[apr 6] Omelia – Messa Crismale

06-04-2023

Faenza, cattedrale 6 aprile 2023

Cari fratelli e sorelle, cari giovani cresimati, cari presbiteri e diaconi, in questa Santa Messa ci viene ricordato che Cristo ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre (cf Ap 1, 5-8). Tutti noi cristiani abbiamo ricevuto un’unzione santa che ci costituisce profeti del Vangelo, testimoni dell’Alleanza tra Dio e il mondo. Lo Spirito del Signore Dio ci unge e ci conforma a Cristo, l’Unto per eccellenza. In Gesù Cristo, veniamo costituiti Chiesa, un noi che evangelizza in comunione. In Lui, l’inviato dal Padre, siamo dunque formati come comunità missionaria: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21); «Ricevete lo Spirito Santo» (v. 22). Siamo inviati per «proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista», per «rimettere in libertà gli oppressi» e per «proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).

A noi tutti, dunque, giovani, presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, spetta di essere una comunità che evangelizza e libera come un «noi» comunitario. Cari fratelli presbiteri, i nostri pensieri ritornano all’ora in cui il Vescovo, mediante l’imposizione delle mani e la preghiera, ci ha introdotti nel sacerdozio di Gesù Cristo, così che fossimo “consacrati nella verità” (Gv 17,19). Ci ha cioè consegnati per sempre a Dio, affinché, a partire da Dio e in vista di Lui, potessimo servire i nostri fratelli e sorelle. La consacrazione nella verità che è Cristo richiede un legame interiore, anzi, una conformazione a Lui, e in questo un superamento di noi stessi, una rinuncia a quello che è solamente nostro, alla tanto sbandierata autorealizzazione. È richiesto che noi non rivendichiamo la nostra vita per noi stessi, ma la mettiamo a disposizione di un altro, di Cristo. Cari fratelli, resta chiaro che la conformazione a Cristo è il presupposto e la base di ogni rinnovamento. Un aspetto in cui siamo chiamati al rinnovamento durante il cammino sinodale è quello di vivere in comunione con Cristo e tra di noi. Non in maniera astratta, retorica. Bensì concretamente. Collaborando più intensamente, ad esempio, nella pastorale all’interno delle unità pastorali e della comunità diocesana. Ciò implica che, in certo modo, ci laviamo i piedi gli uni e gli altri. Teniamo presente che è dall’aiuto reciproco tra confratelli sacerdoti che deriva una maggiore unità pastorale, maggior efficacia nel condurre i nostri fratelli e sorelle all’incontro con Gesù, verso una nuova stagione di evangelizzazione del nostro territorio. A questo mira la prossima visita pastorale del Vescovo nella Diocesi: non ad un accanimento terapeutico, come ha detto scherzosamente un caro confratello, ma nemmeno ad una respirazione bocca a bocca. La prossima visita pastorale, che inizierà con la Solennità di tutti i santi, ha come obiettivo di far rinascere in tutti la passione e la gioia dell’annuncio. Noi, come Gesù, siamo chiamati a lavare i piedi ai credenti, ai nostri fratelli laici e alle nostre sorelle laiche, ai poveri, perché tutti possano aver parte alla grande opera della costruzione del Regno di Dio. In questo contesto non dimentichiamo che anche noi presbiteri dobbiamo lavarci i piedi reciprocamente per aiutarci nell’amare e nel servire il Signore Gesù. Durante questa Settimana Santa riflettiamo su questo aspetto. Riflettiamo anche sul fatto che la nostra Casa del clero è stata innalzata come segno della necessità di lavare i piedi ai nostri fratelli presbiteri, non solo spiritualmente, ma anche fisicamente. Non dobbiamo aver paura nel farci aiutare e ad essere solidali tra di noi. Qui, mentre incoraggio a pensare che i nostri fratelli presbiteri anziani debbono essere accuditi, ringrazio tutti coloro che hanno contribuito, in un modo o nell’altro, alla gestione della Casa del clero. Ora mi rivolgo ai giovani venuti a questa Messa del crisma. Cari giovani, il discorso che sta facendo il Vescovo con riferimento ai presbiteri anziani, va vissuto anche nelle nostre famiglie, nei confronti dei nonni e degli ammalati. Esattamente un anno fa, il lunedì santo, è morta mia mamma. Non posso dimenticare come mia cognata più di una volta si metteva il grembiule e lavava i piedi a mia mamma. Le sarò sempre grato.

Pensando alla lavanda dei piedi fermiamo, dunque, l’attenzione sul fatto che Gesù dopo che ebbe finito di lavare i piedi ai discepoli disse: «anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri».

Gli uni gli altri. A vicenda, cioè scambievolmente.

Questo vuol dire che la prima attenzione, non tanto in ordine di tempo quanto in ordine di logica, dobbiamo esprimerla all’interno delle nostre comunità, servendo i fratelli e lasciandoci servire da loro. Così scriveva il venerabile don Tonino Bello: «Spendersi per i poveri, va bene. Abilitarsi come Chiesa a lavare i piedi di coloro che sono esclusi da ogni sistema di sicurezza e che sono emarginati da tutti i banchetti della vita, va meglio. Ma prima ancora dei marocchini, degli handicappati, dei barboni, degli oppressi, di coloro che ordinariamente stazionano fuori del cenacolo, ci sono coloro che condividono con noi la casa, la mensa, il tempio. Solo quando hanno asciugato le caviglie dei fratelli, le nostre mani potranno fare miracoli sui polpacci degli altri senza graffiarli. E solo quando sono stati lavati da una mano amica, i nostri calcagni potranno muoversi alla ricerca degli ultimi senza stancarsi.

