[dic 25] Omelia – Messa del Giorno di Natale

25-12-2023

Il Figlio del Padre si è fatto uomo, Bambino. Ecco la stupefacente notizia che la liturgia odierna ci invita ad accogliere e a contemplare. Colui che abita nei cieli stabilisce la sua dimora sulla terra, nella nostra umanità, in ciascuno di noi. Si unisce indissolubilmente a noi. È il mistero dell’Incarnazione. L’umanità, ferita dal peccato, indebolita nella sua capacità di vero, di bene e di Dio, è assunta e risanata dal Figlio di Dio. Diventa capace di amare come Dio, grazie a Lui. Il cielo, Dio, diventa terra, umanità, perché la terra diventi cielo.

Per il fatto che il Verbo si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi (cf Gv 1, 1-18), tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio. Ecco il motivo per cui siamo sollecitati da Isaia a prorompere insieme in canti di gioia (cf Is 52, 7-10).

Assediati dall’atmosfera cupa e greve delle guerre, dalla crisi ecologica; dalle distruzioni delle alluvioni, dalla lentezza esasperante degli aiuti promessi, il Natale rappresenta per noi un punto luce straordinario, non offuscabile. La discesa di Cristo nella nostra umanità non è il rimpicciolimento di Dio che perde la sua divinità. È, invece, il suo abbassarsi sino a noi, per consentire a noi di innalzarci, di essere, cioè, figli di Dio, figli nel Figlio. Lo diventiamo attraverso un ammirabile scambio (admirabile commercium) di nature, tra quella umana e quella divina, come felicemente sottolineò sant’Agostino d’Ippona.

L’incarnazione del Figlio è per renderci partecipi della capacità di amare del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Spesso ci dimentichiamo di questa verità fondamentale della nostra fede. Non pensiamo alla presenza di Cristo in noi e nei nostri fratelli, che ci costituisce esseri più che umani, persone in comunione con Dio, grazie a suo Figlio, che lo rende visibile. Per cui non siamo solo esseri umani. Siamo molto di più che esseri umani. Senza Gesù Cristo, l’uomo non riesce a comprendere chi è realmente in sé stesso. Perde il senso e la direzione del suo cammino, che è il compimento in Dio. L’incarnazione di Gesù nell’umanità e nella storia non può essere ignorata dai cristiani. Essa è per noi principio di vita nuova. Quando ci rapportiamo con gli altri dobbiamo vedere in essi figli e figlie di Dio. Saremo giudicati sul fatto se saremo stati capaci di riconoscere nei nostri fratelli e sorelle, nei più piccoli, nei poveri, il Signore Gesù. Cambia, pertanto, il nostro approccio agli altri. Cambiano le nostre relazioni, le nostre azioni.

Se è vero che il Figlio di Dio viene sulla terra per insegnare all’uomo il suo mestiere d’uomo, è altrettanto vero che Egli ci insegna a viverlo come figli di Dio, che sanno amare come Lui. La meditazione del mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio che, abbassandosi, si fa povero per arricchirci, deve accompagnarci tutti i giorni della vita, in qualunque ambito operiamo. Dall’incarnazione del Figlio di Dio deriva la novità della nostra missione e del nostro annuncio, del nostro impegno culturale e sociale.

Come sacerdoti, come mamme e papà, come professionisti, come amministratori del bene comune, come educatori, come operatori della Caritas, come volontari, come cultori e architetti della pace, dobbiamo agire con cuore ed occhi nuovi, che sanno vedere in profondità in ogni essere umano, anche il più emarginato, Gesù Cristo. Riconoscendo in tutti l’altissima dignità dei figli di Dio cambia completamente il senso del nostro servizio, della cura che dobbiamo avere nei confronti dei nostri fratelli e sorelle, piccoli e grandi. Con il Natale siamo chiamati a vivere il realismo dell’incarnazione che richiede una nuova visione delle persone e della storia, nonché della politica, della cultura. L’incarnazione ci ricorda che siamo creature, amate da Dio, che apparteniamo a Lui, che ci apparteniamo reciprocamente e siamo parte della creazione. È da questa visione e comprensione che scaturisce il nostro amore per gli altri: un amore non guadagnato o comprato, perché tutto ciò che siamo e abbiamo è un dono che non ci siamo meritati. Il realismo dell’incarnazione, cari fratelli e sorelle, ci accompagni sempre come principio e legge delle nostre azioni, della trasfigurazione degli ambienti di vita e delle relazioni che viviamo. Grazie all’incarnazione, il nostro vedere, il nostro scegliere e il nostro agire, il nostro amare e il nostro sperare, specie in tempo di guerre fratricide e di post-alluvione, sono chiamati ad essere diversi dai soliti cliché. Il Dio con noi mette alla prova il nostro modo abituale di pensare, le nostre categorie, i nostri stereotipi troppo umani, le nostre priorità. Mette in discussione i nostri stili di vita individualistici ed utilitaristi. L’amore che ci porta il Bambino Gesù ci mette alla prova come la fornace mette alla prova i vasi del ceramista (Siracide 27,5).

Partecipiamo con entusiasmo alla nuova creazione, che Cristo è venuto ad iniziare con la sua Incarnazione. Apriamoci fiduciosi ad un mondo nuovo, che è già presente, ma che attende la nostra corresponsabilità di artigiani intelligenti ed operosi di pace.

Buon Natale a tutti: bambini, giovani, adulti, nonni e nonne; specie alle persone sole e ammalate, ai più poveri! A motivo del Natale le persone per noi sono più delle loro solitudini, delle loro povertà e delle loro malattie. Non sono solo le loro solitudini, le loro povertà, le loro malattie. Sono anzitutto persone, fratelli e sorelle da amare come figli e figlie di Dio, come Gesù stesso. Credo che in questo possiamo essere aiutati da un’espressione che ho letto a Villa Agnesina – ove questa notte è morta una nostra carissima collaboratrice de Il Piccolo, Annarita Bassi, 55 anni, moglie di Daniele, lascia tre figli – su una rivista: Io non sono il mio tumore. Noi siamo persone, figli e figlie di Dio! Siamo di più delle nostre malattie e delle nostre povertà materiali, psicologiche, culturali. Il Verbo incarnato ci chiama a cambiare visione sulle nostre vite, sul nostro relazionarci con gli altri. Con l’incarnazione di Cristo incomincia sempre una nuova storia, una nuova vita. Ringraziamo Dio per la sua bontà. Egli è sempre con noi, cammina con noi.  Ci aiuta. Auguri a tutti, piccoli e grandi, agli anziani e agli ammalati.

                                              + Mario Toso, Vescovo di Faenza-Modigliana