integrazione tra linguaggio virtuale e digitale con l’esperienza della realtà concreta, assegnando a quest’ultima il primato.

«I rapporti digitali, che dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia, una reciprocità stabile e anche un consenso che matura con il tempo, hanno un’apparenza di socievolezza. Non costruiscono veramente – scrive papa Francesco – un “noi”, ma solitamente dissimulano e amplificano lo stesso individualismo che si esprime nella xenofobia e nel disprezzo dei deboli. La connessione digitale non basta per gettare ponti, non è in grado di unire l’umanità».[5] C’è bisogno, allora, dell’incontro tra persone reali, della loro comunione di intenti, della comunicazione delle loro anime. Proprio richiamando l’importanza dell’esperienza reale tra persone storiche, papa Francesco sottolinea che «c’è bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana».[6] La vera comunicazione presuppone l’incontro con la realtà concreta, unica ed irrepetibile, delle singole persone, dei vari «noi di persone». La tecnologia fa progressi continui ma è importante che alla crescita delle innovazioni tecnologiche corrispondano la tenuta morale della società, il rafforzamento dei valori spirituali, il senso di responsabilità ma, specialmente, i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità, a un «noi più grande».

Nel contesto di quanto si sta dicendo è decisiva la consapevolezza di una fraternità universale, quale è stata spiegata e proposta da papa Francesco nella stessa FT.[7]Solo sulla sua radice sarà possibile costituirsi in un «noi» che abita una casa comune e, inoltre, sarà possibile alimentare la speranza di un progetto per tutti. In particolare, oggi, come afferma papa Francesco nel suo MGMP 2022, attende tutti il progetto della cura della nostra casa comune, secondo la prospettiva di un’ecologia integrale. Per fondare maggiormente sia il dialogo intergenerazionale sia il dialogo pubblico nelle radici ontologiche ed etiche dell’essere umano – andando al di là del «decostruzionismo» della coscienza storica, secondo cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero, come anche andando al di là delle nuove forme di colonizzazione culturale – diventa sempre più urgente una nuova evangelizzazione del sociale.[8] Mediante una tale evangelizzazione, con i suoi contenuti di fede, ma anche di una ragione ispirata cristianamente, si rendono disponibili le dimensioni di un’esistenza ancorate alla dignità dei figli di Dio, all’identità cristiana, che non annulla la dignità umana, ma la corrobora e la rende più salda. Tali dimensioni evidenziano ed indicano il perno attorno a cui far ruotare il dialogo umano, ossia la capacità della ricerca della verità, del bene e di Dio, capacità intrinseca alla dignità della persona, sia in quanto figlia di Dio sia in quanto essere umano.

  1. Istruzione ed educazione motori di pace

In vista della costruzione della pace, papa Francesco nel suo MGMP 2022 fa appello agli «investimenti» rappresentati dall’istruzione e dall’educazione. Queste due attività, che si integrano, ma che non si identificano – la prima fornisce anzitutto conoscenze, la seconda abilita le persone ad acquisire quelle capacità morali e quelle virtù che consentono di pervenire al proprio compimento umano in Dio -, costituiscono i vettori primari di uno sviluppo umano integrale. Essi rendono la persona più libera e responsabile nei confronti del bene umano e del bene comune. Data la rilevanza dell’istruzione e dell’educazione, esse sono da considerarsi le fondamenta di una società coesa, civile, in grado di generare speranza, ricchezza, progresso, sviluppo e pace.

