Premessa
La pandemia ha colpito pesantemente il mondo del lavoro. Infatti, l’emergenza da Covid-19 ha messo in crisi il sistema economico-produttivo provocando chiusure e fallimenti di tante attività con evidenti ripercussioni negative per i lavoratori e le lavoratrici, sia sotto il profilo occupazionale che della salute e della sicurezza. Sono state numerose le norme emanate per disciplinare i diversi aspetti afferenti alle imprese e che hanno inevitabilmente inciso anche sulla gestione: dai cosiddetti “ristori” al blocco delle attività, dalle misure di contenimento della diffusione del virus nei luoghi di lavoro alle certificazioni necessarie per recarsi al lavoro e tanto altro ancora.
Nel parlare di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, anche con riferimento all’emergenza COVID-19 e alla normativa volta a fronteggiare gli effetti sanitari, sociali, economici e lavoristici della pandemia, occorre evidenziare che il fine è il bilanciamento di più principi e valori costituzionali, quali: la salute, la libertà personale, la libertà di circolazione, la libertà di iniziativa economica privata, il diritto al lavoro e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, il diritto ad una retribuzione che assicuri un’esistenza libera e dignitosa, la libertà di associazione e dell’organizzazione sindacale. Si tratta di una operazione tutt’altro che scontata, specie in un ordinamento giuridico come il nostro in cui, diversamente da altri Paesi (come la Germania, la Spagna, la Francia o gli Stati Uniti), non esiste una norma – né di rango costituzionale né di legge ordinaria – precipuamente diretta alla gestione delle emergenze sanitarie. Ne è nato un insieme di regole, bilanciate sui valori e sulle sensibilità sociali, morali e giuridiche del nostro Paese e che tutti gli addetti ai lavori – consulenti, avvocati, medici, RSPP, RLS, CSE, CSP, esperti di organizzazione aziendale, psicologi – si trovano a dover trattare, senza tuttavia perdere di vista il contesto ed i principi generali dell’ordinamento vigente. A questo va ispirandosi tutta l’attività di consulenza e assistenza alle imprese ed ai lavoratori in questo periodo, sin dalla elaborazione degli specifici protocolli di sicurezza.
Ma la dignità e la salute del lavoratore è oggi messa in gioco non solo dai forti condizionamenti della pandemia. Possono essere intaccate anche nel periodo post-pandemico con la fretta di tornare ad una maggiore attività economica, ad un consumismo cieco che assegna ancora una volta il primato al profitto a breve termine e alla tecnocrazia. Occorre, invece, che si cerchi di costruire un nuovo futuro del lavoro, fondato su condizioni decenti e dignitose. In definitiva, si tratta di riformare a fondo l’economia affinché il lavoro sia più umano, sia cioè non strumentalizzato. I danni prodotti dalla pandemia non possono e non devono diventare un alibi per giustificare omissioni nella giustizia o nella sicurezza. Al contrario, la crisi può essere affrontata come un’opportunità per crescere insieme nella solidarietà e nella qualità del lavoro.[1]
- Lavoro e sicurezza
Nel gennaio del 2022 papa Francesco, dopo molteplici casi di morti sul lavoro, a motivo della mancata osservanza delle norme di sicurezza oltre che della mancanza di controlli da parte delle autorità preposte (basti pensare al crollo del ponte Morandi a Genova nel 2018 che non costituisce un infortunio sul lavoro, ma che è conseguenza proprio della carenza di verifiche tecniche e dell’esclusivo perseguimento del profitto), incontrando i membri dell’Associazione nazionale Costruttori edili (ANCE), ha ricordato che specie per coloro che sono responsabili dei cantieri edili è fondamentale il trinomio: etica, legalità e sicurezza. L’imprenditore non deve guardare alla sicurezza dei luoghi di lavoro come ad un costo. Se egli si pone in una simile prospettiva, parte da un presupposto sbagliato. La vera ricchezza sono i lavoratori, sono le persone che lavorano nei cantieri, prima ancora delle impalcature e dei mattoni. Non deve accadere quanto avveniva nella costruzione della torre di Babele. In quel tempo, i mattoni erano difficili da fare. Richiedevano un lavoro enorme, per cui era attribuito a loro un grande valore, superiore alla vita degli operai. Se nella costruzione della torre cadeva un mattone, era una tragedia. L’operaio che era stato responsabile veniva punito. Invece, se cadeva un operaio, non succedeva niente. In sostanza, secondo una tale mentalità, la vera ricchezza erano i mattoni, non le persone. Papa Francesco ricorda, allora, che nei cantieri occorre comportarsi secondo un’altra logica, quella che riconosce il primato ai lavoratori, alla loro vita, rispetto ai costi per rendere sicuri i luoghi di lavoro. La vera ricchezza è costituita dalle persone. Senza di esse non c’è comunità di lavoro, non c’è impresa, non c’è economia. «La sicurezza dei luoghi di lavoro significa custodia delle risorse umane, che hanno valore inestimabile agli occhi di Dio e anche agli occhi del vero imprenditore. Per questo, la legalità va vista come tutela del patrimonio più alto che sono le persone. Lavorare in sicurezza permette a tutti di esprimere il meglio di sé guadagnando il pane quotidiano. Più curiamo la dignità del lavoro e più siamo certi che aumenterà la qualità e la bellezza delle opere realizzate».[2]
- Lavoro dignitoso e pace
Come ci ha ricordato il Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2022 il lavoro è un fattore indispensabile per costruire e preservare la pace. Esso è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno. In questa prospettiva marcatamente sociale, il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello.
