[dic 24] Omelia – Messa della Notte

24-12-2023

Il profeta Isaia con le sue parole ispirate ci porta nel cuore del Natale che è dato dal dono di Dio del suo Figlio all’umanità. Per tutti noi nasce un Bambino. Sua Madre Lo pose in una mangiatoia, perché Lei e Giuseppe, in viaggio a motivo del censimento, non riuscirono a trovare un alloggio decente, confortevole. La nascita di Gesù è annunciata ad alcuni pastori da un angelo del Signore in questo modo: «vi annuncio una grande gioia: nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2, 1-14).

E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Il Bambino che ci è donato è, dunque, sì come tutti gli altri bambini, ma non è come tutti gli altri: è Cristo Signore che si fa uno di noi, come noi, per donarci la sua vita, una vita di amore infinito. Una vita che si abbassa alle condizioni umili di una stalla – è posto in una mangiatoia – e che troverà il suo trono su di una croce. La vita del Bambino Gesù, figlio di Dio, ha un percorso terreno che culmina nella crocifissione fuori le mura della città di Gerusalemme. Ha un singolare destino: da piccolo non trova posto nella locanda. Da adulto viene ucciso, rifiutato dal suo popolo. Eppure, Egli, come profetizza Isaia, porta la luce ai popoli che camminano nelle tenebre. Moltiplica la loro gioia, la loro letizia. Spezza il giogo della schiavitù, il bastone degli aguzzini. Dà in pasto al fuoco ogni calzatura di soldato, ogni mantello intriso di sangue. Porta la pace, perché è Principe della pace, Padre per sempre (cf Is 9, 1-6).

Anche in questo Natale siamo chiamati a contemplare e ad accogliere un Eterno che si fa mortale, un Onnipotente che si fa infante, un Messia che si rivela con la potenza dell’amore di Dio.

Quanto stridono le parole del profeta Isaia e del Vangelo di Luca con la situazione che viviamo noi oggi.

Cari fratelli e sorelle, specie in questo momento storico, siamo umanità circondata da un buio fitto, nonostante le molte luci che scintillano per strada e nei negozi. Spesso riteniamo di essere una super umanità, persone padrone del mondo, capaci di superare ogni ostacolo, di risolvere ogni problema con la sola tecnoscienza. Ma basta un piccolo virus, subdolo e mortale, bastano le alluvioni, i terremoti perché siano d’un tratto ridimensionate molte delle nostre pretese e velleità. Appare chiaro che siamo umanità fragile, psicologicamente ed affettivamente instabile, che può precipitare improvvisamente nella disfatta.

Quante volte abbiamo celebrato il Natale come evento di nuova creazione. Eppure, sembra che non abbiamo ancora imparato cosa significhi. Il Natale non è come ci vogliono insegnare i più intelligenti di questo mondo un semplice cambio di stagione. È principio di straordinaria rinascita per l’umanità ferita dal peccato, dalle pandemie, dalle siccità, dalla fame, dalle guerre fratricide. Se nell’affrontare le conseguenze devastatrici delle alluvioni e del successivo terremoto possiamo contare sull’aiuto di uno Stato pur farraginoso e lento, di un Commissario, di esperti, di amministratori, di persone di buona volontà, non dobbiamo dimenticare che il Figlio di Dio donato a noi da Maria è la forza d’amore di Dio stesso, posta nelle nostre persone, dentro di noi. Grazie alla potenza di una tale forza d’amore ci sarà possibile prenderci cura dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, del creato, con più intelligenza e sapienza, con più speranza. Sarà possibile avere quella forza d’amore che ci consentirà di non cadere nello scoramento, ma di fare tutto ciò che è possibile per rinascere, sia pure lentamente, ma con determinazione ferma e perseverante, senza perdere la fiducia nelle persone. Se le casse dello Stato sono disponibili con difficoltà, ricordiamoci che per accogliere il Signore Gesù nel nostro cuore non è necessario fare richieste in carta bollata. La sua grazia e il suo perdono rigeneratore sono sempre disponibili, senza dover inoltrare domanda. Viviamo, allora, il Natale con sincerità, con ardore, con gioia profonda. Adoriamo con tutto noi stessi Dio che giunge a noi.

Gesù in noi, con la sua vita d’amore, ci aiuta anche ad impegnarci per vincere l’inverno demografico, la stoltezza che vuole la morte dei più deboli e che induce a smantellare lo Stato sociale, il diritto per tutti alla sanità. Ci aiuta a lavorare per una integrazione più piena, specie dal punto di vista culturale ed interreligioso. Non c’è solo da creare lavoro per chi è senza, ma occorre continuare a operare intensamente per migliorare le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, la loro remunerazione, la loro formazione morale e civile.

L’amore pieno di verità che il Signore Gesù ci dona ci aiuti ad operare per la pace, per coloro che sono nella povertà.

Non pochi popoli che sono in guerra tra di loro vantano una tradizione di fede nel Dio che si fa uomo e si pone come fonte di pace duratura. Eppure, per loro, aggressori e aggrediti, dopo mesi e mesi di guerra contano di più la guerra e gli eserciti, non certo le persone. Papa Francesco, oltre ad aver sollecitato i belligeranti al dialogo per una pace giusta, ci ha chiesto di pregare Gesù Bambino perché solleciti i popoli a deporre le armi e a stringersi in un abbraccio universale di pace. Non dimentichiamo, però, che la preghiera va accompagnata dalle opere.  Siamo, allora, architetti ed artigiani di pace a tutto campo. Le nostre invocazioni si traducano in azioni concrete, come la costruzione di istituzioni atte a mantenerla e a consolidarla, riformando quelle insufficienti o inventandone di nuove, più efficaci. La pace viene dalle persone, dai cuori liberi dalla violenza, purificati dalle fede nel Signore Gesù. Vivendo in Lui, tutte le nostre famiglie, in rete con altre istituzioni, sono sollecitate all’educazione alla pace.

Anche quest’anno la Coldiretti e la Confartigianato, in occasione dei tradizionali auguri natalizi, hanno donato al vescovo una statuina del presepe fatta in cartapesta, raffigurante il maestro e l’apprendista. Il significato è chiaro: un artigiano trasmette il proprio lavoro ad un giovane. In un contesto in cui mancano per le imprese famigliari, ma non solo, giovani adeguatamente preparati bisogna che ci sia un’unione intergenerazionale a cominciare dal «saper fare» con le mani: apprendistato, formazione, competenze, passaggio generazionale nelle imprese, attrattività per i giovani. I credenti che desiderano vivere il Natale come momento di consegna alle nuove generazioni della fede in Cristo hanno anche il compito di insegnare ad esse che il lavoro umano va vissuto con amore, come collaborazione alla nuova creazione del Signore Gesù.

Cari fratelli e sorelle, viviamo il Natale di Gesù come un nuovo incontro con Lui. Il suo amore ci è donato per continuare con ardore ed intelligenza creativa il cammino sinodale, la Visita pastorale, la rinascita del nostro territorio. L’amore che ci porta Gesù Bambino mobilita la generosità, la solidarietà di tutti noi affinché insieme riusciamo a far fronte ad un’opera grande, comunitaria.

                                              + Mario Toso