Gaiano, 3 aprile 2022.
Cari fratelli e sorelle, caro don Tiziano, festeggiamo i mille anni della presenza di una comunità cristiana e di una chiesa qui a Gaiano. Le prime notizie di una chiesa a Gaiano risalgono al 1022. Secondo gli studi e le ricerche di Enzo Bonzi, nei registri custoditi presso gli archivi diocesani esistono delle attestazioni proprio di una chiesa in questa zona. Gaiano, come fondo agricolo, viene ricordato dal 948 a motivo dei beni che la Badessa del Monastero ravennate di San Marino concedeva in affitto.
Dunque, alcuni registri attestano la presenza di una piccola comunità cristiana a Gaiano e anche nelle campagne attorno al territorio di Solarolo, quando ancora non era strutturato né il castello né tanto meno il paese.
Va tenuto presente che l’obbligo di redigere e custodire i registri parrocchiali viene decretato dal Concilio di Trento circa 500 anni dopo.
La serie dei parroci comincia solo dopo il 1300 come in tutte le chiese che non sono Pievi.
Dal 1392 si succedono 41 parroci. Va menzionato in modo particolare don Giulio Foschini che fu parroco dal 1942 al 1960 e ha curato fra l’altro il restauro della Chiesa e la realizzazione del soffitto a cassettoni che raccoglie la storia della salvezza. Così non possiamo dimenticare don Roberto Ruga, chiamato il «parroco dei giovani» di cui quest’anno ricorre il 50° della morte e il carissimo don Pietro Sangiorgi che quest’anno ricorda i 60 anni di ordinazione sacerdotale e che ha letteralmente donato la sua vita a questa comunità, servendola per 47 anni!
Non vogliamo dimenticare anche don Giovanni Villa, che probabilmente molti di voi non sanno nemmeno quando è vissuto: fu parroco nel periodo della Rivoluzione Francese, dal 1782 al 1802 e fu colui che subito introdusse la devozione alla Madonna Addolorata di cui oggi celebriamo la memoria parrocchiale.
Giorno dopo giorno, la storia di una comunità cristiana scorre verso il suo incontro con Dio, ed è ricca di gesti di tenerezza, di fede, di carità, oltre che di momenti difficili e di dolore. Celebrare i 1000 anni di vita di una comunità cristiana significa, come dice il capitolo 13 della Lettera agli Ebrei, ricordarsi dei propri capi, i quali hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, siamo chiamati ad imitarne la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre. La memoria non è, dunque, soltanto ricordare un anniversario, ma soprattutto rilanciare un cammino personale di fede partendo dal fondamento di ogni cammino, ossia Gesù Cristo. Rinnoviamo la nostra fede in lui. Ridoniamoci a Lui, siamo come Lui in comunione con il Padre e missionari del suo amore nella storia tormentata di oggi.
Oggi, quinta domenica di quaresima, ci viene ricordata l’importanza della misericordia di Gesù per la comunità cristiana e per ogni credente. Non si tratta tanto dell’amore di Gesù per la chiesa fatta di pietre quanto, piuttosto, della chiesa fatta di pietre vive, di credenti. Cosa consente alla famiglia di Dio, al suo popolo, di vivere come comunione, come partecipazione, e di continuare la sua missione nel tempo? Noi lo sappiamo. È soprattutto l’ascolto della Parola di Dio e la celebrazione dell’Eucaristia, la Carità accolta, celebrata, testimoniata che danno a noi una vita cristiana rigogliosa. In questa penultima domenica della quaresima ci viene ricordata, attraverso Gesù che non condanna una donna sorpresa in adulterio ma la invita a non peccare più (cf Gv 8, 1-11), l’importanza del sacramento della riconciliazione, un sacramento che nelle nostre comunità è spesso considerato una «cenerentola». Grazie a tale sacramento, assieme al memoriale della morte e risurrezione di Cristo, la comunità viene rigenerata e messa in condizione di portare i suoi frutti nell’annuncio e nella testimonianza. Mediante la partecipazione al sacramento della riconciliazione rinnoviamo le nostre relazioni con il Padre, con noi stessi e con i nostri fratelli e sorelle. Grazie al sacramento della riconciliazione, in cui riceviamo il perdono e la misericordia del Signore, siamo ricostruiti spiritualmente, veniamo educati all’amore di Cristo, diventiamo lievito che fermenta, sale che non deve rimanere nella saliera ed è destinato a dare sapore a tutte le attività quotidiane, dalle più comuni alle più grandi. Il sacramento della riconciliazione rinforza i legami tra le nostre famiglie. Ringiovanisce la linfa che alimenta i fiori e i frutti, la nostra missionarietà, la nostra corresponsabilità di comunità – la comunità di Gaiano, voi lo sapete, non ha più un parroco stabile – che debbono essere in comunione e in rete tra di loro. Ciò è tanto più necessario perché nei momenti in cui viviamo è richiesta una conversione pastorale attenta e un nuovo slancio missionario nel nostro territorio. In seguito all’ingiusta invasione russa, siamo inoltre sollecitati ad accogliere con generosità cristiana i profughi provenienti dall’Ucraina devastata, a lavorare in un contesto che richiede il ripensamento dell’Europa, delle sue politiche, delle sue relazioni commerciali, ma anche delle stesse colture dei campi. Dobbiamo, poi, continuare a combattere la pandemia, a fare pressione per la riforma della sanità. La Madonna Addolorata, della quale facciamo oggi memoria, ci insegni a non staccarci da Gesù, dal suo amore e dalla sua croce, scaturigine di una nuova creazione.
+ Mario Toso