La pandemia, come già detto in premessa, ha aggravato la situazione del mondo del lavoro, che stava già affrontando molteplici sfide. Milioni di attività economiche e produttive sono fallite; i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili; molti di coloro che svolgono servizi essenziali sono ancor più nascosti alla coscienza pubblica e politica; l’istruzione a distanza ha in molti casi generato una regressione nell’apprendimento e nei percorsi scolastici. Inoltre, i giovani che si affacciano al mercato professionale e gli adulti caduti nella disoccupazione affrontano oggi prospettive drammatiche.
In particolare, l’impatto della crisi sull’economia informale, che spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato devastante. Molti di loro non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero; vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga. A ciò si aggiunga che attualmente solo un terzo della popolazione mondiale in età lavorativa gode di un sistema di protezione sociale, o può usufruirne solo in forme limitate. In molti Paesi crescono la violenza e la criminalità organizzata, soffocando la libertà e la dignità delle persone, avvelenando l’economia e impedendo che si sviluppi il bene comune. La risposta a questa situazione non può che passare attraverso un ampliamento delle opportunità di lavoro dignitoso.
Il lavoro, infatti, è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità. Per questo, afferma papa Francesco, «non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe sé stessa. Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale». Dobbiamo unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società.
È più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato. Occorre assicurare e sostenere la libertà delle iniziative imprenditoriali e, nello stesso tempo, far crescere una rinnovata responsabilità sociale, perché il profitto non sia l’unico criterio-guida.
In questa prospettiva vanno stimolate, accolte e sostenute le iniziative che, a tutti i livelli, sollecitano le imprese al rispetto dei diritti umani fondamentali di lavoratrici e lavoratori, sensibilizzando in tal senso non solo le istituzioni, ma anche i consumatori, la società civile e le realtà imprenditoriali. Queste ultime, quanto più sono consapevoli del loro ruolo sociale, tanto più diventano luoghi in cui si esercita la dignità umana, partecipando così a loro volta alla costruzione della pace. Su questo aspetto la politica è chiamata a svolgere un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale. Tutti coloro che operano in questo campo, a partire dai lavoratori e dagli imprenditori cattolici, possono trovare sicuri orientamenti nella dottrina sociale della Chiesa.
- Il ruolo del Movimento cristiano dei lavoratori a cinquant’anni dalla nascita: impegnarsi perché tutti abbiano un lavoro
Anche il MCL, come ogni altro movimento, non può ignorare i lavoratori e le lavoratrici, in modo particolare quelli che fanno lavori sottopagati o usuranti; coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; le vittime del lavoro; i bambini che sono costretti a lavorare e quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare… Per il MCL tutti questi lavoratori, i cui diritti sono calpestati, sono nostri fratelli e sorelle, che si guadagnano la vita così, con lavori che non riconoscono la loro dignità! Ma il MCL deve pensare soprattutto a chi è senza lavoro. Come ha ricordato papa Francesco, quanta gente va a bussare alle porte delle fabbriche, delle imprese: “C’è qualcosa da fare?” – “No, non c’è, …”. Quanti oggi si sentono feriti nella loro dignità perché non trovano lavoro. Tornano a casa: “Hai trovato qualcosa?” – “No, niente … sono passato dalla Caritas e porto il pane”. Ma, come ha osservato papa Francesco ciò che ti dà dignità non è portare il pane a casa. Tu puoi prenderlo dalla Caritas, ma questo non ti dà dignità. Quello che ti dà dignità è guadagnare il pane. Se noi non diamo alla nostra gente, ai giovani, agli uomini e alle nostre donne, la capacità di guadagnare il pane, questa è un’ingiustizia sociale. I governanti devono dare a tutti la possibilità di guadagnare il pane, perché questo guadagno dà loro la dignità. Il lavoro è un’unzione di dignità.[3] Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente. Vivono alla giornata. E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e ogni desiderio di vita. In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro – lo sappiamo – e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita.[4]
Ricordando il 50.mo del MCL dobbiamo ricordare ognuno di loro e le loro famiglie.
- A mo’ di conclusione: lavoro componente essenziale nella vita e nel cammino di santificazione
Spesso non si tiene abbastanza conto del fatto che il lavoro è una componente essenziale nella vita umana, e anche nel cammino di santificazione. Lavorare non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo. Purtroppo però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale. E allora ogni componente del MCL è bene che si ponga queste domande: con che spirito noi facciamo il nostro lavoro quotidiano? Come affrontiamo la fatica? Vediamo la nostra attività legata solo al nostro destino oppure anche al destino degli altri? Infatti, il lavoro è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale. Il lavoro è anche un modo per esprimere la nostra creatività: ognuno fa il lavoro a suo modo, con il proprio stile; lo stesso lavoro ma con stile diverso.
È bello pensare che Gesù stesso abbia lavorato e che abbia appreso quest’arte proprio da San Giuseppe. Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità.
+ Mario Toso
[1] Cf Francesco, Udienza ai Membri dell’Associazione Italiana chimici del cuoio, sabato 29 gennaio 2022. Sul tema del lavoro nell’insegnamento sociale della Chiesa si veda: M. Toso, Dimensione sociale della fede, LAS, Roma 20222, pp. 229-287.
[2] Francesco, Discorso ai Membri dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), Sala Clementina, Giovedì 20 gennaio 2022.
[3] Cf anche Francesco, Discorso ai giovani del «Progetto Policoro» della Conferenza episcopale italiana (5 giugno 2021).
[4] Cf Francesco, Catechesi su «San Giuseppe il falegname» (mercoledì 12 gennaio 2022).