Proprio per questo, coloro che hanno responsabilità di governo sono chiamati a considerare il bilancio per l’istruzione e per l’educazione non una voce di spesa o un debito zavorrante il bilancio dello Stato. Si tratta, invece, di un vero e proprio investimento – anche nel caso lo si faccia indebitandosi, ovviamente con un rischio calcolato –, di una fonte di sviluppo e di pace. Di qui la necessità di elaborare politiche economiche che prevedano un’inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell’educazione e i fondi destinati agli armamenti. Un reale processo di disarmo internazionale non può che arrecare benefici allo sviluppo dei popoli e delle nazioni, liberando risorse finanziarie da impiegare in maniera più appropriata per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio. L’investimento sull’educazione va accompagnato da un consistente impegno per promuovere la cultura della cura.[9] Questa è una naturale efflorescenza della prima. È da considerarsi un alfabeto comune, utile a tutti per abbattere le barriere e costruire i ponti del dialogo e della collaborazione. La cultura della cura, di cui si è fatto promotore papa Francesco per l’attuazione di un’ecologia integrale, è sostanziata da un nuovo paradigma antropologico ed etico, ossia da una visione globale della persona umana, non ridotta a homo faber, oeconomicus, loquens, videns, e simili. Tale visione è indispensabile piattaforma di quel Patto educativo globale di cui si è voluto fare promotore papa Francesco per l’attuazione di un’ecologia integrale.[10] Il pontefice, infatti, denuncia la crisi dell’educazione a motivo di più fattori, tra i quali sono da annoverare il cambiamento epocale, la sfida dell’intelligenza artificiale, la perdita di un pensiero pensante (non strumentale), il predominio di una cultura digitale, comandata da quegli algoritmi che influiscono, spesso a nostra insaputa, sulle nostre scelte, sulle nostre informazioni, sulle nostre letture, sul nostro immaginario e sulla nostra formazione spirituale. Per papa Francesco, la decostruzione del patto educativo contemporaneo è dovuta principalmente ad una cultura forgiata da una ragione artificiale, strumentale, che inclina a dare il primato alla tecnica e che emargina la ragione integrale. È data, quindi, dall’emergente transumanesimo e da quel neopositivismo che depotenziano l’ethossociale ed impoveriscono il pensiero e la costellazione dei valori.

Per risalire da questa china di degrado culturale, il pontefice propone un nuovo patto educativo, atto ad offrire un’educazione solida, nonché i mezzi conoscitivi e pedagogici per rendere disponibile quella cultura del dialogo che egli considera condizione imprescindibile per la costruzione della pace, in un mondo sempre più complesso, privo di un linguaggio comune. In vista della ricostruzione di un patto educativo globale, papa Francesco, facendo leva sul patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa, chiarisce bene le premesse antropologiche del nuovo Patto educativo:

  1. superamento dell’ideologia tecnocratica, per affermare la centralità della persona, di un pensiero pensante, sapienziale, generativo di un umanesimo trascendente, fondato sull’interdisciplinarità dei saperi;
  2. l’enucleazione di una sana antropologia, di un umanesimo che è più vero perché aperto all’Assoluto;
  3. la formazione di persone disponibili a mettersi al servizio della comunità con una cultura del servizio imperniata sulla fraternità, come principio architettonico della società.[11]

Mai come ora, c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare la frammentarietà del pensiero, contrapposizioni e conflitti; per ricostruire il tessuto delle relazioni, per un’umanità più fraterna.

  1. Il lavoro

In altri contesti storici, ma non meno problematici di quelli odierni, segnati dalla pandemia, papa Francesco descrisse il lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale come antidoto alla povertà e titolo di partecipazione (cf Evangelii gaudiumn. 192). Nel MGMP 2022 lo indica come fattore indispensabile per costruire e preservare la pace. Espressione di sé e dei propri doni, è impegno, fatica, collaborazione con altri. È il luogo ove si impara a dare il proprio contributo per un mondo più vivibile e bello. Tuttavia, questa prospettiva marcatamente sociale del lavoro è oggi posta in crisi dalla pandemia da Covid-19. Con la pandemia, infatti, milioni di attività economiche e produttive sono fallite. I lavoratori precari sono divenuti sempre più vulnerabili. La finanza, non ancora regolata dalla politica, erode l’economia reale e il lavoro a vantaggio del profitto per il profitto. L’istruzione a distanza ha in molti casi generato una regressione nell’apprendimento e nei percorsi scolastici, quando la domanda delle imprese redivive o nuove richiede competenze professionali più aggiornate e corrispondenti ai nuovi bisogni. I lavoratori migranti, spesso ignorati dalle leggi nazionali, vivono in condizioni molto precarie per sé e per le proprie famiglie. Essi appaiono esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga. In questo periodo le morti sul lavoro sono aumentate, data la violazione delle norme di sicurezza e la mancanza di controlli. «A ciò si aggiunga – sottolinea il pontefice – che attualmente solo un terzo della popolazione mondiale in età lavorativa gode di un sistema di protezione sociale, o può usufruirne solo in forme limitate. In molti Paesi crescono la violenza e la criminalità organizzata, soffocando la libertà e la dignità delle persone, avvelenando l’economia e impedendo che si sviluppi il bene comune. La risposta a questa situazione non può che passare attraverso un ampliamento delle opportunità di lavoro dignitoso».[12]