Della lavanda dei piedi, in altri termini, dobbiamo recuperare il valore della reciprocità. Che è l’insegnamento più forte nascosto in quel gesto di Gesù.

Finora forse ne abbiamo fatto un po’ troppo un esercizio eroico di conquista. L’abbiamo scambiato per uno stile d’accaparramento di benevolenze mondane. L’abbiamo inteso come un espediente missionario capace, se non di provocare la fede, almeno di vincolare le emozioni dei cosiddetti lontani. Un bel gesto, insomma. Di quelli che fanno immagine. Soprattutto per quel gioco dei contrasti. Perché quanto più Gesù sprofonda fino a terra, tanto più emerge l’altezza del suo messaggio.

Invece, con quella frase “gli uni gli altri”, espressa nel testo greco da un inequivocabile pronome reciproco, siamo chiamati a concludere che la brocca, catino e asciugatoio, prima che essere articoli di esportazione, vanno adoperati all’interno del cenacolo. Non vanno collocati fuori della chiesa, quasi per essere offerti come ferri del mestiere a coloro che, terminate le loro liturgie, escono nel mondo. No. Non c’è un’eucarestia dentro, e una lavanda dei piedi fuori. L’una e l’altra sono operazioni complementari da esprimere ambedue negli spazi dove i discepoli di Cristo si radunano e vivono».

Ritorno a rivolgermi a voi giovani cresimandi. Il Vescovo, in questa eucaristia, benedirà l’olio degli infermi, l’olio dei catecumeni e il santo crisma, oli santi riservati alla celebrazione dei sacramenti del battesimo, della cresima, dell’ordine sacro e dell’unzione degli infermi.  A voi che sarete unti con il santo crisma – ricevi il sigillo dello Spirito santo che ti è dato in dono, dirà il Vescovo il giorno della vostra cresima per ognuno di voi – auguro di appartenere a Cristo, all’Unto di Dio, a Colui al quale Dio ha donato la regalità e il sacerdozio. Siate colmi del suo Spirito d’amore. Siate coscienti che lo Spirito di Gesù è intimo in noi più di quanto non siamo intimi a noi stessi. Pertanto, ascoltatelo, pregatelo, amatelo con tutte le vostre forze.

Ringraziamo il Signore che non si stanca di seminare e far fruttificare vocazioni battesimali, matrimoniali, religiose e al ministero ordinato. Il prossimo 1° luglio ordinerò presbiteri i diaconi Matteo Babini e Luca Ghirotti; il 26 agosto emetteranno i voti perpetui Suor Caterina Thongni, Suor Aitin (Aitihun) Thongni e Suor Risuk (Risukdashisha) Lyngdoh Lyngkhoi delle Monache Benedettine Vallombrosane di S. Umiltà.

In questa celebrazione eucaristica ricordiamo gli anniversari di ordinazione presbiterale e ringraziamo per il loro ministero S.E. Mons. Claudio Stagni e Mons. Giuseppe Mingazzini (60° di ordinazione presbiterale), Padre Ermanno Serafini O.F.M. Conv. (50° di ordinazione presbiterale), Padre Paolo Carlin O.F.M. Capp. (25° di ordinazione presbiterale).

Inoltre facciamo memoria dei sacerdoti defunti della nostra diocesi (Don Romano Baldassari, Don Antonio Baldassari, Don Pier Paolo Drei, Don Paolo Suardi, Don Carlo Matulli).

Infine, desidero anche comunicarvi che in data odierna ho nominato:

  • il Rev.do Don Marco Donati Parroco di S. Giuseppe Artigiano;

 

  • il Rev.do Don Pellegrino Montuschi Vicario Parrocchiale di S. Giuseppe Artigiano;

 

  • il Rev.do Don Mattia Gallegati Vicario parrocchiale di S. Savino in Paradiso.

 

  • il Rev.do Don Marco Ferrini Parroco di S. Pietro in Fognano,

Parroco di S. Michele Arcangelo in Brisighella e di S. Rufillo con tutti i diritti e i doveri esclusi la rappresentanza legale e l’amministrazione che resteranno in capo al Vicario generale per la complessa situazione relativa ai lavori in corso, Amministratore parrocchiale di S. Giovanni Battista in Ottavo.

Nella cura pastorale delle Parrocchie affidate al Rev.do Don Marco Ferrini collaborerà il Diacono Stefano Lega.

 

  • il Rev.do Don Massimo Geminiani Parroco Moderatore di S. Antonino;

 

  • il Rev.do Don Andrea Rigoni Parroco in solido non Moderatore di S. Antonino;

 

  • il Rev.do Don Mirko Santandrea Parroco di S. Lorenzo in Marradi,

Amministratore parrocchiale di S. Adriano e di S. Martino in Gattara.

Questi nostri confratelli, che ringrazio per la pronta obbedienza, dovranno iniziare il proprio ministero entro 6 mesi dalla data odierna.

Nel frattempo ho nominato, fino all’ingresso del nuovo parroco:

  • il Rev.do Don Marco Ferrini Amministratore parrocchiale di S. Antonino;

 

  • il Rev.do Don Pellegrino Montuschi Amministratore parrocchiale di S. Lorenzo in Marradi;

 

  • il Rev.do Don Mario Piazza Amministratore parrocchiale di S. Giuseppe Artigiano;

 

  • il Rev.do Don Mirko Santandrea Amministratore parrocchiale di S. Pietro in Fognano.

 

Faenza, 6 aprile 2023

                                                         + Mario Toso