Imola, 30 aprile 2022.
Eccellenza Reverendissima Mons. Giovanni Mosciatti, rappresentanti del mondo del lavoro, cari lavoratori e lavoratrici, questo Giubileo viene celebrato in coincidenza con la terza domenica di Pasqua. Esso porta il nostro sguardo sul mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, sulla sua presenza in questo mondo. Viene così spontaneo mettere a confronto il Giubileo dei lavoratori con quanto ha compiuto e continua a compiere il Risorto nell’umanità, nella storia, nell’universo. Guardando alla mirabile azione redentrice del Verbo fattosi carne, ossia alla nuova creazione che Egli ha posto in essere, siamo stimolati a pensare che il lavoro di ogni persona credente è chiamato a compiersi in collaborazione con l’Autore della suddetta nuova creazione. Dopo la risurrezione, Gesù Cristo non si assenta dalla storia, dal mondo. Come bene ha espresso l’affresco del Beato Angelico nel convento di san Marco a Firenze il Risorto reca sulla spalla una zappa. E questo per significare che Egli continua a essere presente, a lavorare, per completare la nuova creazione, che ha iniziata con la sua incarnazione. Noi, in quanto battezzati, cresimati ed eucaristizzati, compiamo il nostro lavoro dimorando in Cristo, mossi dal suo Spirito d’amore. A partire dall’incarnazione, il mistero di Cristo opera in modo nascosto nell’insieme della realtà naturale, comprensiva dell’umanità. Il Risorto orienta l’una e l’altra ad un destino di pienezza. Se prima Gesù ha lavorato con le sue mani, prendendo contatto quotidiano con la materia creata da Dio per darle forma con la sua abilità di artigiano, dopo la sua risurrezione continua ad influire sullo sviluppo dell’universo materiale e sull’umanità. Per l’esperienza cristiana, tutte le creature dell’universo, sia materiali, sia corporee e spirituali, tutte le attività umane, compreso il lavoro, trovano il loro senso nel Verbo incarnato, perché il Figlio di Dio le ha incorporate nella sua persona. Uniti al Figlio incarnato, tutto il cosmo e l’umanità sono protesi verso l’unificazione con il Creatore e con il Redentore.
Ebbene, la celebrazione del Giubileo dei lavoratori in connessione con la Pasqua, convoca a partecipare alla nuova creazione realizzata mediante la morte e risurrezione di Cristo. La nuova creazione implica la redenzione e l’umanizzazione integrali della persona, delle sue attività.
Nel tempo, la Dottrina sociale della Chiesa si è impegnata a delineare, in maniera germinale, la figura del lavoro redento ed umanizzato, a seconda dei molteplici contesti sociali, storici e concreti. Giovanni Paolo II nella Laborem exercens, ha enucleato, in particolare, una nuova cultura del lavoro, imperniata sull’asse di un’antropologia personalista, solidale, aperta al Trascendente: il lavoro è actus personae, è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro; l’uomo è per Dio: non di solo pane vive l’uomo; il lavoro ha il primato sul capitale. È un bene per l’uomo; è bene dell’uomo, per l’uomo. Ne consente, infatti, la crescita, la proprietà, la formazione di una famiglia, la partecipazione fattiva al bene comune. Tutto ciò fonda l’obbligo morale del lavoro. E così, come ogni persona ha il dovere di lavorare è anche titolare del diritto al lavoro. La spiritualità del lavoro erompe dalla partecipazione di questo all’opera del Creatore e del Redentore: un’opera che continua sempre (cf Gv 5, 17). Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in veritate, riprende la concezione personalista e relazionale del lavoro. Ai governanti, impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo, rammenta che il primo capitale da salvaguardare e da valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: l’uomo, infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale (cf CIV n. 25). La cultura del lavoro non deve essere separata dalla persona, dalla natura umana, dall’apertura alla vita, dall’etica, dalla famiglia, dalla salvaguardia dell’ambiente, dal bene comune. Quando questo avviene, l’umanità corre nuovi pericoli di asservimento e di manipolazione. L’attività umana e il lavoro, svolti in unione con Cristo, redentore e divinizzatore, trovano la loro anima propulsiva nell’Amore pieno di verità. Ogni attività umana, ogni