Poiché il lavoro è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità, occorre unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e intentare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società. È più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato. «[…] Èimportante dare dignità all’uomo con il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo, perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro».[13]Peraltro, occorre assicurare e sostenere «le iniziative che, a tutti i livelli, sollecitano le imprese al rispetto dei diritti umani fondamentali di lavoratrici e lavoratori, sensibilizzando in tal senso non solo le istituzioni, ma anche i consumatori, la società civile e le realtà imprenditoriali. Queste ultime, quanto più sono consapevoli del loro ruolo sociale, tanto più diventano luoghi in cui si esercita la dignità umana, partecipando così a loro volta alla costruzione della pace. Su questo aspetto la politica è chiamata a svolgere un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale. E tutti coloro che operano in questo campo, a partire dai lavoratori e dagli imprenditori cattolici, possono trovare sicuri orientamenti nella dottrina sociale della Chiesa».[14]

Un cenno, in questo contesto, meritano la formazione professionale dei giovani e la loro educazione.

Sembra che, sull’istruzione e sulla formazione dell’UE, si stia affermando un approccio condiviso: le tendenze principali in atto nell’Unione a livello sanitario, socio-economico e culturale – mutamenti nella globalizzazione, nelle tecnologie, delle relazioni tra democrazia e cittadinanza, dei problemi connessi con la sicurezza, degli effetti dell’invecchiamento della popolazione e dell’avvento del post-moderno – configurano l’avvento della quarta rivoluzione industriale. Per preparare adeguatamente i giovani ad affrontare con successo le sfide connesse a un tale cambiamento d’epoca, è necessario realizzare, nei sistemi di istruzione e di formazione, delle riforme profonde, tali da innestare una Educazione 4.0.. C’è bisogno di una rinnovata stagione di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società.

Paiono decisive le prassi di lungo termine già in atto, quali: anticipare il prima possibile l’inizio delle attività di educazione e di cura della prima infanzia; rendere disponibili a tutti i percorsi di apprendimento permanente; introdurre l’istruzione digitale tra i contenuti obbligatori dell’educazione di base; ampliare il ventaglio delle competenze da formare negli studenti in modo da includere la creatività, la capacità di risolvere i problemi, la negoziazione, l’adattabilità, il pensiero critico, la cooperazione, l’empatia e la comunicazione; realizzare la personalizzazione dell’insegnamento ricorrendo anche alle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione); impostare la didattica secondo un approccio interdisciplinare e transdisciplinare; prevedere la diversificazione più ampia delle offerte di istruzione e di formazione; allineare in maniera più efficace l’educazione e il mercato; potenziare l’educazione alla cittadinanza democratica.[15]

Tutto quanto elencato invoca precisamente ciò che papa Francesco ha definito Patto Educativo Globale.Ossia un Patto non solo attento alla preparazione e all’aggiornamento delle professionalità in collegamento con le nuove tecnologie e il mercato, ma anche un Patto educativo sostanziato da contenuti antropologici ed etici, da competenze sapienziali, da capacità di discernimento teologico e spirituale, senza le quali non sarebbero valorizzate la strutturazione a tu dei giovani e la loro apertura al trascendente, in senso orizzontale e in senso verticale. Solo così si può parlare di un Patto educativo globale, ossia di un Patto comprensivo sia degli aspetti tecnologici e formativi sia degli aspetti morali della crescita umana e sociale dei giovani, relativi all’educazione integrale.

Con riferimento ai giovani che desiderano entrare nel mercato del lavoro (ma anche ai lavoratori che devono costantemente adeguare le loro competenze ai continui mutamenti) dalle encicliche citate derivano stimoli, interrogazioni, orizzonti di senso, l’indicazione di nuovi stili di vita, l’invito ad una cittadinanza ecologica, ad una spiritualità del lavoro, ad una cultura umanistica, non funzionalistica. Tra le più significative sollecitazioni, provenienti dall’insegnamento sociale della Chiesa,[16] aggiornato da Benedetto XVI e da papa Francesco, vanno segnalate:

