[apr 23] Omelia – Centenario dello scautismo faentino

23-04-2022

Faenza, cattedrale 23 aprile 2022.

 

Cari fratelli e sorelle, mentre siamo qui a fare la memoria di san Giorgio, patrono degli Scout, celebriamo la messa prefestiva della seconda domenica di Pasqua o della divina misericordia del Signore. Celebriamo il centenario dello scoutismo a Faenza nel pieno del tempo pasquale. Gesù è venuto a celebrare la sua Pasqua da noi: «Farà la Pasqua da te» (Mt 26, 18), a casa tua, fece dire dai suoi discepoli al padrone che li ospitò.

Riflettiamo su queste parole di Gesù. Esse sono molto significative ed importanti per ognuno di noi, per le nostre famiglie, le nostre parrocchie, per l’AGESCI. Venendo a celebrare la sua Pasqua a casa nostra, da noi, nell’AGESCI, Egli si unisce a ciascuno di noi, con tutti noi. Ci comunica se stesso: mentre si incarna nel pane e nel vino, mentre muore lottando contro il male liberandoci dai fermenti del peccato; mentre risorge e ci dona una vita nuova, trasformandoci in figli di Dio, in fratelli e sorelle.

Quanto detto è fondamentale anche per il periodo che ci vede prevalentemente spettatori di una guerra fratricida, insensata ed ingiusta, perché frutto dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina. Celebrando la Pasqua a casa nostra, nel nostro cuore, nell’AGESCI, Gesù mediante la comunione con Lui – non dimentichiamo che ogni giorno è Pasqua – ci dona la sua vita: una vita capace di perdonare, di sconfiggere l’odio, di riconoscerci figli di uno stesso Padre e, quindi, fratelli e sorelle; capace di rifiutare la violenza e la guerra, di costruire la pace. Gesù che muore e risorge si pone, dunque,  in noi come principio di un’umanità nuova, come principio di rinascita, di una nuova creazione, di riscatto. Grazie a questo è possibile la pace.

La Pasqua di Gesù, celebrata a casa nostra, per noi, arricchendoci della sua capacità di amare, di combattere il male e l’ingiustizia, di amare con il suo Spirito d’amore e Dio e il prossimo, ci sollecita a ripensare l’educazione integrale della persona come un’opera che ha al centro la fede, ed è quindi connessa con l’educazione alla fede. L’educazione integrale acquisisce dall’educazione alla fede una visione più profonda ed ampia della vita, più aperta alla trascendenza. L’educazione alla fede va pensata e vissuta come un aiutare a vivere uniti a Gesù mentre ci dona se stesso, il suo amore più che umano, la sua figliolanza divina, la sua lotta contro il peccato. Mediante la fede vediamo con occhi diversi dai soliti.

La fede, come per Tommaso, che da incredulo diviene credente, riscalda il nostro cuore, ci rende consapevoli di essere appartenenti a Lui, di essere suoi e ci fa dire: «Mio Signore e mio Dio» (Gv 20,28).

Cari ragazzi e giovani, cari responsabili dell’AGESCI, il nostro cuore può ardere d’amore per il Signore Gesù, come in Tommaso e nei due discepoli di Emmaus. Ciò avviene soprattutto quando camminiamo con Lui, ascoltiamo la sua Parola e partecipiamo allo spezzare del pane, ossia quando partecipiamo alla celebrazione eucaristica.

Educare alla fede, per conseguenza, significa accompagnare i ragazzi, i giovani, e noi stessi – capi guide, presbiteri, vescovi -, verso l’innamoramento del Signore Gesù, il Risorto. Solo così giungeremo ad una comunione profonda con Lui. Solo dopo essere pervenuti, giovani e guide, al fulcro incandescente dell’amore di Gesù Cristo si riuscirà a sentirci convocati e a  sentirci tutti appartenenti al Vivente. Lui ci farà sentire corresponsabili nella sua stessa missione evangelizzatrice. La fede nasce dall’incontro con Gesù. Si alimenta e cresce nella relazione costante con Lui, attraverso la comunione eucaristica, la partecipazione al sacramento della Riconciliazione, la preghiera, l’aiuto ai poveri, l’impegno di un’ecologia integrale.

Seguendo le intuizioni e il metodo educativo di Baden Powel, impariamo ad essere credenti vivendo come persone che riconoscono  la presenza di Cristo nella nostra vita, nella storia. Egli si incarna in noi, muore e risorge per noi, per consentirci di acquisire la sua statura morale e spirituale. Vivendo Cristo, dimorando in Lui, assumiamo lo sguardo del Risorto sulla realtà, sul creato. Vedremo soprattutto il bene che è seminato in ogni cuore. Facendo leva su di esso riusciremo a costruire un mondo più fraterno, giusto, quale casa di tutti. Ci sentiremo convocati dall’Amore di Cristo che chiama ed invia. Ma, soprattutto, ci mobiliteremo nell’annuncio e in una comunione corresponsabile con un movimento nostro, non teleguidato, bensì per un’attrazione libera e gioiosa.

Ringraziamo il Signore che è venuto, viene e verrà a celebrare la Pasqua a casa nostra, sino alla fine dei tempi. Lui ci darà sempre speranza, entusiasmo nel dono di noi stessi.

 

                                             + Mario Toso