lavoro, in quanto espressioni della persona vivente in Cristo, esigono di essere vissuti secondo la logica del dono e il principio della gratuità. La finanza, dopo il suo cattivo uso, deve ritornare ad essere uno strumento finalizzato alla migliore produzione di ricchezza ed allo sviluppo per tutti (cf CIV n. 65). I poveri non sono da considerare un «fardello», bensì una risorsa anche dal punto di vista strettamente economico. Papa Francesco ribadisce che la finanza, lasciata all’assolutizzazione del profitto a breve termine, uccide il lavoro, l’economia reale e distrugge l’ambiente. Deve, invece, contribuire alla loro universalizzazione o destinazione universale. Il lavoro è antidoto alla povertà, titolo di partecipazione. Per essere degno dell’uomo dev’essere libero, creativo, partecipativo, solidale. Il lavoro non va «assistenzializzato», ma reso accessibile a tutti, come peraltro aveva già sostenuto Benedetto XVI. Va ripensato entro la prospettiva di un’ecologia integrale, della transizione ecologia, di uno sviluppo sostenibile ed inclusivo. Il che implica sia l’esclusione di un lavoro predatore sia il rifiuto di un lavoro schiavo del capitalismo finanziario e tecnocratico. Un’irrazionale riduzione dei posti di lavoro, come conseguenza di una indiscriminata applicazione delle nuove tecnologie comporta l’erosione del «capitale sociale». L’innovazione tecnologica va senz’altro apprezzata ed impiegata ma sempre subordinata alla dignità del lavoratore e alla salvaguardia dell’ambiente. Per quanto detto gli imprenditori hanno una nobile vocazione, orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti.
La Dottrina sociale della Chiesa, che nei diversi momenti storici delinea, in maniera sintetica, la figura del lavoro redento ed umanizzato, va accolta, studiata, sperimentata, aggiornata dalle varie associazioni e dai vari movimenti di lavoratori, come peraltro ci hanno insegnato a fare le due ultime Settimane sociali dei cattolici. In vista di ciò, va anche potenziata la molteplice attività della Pastorale sociale e del lavoro, che in questi tempi appare spesso lacunosa. In un tempo di cambio d’epoca, ossia nella quarta rivoluzione industriale, nella fase di un’agricoltura 4.0 e della transizione ecologica, ai fini di vivere un lavoro redento ed umanizzato è proprio necessaria una nuova Pastorale sociale e dei lavoratori. Questi debbono essere aiutati ad averne coscienza e a divenirne protagonisti responsabili. Siamo tutti consapevoli che non basta una Messa giubilare, pur con il suo grande valore. L’unione con Cristo redentore e con il Padre, che assieme al Figlio continua ad operare nel mondo, dev’essere quotidiana e costante. La formazione e l’animazione non possono che essere metodiche ed aggiornate. Solo così può rimanere viva ed attiva la spiritualità incarnata del lavoro in ogni lavoratore, in ogni associazione ed aggregazione. Il Signore Gesù che chiede ripetutamente a Pietro, se lo ama, lo chiede anche a ciascuno dei lavoratori. La risposta non può che essere un pronto e continuo atto d’amore di adesione e di collaborazione alla nuova creazione. Tale atto comprende un’accurata attenzione al Messaggio dei vescovi italiani per la festa dei lavoratori del 1° maggio 2022, che ci fa riflettere sul quotidiano sacrificio di vite umane per mancanza di sicurezza nei luoghi del lavoro. La nostra preghiera per i lavoratori deceduti e per le loro famiglie sia il segno di una comunità che sa «piangere con chi piange» (cf Rm 8,15). Alla preghiera si accompagnino interventi appropriati da parte dei responsabili, singoli ed associati. Fondamentali appaiono sia una cultura della cura del lavoro sia l’inserimento nei programmi scolastici e di formazione professionale della disciplina relativa alla salute e alla sicurezza del lavoro. Un ruolo decisivo nella tutela della sicurezza del lavoratore e delle sue condizioni di salute è garantito dalle modalità di organizzazione dell’impresa in termini partecipativi, sotto il profilo sia dell’adozione delle misure protettive sia della vigilanza affinché esse siano rispettate. Dio infonda in tutti i lavoratori e le lavoratrici il suo Spirito d’amore, un amore pieno di verità. Solo così il Giubileo dei lavoratori si protrarrà nel tempo.
+ Mario Toso