  • il comprendere le molteplici connessioni tra società, economia, ecologia, scienza, etica, teologia;
  • il riportare a sintesi teleologica la frammentazione odierna del sapere;
  • il non confondere l’epistemologia con l’etica, la relatività della conoscenza che rende umili, con il relativismo dei fini;
  • il formare una leadership buona, classi dirigenti del futuro, in modo che siano capaci di indicare strade;
  • il rigenerare uno stile di vita sobrio, capace di valorizzare in modo pieno le esperienze della vita;
  • il nutrire la speranza, il coraggio, la fiducia, in una società della paura, della solitudine e dell’insicurezza;
  • il testimoniare il paradigma del prendersi cura (di sé, degli altri, del mondo, della Casa comune);
  • il praticare la gentilezza, l’ascolto e il dialogo autentico e paziente (riconoscendo i “monologhi paralleli”);
  • l’educare alla regolazione generativa del conflitto, attraverso il dialogo autentico;
  • il riconoscere i limiti della scienza, dell’economia, del pensiero esclusivamente strumentale;
  • il fertilizzare il pensiero critico, sistemico, complesso, teleologico, ma anche strategico e progettuale;
  • il formare integralmente la persona, cogliendone e valorizzandone la complessità.
  1. Conclusione

La pace per non essere una semplice parola pronunciata, bensì vita secondo fraternità, libertà, verità, giustizia, solidarietà, richiede un impegno plurimo, nella linea del dialogo tra le generazioni, dell’istruzione e dell’educazione, del lavoro per tutti. Sono le tre vie indicate da papa Francesco che possono fare la differenza, specie in un contesto di pandemia. In breve, come scrive Bruno Bignami: meno retorica sulla sicurezza e più impegno sul piano del dialogo sociale, tra i vari soggetti che sono responsabili della politica, delle istituzioni scolastiche, dell’economia e della vita famigliare. Meno militari e più educatori. Meno armi e più scuole professionali, più lavoro per tutti.[17]

 

+ Mario Toso

Vescovo di Faenza-Modigliana

[1]Cf Francesco,Messaggio per la celebrazione della 55agiornata mondiale della pace. Dialogo fra le generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2021.

[2]Cf Videomessaggio per il Global Compact on Education. Together to Look Beyond(15 ottobre 2020).

[3]Cf Francesco,Fratelli tutti (= FT), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, nn. 48-50.

[4]Cf FT, 43.

[5]Ib.

[6]Ib.

[7]Si veda M. Toso, Fratellanza o fraternità? Introduzione alla lettura dell’Enciclica «Fratelli tutti», Tipografia Editrice Faentina, Faenza 2021.

[8]«Non dimentichiamo – scrive papa Francesco – che “i popoli che alienano la propria tradizione e, per mania imitativa, violenza impositiva, imperdonabile negligenza o apatia, tollerano che si strappi loro l’anima, perdono, insieme con la fisionomia spirituale, anche la consistenza morale e, alla fine, l’indipendenza ideologica, economica e politica”. Un modo efficace di dissolvere la coscienza storica, il pensiero critico, l’impegno per la giustizia e i percorsi di integrazione è quello di svuotare di senso o alterare le grandi parole. Che cosa significano oggi alcune espressioni come democrazia, libertà, giustizia, unità? Sono state manipolate e deformate per utilizzarle come strumenti di dominio, come titoli vuoti di contenuto che possono servire per giustificare qualsiasi azione» (FT 14).

[9]Cf La cultura della cura come percorso di pace, in «Il Cantico», gennaio n. 1/2021 on line, pp. 9-13. Si veda anche: AA. VV., Il tempo della cura. Vivere con sobrietà, giustizia, fraternità, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2020.

[10]Sul tema dell’ecologia integrale ci permettiamo di rinviare a M. Toso, Ecologia integrale dopo il coronavirus, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2020.

[11]Cf Messaggio del Santo Padre Francesco per il lancio del Patto Educativo, 12 settembre 2019.

[12]MGMP n. 4.

[13]Francesco,Omelia nella notte del Natale, 24 dicembre 2021.

[14]MGMP n. 4.

[15]Su questo si veda: Editoriale: Relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione in Europa e in Italia, in «Rassegna Cnos» 37 (gennaio-aprile 2021), n. 1, pp. 5-36.

[16]Una recente sintesi sul tema del lavoro, alla luce del magistero sociale della Chiesa è quella di G. Campanini, Direlavoro. Una ricerca di senso, Ave, Roma 2021.

[17]Cf B. BIGNAMI, Le vie della pace, in «L’Osservatore Romano», 30 dicembre 2021, p. 12.