Faenza, cattedrale 25 dicembre 2021.
Cari fratelli e sorelle, eccoci a celebrare il Natale. Il profeta Isaia con parole suggestive comunica a Sion una realtà stupenda: è giunta la tua salvezza (cf Is 52, 7-10). Dio è in mezzo al suo popolo e lo consola. Lo protegge come la chioccia copre con le ali i suoi pulcini, piccoli ed inermi. Non siamo, forse, anche un noi un popolo che brama di essere consolato, protetto e salvato? Braccati dal non senso della cultura che ci avvolge e respiriamo, impauriti da malattie sconosciute, rispetto alle quali ci sentiamo estremamente fragili, sentiamo il bisogno di un Dio che faccia sentire la sua potenza d’amore in mezzo a noi. Come, in realtà, fa sentire la sua potenza per noi? Mediante la potenza – strano a dirsi – di un neonato. Nel Bambino nato a Betlemme si concentra un potenziale straordinario, una forza morale e spirituale superiore a quella umana. In Lui converge e vive in unità l’umanità congiunta alla divinità. L’umanità diventa Dio. È così che il Bimbo Gesù è per noi forza invincibile, vittoria e sicurezza contro quel male che divora la nostra identità e infrange le nostre certezze. Egli giunge tra noi per essere la Parola del Padre, una parola potente, come è potente il suo amore che crea e sostiene il mondo. Il Santo Bambino, gioiosa certezza della prossimità del Padre, è la sua «Voce». Dio parla a noi per mezzo del Figlio, che è irradiazione dell’Essere del Padre. Per mezzo di Lui sono state piantate le fondamenta dell’universo. Posto in fasce nella mangiatoia, suscita lo stupore e l’adorazione dei pastori e dei Magi. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, è riconosciuto come principio di una nuova storia d’amore tra Dio e l’umanità. Il Bambino Gesù, infinita tenerezza di Dio, si pone all’origine della rinascita di ogni persona, di un nuovo pensiero, di una nuova cultura, di un nuovo umanesimo. È l’inizio di una nuova creazione. Ecco perché siamo nella gioia. Ecco perché noi, spesso rovine di umanità, prorompiamo insieme con canti di gioia. La salvezza non è una realtà astratta, solo annunciata. L’Emmanuele, il Dio con noi, ci redime realmente, ci riscatta dalle schiavitù dell’egoismo, dalla incomunicabilità, dall’indifferenza nei confronti del Padre e dei nostri fratelli, da una morte che ingoia nel nulla. È così spuntato per noi un giorno santo, un giorno senza tramonto. Ci è data nel Bambino Gesù, divenuto uno di noi, una speranza che non può deludere. Ci è consegnata una forza che rinnova le forze, la consolazione che non ha bisogno di supplementi. L’incontro di tutti noi in Lui ci apre alla fraternità, alla condivisione nel cammino della vita. Ci convoca come sua famiglia, sua Chiesa. Ci costituisce umanità nuova, perché in piena comunione con Dio. Nella condivisione e nella corresponsabilità di una stessa pienezza di vita, quella del Figlio di Dio, siamo inviati missionari, affinché tutti vivano di Lui, per Lui, in Lui, luce vera.
Cari fratelli e sorelle, il Natale è incontro con Dio. È dono della vita di Dio all’umanità. È amore gratuito comunicato, per sconfiggere l’odio, l’inimicizia tra noi. È luce che splende nelle tenebre, per rischiarare la strada. È missione del Figlio, missionario per eccellenza, che ci vuole corresponsabili nell’annuncio del Verbo della vita. Solo Lui può rialzarci dai morti. Noi nasciamo come Chiesa, comunione ritmata da un cammino sinodale, proprio a Natale. Natale per noi non è un nome banale, vuoto di significato, che si può abolire con un decreto umano. È l’atto di salvezza posto da Dio, non sopprimibile dalla volontà umana. È rivelazione di un progetto che trascende ogni meschinità e piccolezza dell’uomo che guarda solo a se stesso. L’evangelista Giovanni ci invita ad un’esperienza di fede coraggiosa, capace di scelte audaci e radicali, che ci liberano da una miseria senza fine. Se non riconosceremo Cristo, luce vera, resteremo morti per l’eternità. Senza Cristo non ritroveremo la vita. Saremo tenebre che oscurano il mondo (cf Gv 1, 1-18). Il Signore Gesù, spiega Giovanni, viene sempre tra i suoi. È, però, possibile un dramma sconvolgente, ossia che i suoi non lo riconoscano. Chi rifiuta la propria figliolanza divina rinuncia a essere alleato di Dio, rinuncia all’altissima dignità del figlio di Dio, che si impegna a vivere con il suo Amore, donandosi con tutte le forze, sino allo stremo.
Carissimi, l’augurio del buon Natale non può che essere quello che ognuno si accetti e si desideri come figlio di Dio. Questo è l’augurio che desidero farvi. Mentre andrete a casa dite ai vostri ammalati, ai nonni, ai giovani che magari non amano più frequentare la casa di Dio, che il vescovo spera per loro la cosa più bella, e cioè che siano consapevolmente figli di Dio, fratelli e sorelle di ogni persona che vive sulla faccia di questa terra. Il meglio che possiamo avere dalla vita e che ci possiamo augurare è che siamo, cresciamo, con amore, come figli e figlie di Dio.
+ Mario Toso